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« Torna agli articoli di Tommaso Scandroglio
"Ambrogio puoi anche preparare il tè e servirlo in salotto". Ambrogio fino a ieri era un maggiordomo in carne ed ossa, ma oggi è un robot. L'Istituto di BioRobotica Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, all'interno del progetto Robot-Era, ha lanciato una sperimentazione su larga scala di 160 robot-maggiordomo che hanno prestato i loro servigi nelle case di altrettanti anziani tra l'Italia e la Svezia. Nulla a confronto di Pepper, il primo robot emotivo che può abbracciarti, sussurrarti parole di conforto, giocare con i bambini, scattare fotografie e ricordare volti e abitudini del padrone per assecondarlo e - così dicono i suoi progettatori - farlo "felice".
I robot maggiordomi, Pepper e molti altri loro fratelli di latta non rappresentano più i fantascientifici sogni di Asimov, bensì sono realtà concrete nate dalla testa di ingegneri cibernetici. Uno scenario nuovo si sta profilando all'orizzonte e si chiama post-umano. Tale scenario si articola sostanzialmente attraverso due dinamiche: la macchina che si fa uomo e l'uomo che si fa macchina.
LE MACCHINE COME NOI
Le macchine affinché possono funzionare più facilmente e più efficacemente devono sempre più assomigliare a noi. E così si stanno dotando dei nostri sensi. Pensiamo a questo proposito ai comandi vocali (udito), al touch screen (tatto), al riconoscimento del viso delle persone (vista), ai nasi (olfatto) e palati (gusto) elettronici usati ad esempio, nel primo caso, per rinvenire tracce di esplosivo o di sostanza stupefacenti e, nel secondo, per analizzare i componenti di un cibo o di una bevanda. La somiglianza diventerà ancor più marcata se i robot assumeranno sembianze umane e se avranno inserti biologici: sinapsi umane innestate nel loro hardware, tessuti epidermici creati in laboratorio con le staminali (pratica già diffusa) con cui rivestire di vera pelle umana il nostro robot. Si chiamano androidi, cioè robot umanoidi a cui la società dell'immagine non faticherà ad assegnare la patente di persone che potremo anche "sposare" perché l'amore non deve conoscere limiti, nemmeno tecnologici.
ROBOT COME PERSONE
Ma il salto antropologico più inquietante sarà credere che questi robot possano essere persone. Boezio insegna che persona è sostanza individuale di natura razionale. Alcuni, già attualmente, credono che le funzioni che svolgono i robot rivelino la loro natura razionale. Forse che non riescono a risolvere calcoli complicatissimi, a vincere scacchi contro il campione mondiale Kasparov, ad eseguire azioni con una possibilità di errore quasi infinitesimale? Non sono forse meglio di noi? La robotica come evoluzione darwiniana dell'uomo: il superuomo sarà in fibra di carbonio e silicio. "Robot" deriva dall'antico slavo "robota" che significa servo, ma la superiorità funzionale di queste macchine finirà per asservire l'uomo. Costui si farà schiavo delle cose, processo già avviato da tempo a dire la verità con il consumismo e ancor prima con il vitello d'oro.
ELABORARE, NON PENSARE
In realtà i robot elaborano, non pensano, e agiscono di conseguenza. Non solo, ma elaborano perché siamo stati noi a progettarli per elaborare e il creatore è sempre più della creatura. È l'ingegno dell'uomo che ha prodotto strumenti sofisticati che migliorano le sue prestazioni. Ed anche quando robot assemblano altri robot a monte c'è sempre l'uomo che lo ha voluto. Si ritiene poi che alcune macchine high tech posseggono un certo grado di autonomia.
Cortana, software di assistenza e riconoscimento vocale di Microsoft risponde alla tue domande su traffico, meteo e indicazioni stradali. Ma Cortana pesca nel suo database l'informazione più corretta. Non può ad esempio non risponderti. Se non lo fa, non è per decisione propria, ma perché qualcosa non ha funzionato nel suo software. Cortana risponde ad un automatismo che è tutto il contrario dell'autonomia di giudizio: alla fine è un distributore automatico di risposte. Essendo solo una macchina non può che obbedire alla leggi fisiche del determinismo meccanico, che possono essere manipolate dall'uomo. Quest'ultimo invece può decidere di agire in difformità alle leggi che governano le sue pulsioni materiali.
SARANNO SEMPRE DELLE COPIE
Inoltre le macchine non hanno capacità di astrazione, senso estetico, coscienza di sé. Al massimo in futuro potranno mimare tutte queste azioni, ma saranno solo una stupida copia di atti in cui brilla la scintilla dell'intelligenza umana.
E qui sta il punto. Le macchine non potranno mai avere un'anima razionale. È lì che ha sede la razionalità dell'uomo. Ma l'anima è immateriale e dunque non si può fabbricare in laboratorio e infondere in un robot. Ed è per questo che i nipotini di Pepper mai saranno esseri razionali. Tale intento di antropomorfizzare i robot può rivelare anche una certa dose di hybris di diventare come Dio: l'uomo che ha fatto la macchina a sua immagine e somiglianza.
L'UOMO CHE SI FA MACCHINA
L'altra faccia del post-umano è l'uomo che si fa macchina: protesi biomeccaniche, inserimenti di chip sottocutanei, collegamento degli impulsi del cervello alla domotica, visore del telefonino sul braccio, esoscheletri, etc. Chiamasi potenziamento umano.
Sarà l'estensione di ciò che già oggi accade: occhiali, auriculari, smartphone, palmari sono l'estensione delle nostre capacità, qualcosa di meccanico che noi usiamo che sta diventando parte di noi. Protesi esistenziali. Ma l'uomo in realtà già da tempo è stato trattato come una macchina, come una cosa: con l'aborto che scarta il bambino difettoso, con la fecondazione artificiale che produce l'uomo in provetta, con l'eutanasia che spegne il malato perché non funzionante più bene, con la sperimentazione sugli embrioni. E così se la macchina si evolve in persona laddove compie funzioni raffinatissime, l'uomo retrocede allo status di cosa se perde alcune funzioni oppure non le ha ancora appalesate. Ma l'uomo, anche se perdesse queste funzioni, non potrebbe mai perdere la propria anima perché, non essendo fatta di bulloni e chip, è incorruttibile, cioè immortale.
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