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« Torna agli articoli di Tommaso Scandroglio
Il mese scorso è stato pubblicato sulla rivista scientifica The Cureus Journal of Medical Science l'articolo dal titolo Rischio di suicidio e autolesionismo in seguito a un intervento chirurgico per l'affermazione di genere. L'articolo, redatto da sette ricercatori dell'Università del Texas, di Galveston, è impressionante per i risultati ottenuti, tenendo soprattutto conto della coorte esaminata - 90 milioni di pazienti - e il lasso di tempo in cui si è svolta la ricerca: dal 2003 al 2023. Ben 56 sono state le strutture sanitarie statunitensi coinvolte nello studio.
Leggiamo nel sommario: «Con la crescente accettazione delle persone transgender, il numero di interventi chirurgici per l'affermazione di genere è aumentato. Gli individui transgender affrontano tassi di depressione elevati, che portano ad un aumento dell'ideazione e dei tentativi di suicidio. Questo studio valuta il rischio di suicidio o autolesionismo associato alle procedure di affermazione di genere. [...] I dati, [raccolti] dal 4 febbraio 2003 al 4 febbraio 2023, sono stati analizzati per esaminare tentativi di suicidio, morte, autolesionismo e disturbo da stress post-traumatico (PTSD) entro cinque anni dall'evento indice. [...] Risultati. Gli individui sottoposti a intervento chirurgico per l'affermazione del genere avevano un rischio di tentativi di suicidio 12,12 volte più elevato rispetto a coloro che non lo avevano fatto (3,47% contro 0,29%)». Il gruppo di controllo era costituito da adulti con visite di emergenza, al pari di coloro che si erano sottoposti ad intervento per la rettificazione sessuale, ma senza intervento chirurgico per "cambiare" sesso. Conclude il sommario: «La chirurgia di affermazione del genere è significativamente associata a rischi elevati di tentativi di suicidio, sottolineando la necessità di un completo supporto psichiatrico post-procedura».
Lo vogliamo sottolineare: chi si sottopone ad interventi chirurgici per "cambiare" sesso corre un rischio di tentare il suicidio 12 volte superiore rispetto a chi, a parità delle altre condizioni, non si sottopone a tali interventi. Non il doppio, non il triplo, ma 12 volte superiore.
L'articolo potrebbe finire anche qui, tanto sono chiari e inoppugnabili i dati. Come è arcinoto, contra factum non valet argumentum. Ma ci permettiamo, in modo pleonastico, di aggiungere una riflessione. Nella filosofia classica c'è un principio, conosciuto sotto il nome di "causa adeguata". Tale principio prevede che per aversi un dato effetto occorre una causa adeguata a produrlo. Se un palazzo crolla vuol dire che c'è stato un terremoto oppure la sua struttura si è ammalorata nel tempo oppure è stato costruito male o è esploso qualcosa nel condominio o, infine, qualcuno ha posto degli ordigni presso le sue fondamenta. Di certo non è crollato perché un condomino ha starnutito.
Lo studio dei ricercatori texani ci sta dicendo che l'operazione di "cambio" del sesso non è uno starnuto, ma un terremoto per coloro che si sono sottoposti ad essa. L'effetto indagato dalla ricerca è il tentato suicidio, insieme ad altri rilevanti disturbi, e per avere un simile gravissimo effetto occorre una causa adeguata. Un gesto di tale portata non può che essere causato da un'immensa sofferenza interiore. La causa materiale è stata individuata nell'operazione chirurgica, ma occorre domandarsi: cosa rappresenta dal punto di vista psicologico per una persona quella operazione? Cosa significa per lei "cambiare" sesso? Significa morte. Ecco perché i suicidi. È la morte della propria identità personale, esattamente l'effetto opposto ricercato e sperato quando si è fatto ricorso al bisturi. Vuole affermare se stesso e invece si nega se stesso. Questo perché l'operazione chirurgica allontana la persona ancor più dal suo vero Io, lo contraddice, lo rende ancor più straniero ed estraneo a se stesso, lo affossa e lo incatena in una contraddizione esistenziale insopportabile. La persona cerca se stessa cambiandosi i connotati e guardandosi allo specchio non si ritrova, non trova il suo vero Sé, ma, appunto, una sua falsificazione. L'Io si trova nascosto, occultato, anzi ucciso da questo impostore con le sembianze opposte alle proprie. Il nero e opprimente sconforto di trovarsi ancor più perso nella ricerca della propria identità, ancor più lontano e distante da Sé, soprattutto dopo pesanti interventi demolitivi irreversibili, sprofonda questi pazienti, tanto sofferenti nella psiche, nel buio della depressione, anticamera perfetta per i tentativi di suicidio.
Lo studio è, dunque, assai interessante perché, a rovescio, prova in modo inoppugnabile che il sesso biologico è una proprietà identitaria della persona, un elemento essenziale individuante la persona e non un mero aspetto accessorio, come avere i capelli biondi e gli occhi verdi. Se sbagli una tinta per capelli non ti disperi. Se ti trovi in un corpo non tuo dopo un intervento chirurgico la disperazione è probabile. Quando non si tiene conto di ciò e si tenta, invano, di contraddire il dato sessuale genetico, si viola così intimamente la persona che questa viene spinta o spinge se stessa verso il baratro. In altri termini, l'effetto rilevantissimo sotto l'aspetto esistenziale e morale del "tentato suicidio" si può spiegare solo se la causa è altrettanto rilevante sempre sotto il profilo esistenziale e morale. Se il tentato suicidio è conseguenza di un intervento per "cambiare" il sesso, ciò vuol dire che il sesso genetico è elemento fondante la persona. Fabio non potrebbe che essere maschio per essere davvero Fabio. Carolina non potrebbe che essere femmina per essere davvero Carolina. Non rispettare e non assecondare questo dato di realtà non sono scelte marginali, bensì significano non rispettare e non assecondare l'identità della persona, significa violarla. Dunque ucciderla. Morti ormai dentro, si cerca poi, con disperata coerenza, anche la morte fisica.
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