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« Torna agli articoli di Tommaso Scandroglio
Siamo tutti discendenti di Adamo ed Eva. A dircelo non è più solo la Bibbia ma, in un certo qual modo, anche la scienza. Come Amleto che prendendo un teschio gli rivolge la celebre domanda "Essere o non essere?", così il paleoantropologo David Lordkipanidze reggendo tra le mani il teschio di un ominide o essere umano – la cosa è ancora da stabilire – trovato a Dmanisi in Georgia si è domandato: "Apparteniamo tutti alla stessa specie oppure no?".
L'interrogativo nasce dal fatto che fino a ieri era dogma inconfutabile il fatto che esistevano cinque specie differenti di ominidi: l'Homo rudolfensis, l'Homo ergaster, l'Homo erectus, l'Homo georgicus e l'Homo habilis. I lettori del presente articolo, tutti esponenti dell'homo sapiens sapiens, provengono secondo la teoria darwiniana dall'homo habilis che si sarebbe evoluto nell'ergaster e infine nell'erectus (tralasciamo tante altre tappe). Gli scienziati erano sicuri che queste cinque tipologie di ominidi fossero altrettante specie a se stanti, semmai legate tra loro come abbiamo visto da una linea evolutiva, perché la conformazione morfologica dei resti di ciascuno di essi era assai differente da specie a specie.
Ma al prof. Lordkipanidze è accaduta una cosa strana, così singolare che ne ha dato un resoconto nell'articolo scientifico "A Complete Skull from Dmanisi, Georgia, and the Evolutionary Biology of Early Homo" pubblicato lo scorso 18 ottobre sulla rivista Science. Nel 2005 il professore trova quattro resti di ominidi risalenti a 1,8 milioni di anni fa e poi rinviene lì vicino un altro teschio simile agli altri quattro e sicuramente contemporaneo a questi, conservato in modo eccellente. Il fossile meglio conservato di questo periodo, spiegano gli esperti. L'equipe di ricerca confronta lo "Skull 5" – questo il nome del quinto cranio ritrovato – con gli altri quattro e arriva ad una conclusione: tutti questi cinque resti appartengono alla medesima specie, sebbene differiscano in qualche particolare. La conclusione ne porta con sé un'altra degna dei più alti consessi accademici: vuoi vedere che come questi cinque resti appartengono tutti alla stessa specie, così anche le cinque specie di cui sopra in realtà non sono altro che cinque razze appartenenti alla medesima specie? La domanda si fa ancor più insistente perché i resti trovati in Georgia assommano in sé molte delle caratteristiche delle altre quattro specie.
Christoph Zollikofer, dell'Anthropological Institute and Museum di Zurigo, che insieme all'università di Harvard e di Tel Aviv ha collaborato alla ricerca, afferma che le differenze tra le cinque specie in realtà sono le stesse che si possono trovare in cinque nostri contemporanei che vivono in diversi continenti. Naturalmente sono piovute critiche a destra e a manca dalla comunità scientifica soprattutto dai sostenitori del darwinismo. Sì perché supporre uno scenario dove cinque diverse specie esistenti hanno poi lasciato il campo ad una sola, quella che ha poi prodotto l'homo sapiens sapiens, andrebbe a suffragare l'idea evoluzionista la quale predica che sopravvive solo la specie che meglio si adatta all'ambiente. Invece se la specie è unica fin dal principio è falso che l'homo sapiens sapiens derivi per via evolutiva da perlomeno altre tre specie precedenti: se non ci sono specie tra loro diverse cade anche il dogma dell'evoluzione tra le specie. Sarebbe una stoccata quasi mortale all'evoluzionismo.
Certo il problema rimane: bisogna ancora verificare che l'unica specie da cui alla fine deriva l'homo sapiens sapiens sia umana o scimmiesca. La soluzione potrebbe venire dall'analisi del Dna, ma purtroppo «per il momento – dice Gianfranco Biondi, dell'Università dell'Aquila – non siamo in grado di estrarre il Dna dalle ossa come è stato fatto per Homo sapiens e i Neanderthal. Non abbiamo la tecnologia per andare oltre 150.000 anni fa».
Però il dato che il genere umano potrebbe derivare da un'unica radice sarebbe la conferma scientifica di ciò che la Chiesa da sempre predica. Pio XII già nel 1950 infatti così scriveva: «Però quando si tratta […] del poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima libertà [di opinione]. I fedeli non possono abbracciare quell'opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l'insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio Magistero insegnano». Ora se proveniamo tutti dal medesimo progenitore (monogenismo), a maggior ragione non possiamo che provenire tutti dalla stessa specie. Insomma ancora una volta Rivelazione e scienza vanno a braccetto e non possono che farlo dato che l'Autore della prima e anche Creatore della natura, oggetto delle ricerche degli scienziati. Quel teschio fossile in fondo in fondo strizza l'occhio ad Adamo ed Eva.
Ovviamente è un po' presto per chiedere alla scienza di provare – posto che mai si possa provare – che l'albero genealogico di tutta l'umanità ha le sue radici in una sola coppia di progenitori, però è certo che, come dire, il cerchio si sta stringendo. Allora forse dietro a quel cranio vecchio di quasi due milioni di anni ancora una volta si cela la firma di Dio.
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