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« Torna agli articoli di Stefano Magni
Tutti o quasi sanno cosa sia Telegram, la app di messaggistica usata per comunicare in modo criptato e sicuro. La usa la gente comune, la usano molto i giornalisti perché i molteplici canali Telegram contengono informazioni in tutte le lingue del mondo. Anche il giornale online che state leggendo ha il suo canale Telegram. Ha 950 milioni di utenti in tutto il mondo.
Telegram è balzato agli onori della cronaca, all'improvviso, perché sabato 24 agosto, il suo amministratore delegato e co-fondatore, Pavel Durov, è stato arrestato a Parigi, appena arrivato all'aeroporto di Le Bourget, col suo aereo privato partito dall'Azerbaigian. Su di lui, che è cittadino francese, oltre che russo, pendono numerosi capi d'accusa della magistratura d'oltralpe che ha spiccato il mandato d'arresto: complicità in traffico di stupefacenti, terrorismo, frodi, riciclaggio di denaro, pedopornografia, diffusione non consensuale di immagini intime. Durov, personalmente, non ha preso parte a nessuno di questi atti criminali. Ma questi reati sono stati commessi da utenti di Telegram, nel corso dell'ultimo decennio. Perché il fondatore di una app di messaggistica viene ritenuto responsabile di tutto quel che fanno 950 milioni di persone che la usano gratuitamente in tutto il mondo? Perché Telegram non "modera" i contenuti che le autorità ritengono più pericolosi.
In particolar modo, secondo la televisione francese Tf1, la magistratura d'oltralpe ritiene che l'assenza di moderazione, di cooperazione con le forze dell'ordine e degli strumenti offerti da Telegram (numero usa e getta, la sua criptovaluta Ton, ecc.) lo renda complice di tutti i delitti che sono stati commessi dai suoi utenti, nel corso degli anni. Secondo l'avvocato di Durov, Dmitry Agranovskij, sarebbe come incriminare un produttore di auto perché le vetture da lui costruite vengono impiegate per commettere un crimine. In una nota emessa ieri sera da Telegram, l'azienda afferma che «Telegram rispetta le leggi dell'UE, incluso il Digital Services Act, la sua moderazione è in linea con gli standard di settore e in costante miglioramento». E inoltre ribadisce che: «È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili degli abusi su quella piattaforma».
LA PROPAGANDA USA "MODERAZIONE" PER INDICARE LA CENSURA
Vi sono molti aspetti che restano oscuri in questa vicenda, prima di tutto sapremo solo a processo iniziato di cosa Durov sarà realmente accusato. Singolare, poi, che un imprenditore di successo e molto ben informato ignori che, una volta in Francia, possa essere arrestato perché in quel paese pende un mandato di arresto su di lui. Perché atterrare proprio nella capitale francese? Si sa anche che, in Azerbaigian, Durov abbia provato a contattare il presidente russo Vladimir Putin, ma senza successo. L'arresto è connesso a questo mancato incontro? La Russia è sicuramente esposta nel caso e dal Cremlino sono arrivate critiche alla magistratura francese: pare che Telegram sia anche la app di messaggistica preferita dalle spie russe, oltre che dalle compagnie private come la Wagner.
Ma Pavel Durov non può certamente considerarsi un uomo vicino a Putin, anzi, fin dal 2014 vive fuori dal suo paese d'origine perché, da co-fondatore sia di Telegram che di VK (la risposta russa a Facebook), aveva rifiutato di fornire le identità degli utenti dei suoi social network alle autorità di Mosca. La risposta del Cremlino era stata, di fatto, il sequestro di VK, che è passato nelle mani di oligarchi vicini al presidente. Paradossalmente viene arrestato in Francia per un'accusa molto simile a quella che gli veniva mossa in patria.
Stando però ai capi d'accusa rivelati dai media francesi, il caso di Pavel Durov si rivelerebbe molto simile a quello che riguarda Elon Musk e il suo social network X (ex Twitter). Le autorità europee stanno prendendo di mira le piattaforme che non sono "moderate". E «moderazione è la parola che la propaganda usa per indicare la censura», come ha dichiarato Elon Musk in una intervista. I Twitter files, i documenti interni all'azienda che il nuovo proprietario ha svelato, una volta preso il controllo, mostrano come i dirigenti, d'accordo con le autorità statunitensi, rimuovessero contenuti, li mettessero in ombra, nascondessero deliberatamente certi utenti ritenuti pericolosi e facessero di tutto per far passare certe tesi e non altre. Un intervento continuo, insomma e soprattutto unidirezionale: sempre allineato con i desiderata del Partito Democratico e contro la destra.
NESSUNA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE SARÀ GARANTITA
Musk ha rimosso, come promesso, questo tipo di controllo e le autorità americane, brasiliane, australiane ed europee stanno facendogli la guerra. La lettera di ammonizione mandatagli dal commissario Thierry Breton, in cui si minacciano misure contro X in Europa, precedeva di poche ore la conversazione di Elon Musk con il candidato Donald Trump. L'Ue e il governo britannico attribuiscono a X anche gran parte della colpa degli scontri etnici in Inghilterra di inizio agosto, come se un social network fosse non solo una bacheca dove esporre informazioni, ma un istigatore della violenza.
Anche Telegram è stato a lungo stigmatizzato, soprattutto dagli anni del Covid-19 in poi. Considerato prima uno strumento di diffusione delle idee dei no vax, poi uno strumento di guerra ibrida della Russia e da sempre come un mezzo di scambio di informazioni e soldi per chiunque volesse fare affari loschi. Perché "non modera", dunque non censura nessuno, nemmeno Trump, nemmeno i canali di anti-vaccinisti e neppure quelli dei cattolici più conservatori.
Nelle app di messaggistica si deve poter comunicare da persona a persona, con la certezza che nessun agente terzo sia in ascolto. Da questo punto di vista, la magistratura francese accusa Durov proprio per aver realizzato quel che un programma di messaggistica dovrebbe essere. Ma in un'epoca in cui un candidato vicepresidente americano [Tim Walz, il vice di Kamala Harris, N.d.BB] dice «contro il linguaggio di odio o la misinformazione, nessuna libertà di espressione sarà garantita», forse sono cambiate le priorità e anche i valori che contraddistinguono le società occidentali.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Elon Musk intervista Trump e l'Ue lo vuole censurare" spiega perché l'Ue non ammette che X non imponga la censura, come faceva Twitter che bloccò "a vita" il profilo di Trump.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 agosto 2024:
Elon Musk conversa in pubblico con Donald Trump, su X, il social network che si chiamava Twitter, prima che venisse comprato dal miliardario nato in Sudafrica. Chiaramente se l'uomo più ricco del mondo parla con l'ex (e aspirante prossimo) presidente degli Usa, il boom di ascolti è assicurato: la platea è stata di 73 milioni di utenti connessi. Un numero che continua ad aumentare esponenzialmente, visto che la conversazione è ancora ascoltabile sull'account di Elon Musk (più sotto il video con la versione integrale).
Di intervista non si può parlare, Musk non ha un taglio giornalistico e non aspira neppure ad averlo. Si trova poi d'accordo con tutto quel che dice l'interlocutore e dichiara sin dalla prima domanda che ha dato il suo sostegno alla campagna per la rielezione di Trump. È dunque più una conversazione organizzata per dare a Trump una vetrina in più, in cui presentare le sue idee, lontano dall'ostilità manifesta della quasi totalità dei media tradizionali. E i numeri parlano da soli: cresce la fiducia nel social network che vanta il maggior tasso di libertà di espressione, al tempo stesso crolla quella nei confronti delle testate tradizionali.
E libero da ogni laccio, il candidato repubblicano ha potuto spaziare in lungo e in largo sui suoi programmi politici. Affermando prima di tutto che la sua fede in Dio si è rafforzata, da quando è sopravvissuto al tentativo di attentato a Butler, in Pennsylvania. «A salvarmi è stato un intervento divino e di questo sono molto grato». Si è salvato solo perché si è voltato di scatto per illustrare un grafico sull'immigrazione, «un grafico che uso solo nel 20% delle volte in cui parlo in pubblico».
Sull'immigrazione, istigato da Musk, Trump ha sfoderato tutto il suo armamentario più politicamente scorretto, dicendo che il problema degli ingressi illegali dal Messico è che sono, appunto, illegali. Per cui, in quella massa di 20 milioni di persone entrate senza documenti si può nascondere di tutto, anche persone deliberatamente scarcerate dalle prigioni o dai manicomi criminali per essere mandati oltre confine. Sia Musk che Trump fanno presente che l'immigrazione non arriva solo dall'America latina, ma da tutto il mondo e che il Messico è solo una terra di passaggio. Con un passaggio che farà sicuramente discutere e allarmerà chi teme il discorso sulla sostituzione etnica, l'immigrato Musk e l'ex presidente concordano che gli Usa possono "sparire" sotto una massa di 50 o 60 milioni di arrivi, visto che il Nord America costituisce circa il 5% della popolazione mondiale e non sosterrebbe l'arrivo di immigrati da tutto il resto del mondo.
Il caos del confine meridionale è imputabile direttamente a Kamala Harris che aveva la delega sull'immigrazione, anche se ora pare del tutto estranea all'argomento e non voglia assumersi alcuna responsabilità. Durissimo, poi, l'attacco a Biden, un presidente che viene definito come un uomo "con un basso quoziente intellettivo", incapace di gestire crisi internazionali. Secondo Trump, è solo a causa della debolezza di Biden, percepita dai nemici degli Usa, che l'Iran e Hamas hanno attaccato Israele e la Russia ha invaso l'Ucraina. «Con me non sarebbe mai successo» è uno dei tipici slogan di questa campagna elettorale. Anche se Trump non si dilunga troppo nelle soluzioni dei conflitti che vorrebbe fermare. Si limita al discorso, molto personalista (alla Berlusconi) dei suoi rapporti di reciproco rispetto con gli uomini al potere in Cina, Russia e Corea del Nord, un atteggiamento che gli è valso spesso la critica di essere troppo accondiscendente con i dittatori.
Il terzo grande argomento della campagna elettorale riguarda l'inflazione che è ciò che tuttora maggiormente preoccupa gli americani. Musk suggerisce che l'inflazione sia causata soprattutto da una spesa pubblica troppo alta, troppo generosa e piena di sprechi. Trump concorda, ma punta il dito anche sul rialzo dei costi dell'energia, dovuti alla transizione verde. Per l'ex presidente repubblicano la soluzione è sempre quella: "trivellare, trivellare, trivellare", quindi tornare al fossile. Cosa che risulta un po' indigesta anche allo stesso Musk, il primo a introdurre le auto elettriche sul mercato di largo consumo. Un punto di contatto fra i due è sicuramente l'energia nucleare, "troppo sottovalutata", secondo il miliardario. Trump è favorevole al nucleare, anche se ritiene che soffra per un pessimo marchio «dovrebbe cambiare nome, è una questione di marketing»
Ma la questione più difficile da risolvere, prima di tutto, è stata quella di mandare online la conversazione stessa. Prima di tutto per attacchi illegali: un massiccio attacco hacker ha costretto Musk a ritardare la diretta di ben 40 minuti. «Significativo che tanti non vogliano nemmeno farci parlare», ha esordito il miliardario, introducendo l'ospite. Ma a preoccupare maggiormente sono gli attacchi legali. Poche ore prima che andasse online il dialogo, il Commissario europeo al mercato interno e ai servizi, Thierry Breton, ha scritto una lettera pubblica a Elon Musk che suona come una minaccia.
Breton cita l'esempio negativo dei disordini in Inghilterra e pare attribuire interamente la colpa ai social media e al "linguaggio d'odio" (non alle tensioni provocate da un'immigrazione incontrollata), assecondando in pieno la linea difensiva del governo di Keir Starmer. «Come lei saprà, sono già in corso procedimenti formali contro X, nel rispetto della DSA [la legge sui servizi digitali, ndr], soprattutto nelle aree riguardanti la diffusione di contenuti illegali e l'efficacia delle misure adottare per combattere la disinformazione. Visto che anche gli utenti dell'Ue possono accedere a contenuti sensibili e possono essere amplificati nella nostra giurisdizione, non possiamo escludere conseguenze anche nell'Ue. Dunque stiamo monitorando i rischi potenziali nell'Ue associati alla diffusione di contenuti che possono incitare alla violenza all'odio e al razzismo, in concomitanza con importanti eventi politici e sociali nel mondo, compresi dibattiti e interviste in occasione delle elezioni».
Ed ecco il punto: l'intervista a Trump, fatta da Elon Musk, su X, è agli occhi della Commissione europea materiale scottante, dunque da censurare. "Visto che l'hai fatta grossa con i disordini etnici in Inghilterra, almeno l'intervista a Trump non te la perdoniamo": così si può riassumere il discorso del commissario europeo, in poche semplici parole. E altrettanto semplice è la soluzione suggerita: «Pertanto la sollecito ad assicurarsi l'efficacia dei suoi sistemi [di controllo sui contenuti, ndr] e di riferire al mio team le misure adottate», come faceva Twitter prima di Musk. Oppure penserà l'Ue a "moderare" X, a modo suo. Twitter, d'altra parte, si era resa celebre nel 2021 per aver bannato a vita l'ex presidente americano. All'Ue, evidentemente, piaceva quella gestione.
VIDEO: Intervista di Elon Musk a Trump su X (durata: 2 ore)
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https://www.youtube.com/watch?v=QzWjFzRMQNA
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