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« Torna agli articoli di Tommaso Scandroglio
La chiamavano "Bocca di Rosa" ed ora si chiama "assistente sessuale", e al di là dell'Oceano – ed anche da noi per gli anglofili – "love giver", "donatrice d'amor" se vogliamo fare gli aulici. In modo più prosaico è una prostituta. Ma una prostituta con tanto di diploma che potrà offrire i suoi servizi solo ad una categoria particolare di persone: i disabili (perché in politichese corretto l'assistente sessuale sta al disabile come la prostituta sta all'handicappato).
UNA FIGURA PROFESSIONALE?
C'è anche un disegno di legge che vuole introdurre questa figura professionale, proposta presentata nell'aprile scorso dal senatore Pd Sergio Lo Giudice, omosessuale dichiarato che in barba alle leggi italiane volò all'estero per avere un bambino tramite la pratica dell'utero in affitto. Il disegno di legge si intitola "Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità". Maximiliano Ulivieri, portavoce del primo comitato italiano per una legge sull'assistenza sessuale, spiega la bontà di una tale proposta normativa: per la persona disabile «si è concepito un aiuto per ogni tipo di necessità, ma non per quella sessuale. Come se il disabile non sentisse il bisogno di toccarsi, di ricevere piacere, come se non fosse idoneo a certe esigenze. Ma non è così, e chi ha limiti psichici o fisici tali per cui non può provvedere da sé a questi bisogni deve essere assistito». Se la premessa è che il sesso è come mangiare o andare in bagno – un bisogno fisiologico come altri – la conclusione appare ovvia: occorre che vi sia qualcuno che soddisfi le esigenze sessuali anche di chi sta in carrozzina o inchiodato in un letto di ospedale.
DIRITTO ALLA SESSUALITÀ ASSISTITA PER I DISABILI
«Per capire l'importanza di questa figura professionale», continua Ulivieri, «bisogna immaginare cosa possa significare il non potersi toccare perché magari le proprie mani non si muovono come dovrebbero, o il non potere avere momenti di intimità per via della propria disabilità. Il proprio corpo, quando non si è autosufficienti, in certi casi è considerato come un peso, e l'intimità è la prima cosa che si perde con la disabilità». Se già la malattia non ha rispettato il corpo di queste persone, ci si mette ora pure l'assistente sessuale per degradarlo maggiormente. Ma se il deficit patologico può incidere solo sulle carni e sulla psiche, nulla può sulla dignità delle persona. Non così invece le pratiche sessuali di una meretrice che sviliscono la propria umanità e, se il disabile è consenziente e capace di intendere e volere, anche quella di quest'ultimo.
Naturalmente non poteva mancare anche un sito per promuovere la figura professionale dell'assistente sessuale, figura già presente in Svizzera, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Austria. In esso si spiega che questa lavoratrice/lavoratore del terziario a luci rosse può essere eterosessuale, omosessuale o bisessuale e che «parlare semplicemente di assistenza sessuale può risultare estremamente riduttivo; qualificarne il concetto più complesso attraverso i termini assistenza all'emotività, all'affettività, alla corporeità e alla sessualità permette di assaporare tutte quelle sfumature in essa contenute». Una figura che mancava al fine di tutelare appieno il «diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale» delle persone con handicap.
MA COSA FA IN CONCRETO "L'OPERATORE DEL BENESSERE SESSUALE"?
Poco è lasciato alla fantasia del lettore: «gli incontri», spiega il sito, «si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l'esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull'attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell'esperienza orgasmica».
A Bologna a breve si terrà anche corso per diventare assistente sessuale. Sono arrivate una sessantina di domande da tutta Italia, più donne che uomini, tra i 25 e i 50 anni. Il corso sarà tenuto da un medico, da un sessuologo e da uno psicologo, nonché da due assistenti sessuali provenienti da Germania e Svizzera. Il giochino messo in piedi da questi signori del welfare erotico, alle cui spalle c'è la solita associazione radicale Luca Coscioni, è facile facile. È un tentativo di sdoganare la prostituzione, di renderla legittima. E la si sdogana in due modi. In primo luogo ammantandola di fini buoni e caritatevoli: chi più indifeso di un tetraplegico o di un malato in carrozzina bisognoso di cure? In secondo luogo basta dipingere il lavoro più vecchio del mondo come lavoro professionale e il gioco è fatto. La battona non è più tale se ha studiato, si è formata ed ha superato alcuni esami (saranno previste anche prove pratiche di laboratorio?). La tecnicalità accademica-scolastica eleva, nobilita, cambia il vizio a pagamento in un valore etico perché «mira a scoprire il valore della corporeità». Il tutto sulla pelle di chi è più sfortunato ed indifeso perché così bisognoso di affetto, ma di quello vero , che per averne anche un surrogato è disposto pure a sborsare quattrini.
STEP SUCCESSIVI
Gli step successivi sono assai prevedibili se questa pratica del sesso sulla sedia a rotelle prenderà piede. I normo-abili diranno che è discriminatorio permettere il meretricio solo per alcune categorie di persone e non per tutti. Lucciole per tutti, dunque. Inoltre, al pari di altri lavori anche l'assistente sessuale avrà una pensione assicurata quando la propria avvenenza avrà lasciato il posto a molti acciacchi che avranno consigliato di appendere i tacchi a spillo al chiodo. Probabilmente tale pratica verrà poi rubricata sotto la voce "lavori usuranti", con tutti i benefit previsti per legge. A motivo di ciò è facile pronosticare che non poche prostitute vorranno legalizzare il proprio mestiere diventando assistenti sessuali. Tanto chi andrà a verificare nel casino per disabili se il cliente è invalido o meno? Le Fiamme Gialle?
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