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Buongiorno,
sono un vostro assiduo lettore, commerciante, venditore di scarpe, e stamattina mi sono imbattuto nell'articolo di Cammilleri sul Black Friday.
Stimo lo stile pungente ed ironico dell'autore che però in questo caso ha preso una cantonata per la superficialità e l'incompetenza con cui ha affrontato un tema piú interessante di quanto possa apparire che invece meriterebbe un giudizio da una diversa prospettiva, più adeguata allo spessore della vostra testata giornalistica.
Il problema del buon Cammilleri è che offre lo stesso giudizio sommario che possiamo rintracciare presso qualsiasi altro articolo pubblicato in questi giorni ovunque.
Provo ad offrire una lettura diversa, da commerciante che non ha mai aderito al Black Friday.
Impressiona considerare come si tratti di una manìa importata repentinamente solo due o tre anni fa con un impatto devastante presso le menti dei cosiddetti "consumatori" e degli stessi commercianti. Dal mio punto di osservazione ho visto il sonno della ragione in azione; interessante coglierlo in un ambito così secondario.
Si tratta di una moda apparentemente inevitabile per la quale la quasi totalità dei miei colleghi si è precipitata ad aderire con l'ansia di chi teme di restare escluso, non da grandi incassi ma da miseri guadagni. I clienti invece si sono riversati nei negozi in numero superiore alla media del periodo ignari persino del nome: " voi aderite al Black Day... al Free Day... al Black Free... sono iniziati i saldi?... ecc."
Chi liberamente non aderisce viene spesso guardato in malo modo alla stregua di un evasore fiscale o un incallito delinquente.
É un ulteriore segnale di un imbarbarimento che avanza in cui sembra che clienti e commercianti siano ineluttabilmente manipolati dall'alto da forza oscure e soverchianti.
In un quadro economico pessimo, il commerciante convive tutto l'anno con almeno sei mesi di sconti di fatto obbligatori: dal primo di luglio a metà settembre e dal 2 gennaio a metà marzo. Si aggiungono poi gli inevitabili periodi di promozioni ed eventuali vantaggi legati a carte fedeltà, fino ai fantomatici pre-saldi, ecc. Voi credete che i costi crescenti che un'attività sostiene da anni possano essere compensati da vendite quasi sempre a margine ridotto? É questo il tema vero. Di colpo ci troviamo con i media che dalla sera alla mattina impongono arbitrariamente una settimana di sconti. Ciò significa che nel tempo avverrà quanto accade per i saldi: già da 15 giorni prima crollano gli incassi. Qualcuno si inventerà un Black Monday?
Ma cosa comporta tutto questo dal lato acquirente?
Questo meccanismo perverso in atto da anni ingenera un aumento generalizzato dei prezzi. Se è inevitabile vendere in sconto quasi tutto l'anno, i prezzi verranno definiti sempre più al rialzo per contenere in costi. In più, perché il prezzo sia sostenibile, si abbasserà la qualità del prodotto al fine di avere più spazio per un margine maggiore. Il prodotto a costo minore non si produce certo in Italia.
Infine, la terza conseguenziale stortura è la nascita delle leggende metropolitane come i famosi "fondi di magazzino". Per cui Cammilleri tende a ritenere che se i prodotti a lui graditi sono troppo costosi e quelli abbordabili non sono di suo gradimento, questi sono vecchi.
Avendolo visto dal vivo in una sua conferenza immagino che Cammilleri vesta tendenzialmente classico e non sia andato alla ricerca dell'ultima novità della moda milanese. Dubito dunque che abbia le competenze tecniche per distinguere una scarpa classica datata da una appena uscita. Ma poi, quando un prodotto come le calzature diventa vecchio ovvero fondo di magazzino? Chi lo stabilisce? Non è mica il latte che scade dopo una certa data o un prodotto tecnologico che diventa superato. Ci sono clienti che farebbero di tutto per avere quelle scarpe acquistate dieci anni fa che hanno portato così bene che le ricomprerebbero subito. O chi cerca stili a lui cari ma ormai desueti per la moda imperante.
Il problema è che nessuno vuole più pensare, giudicare e valutare un prodotto; forse non si è più nemmeno capaci di farlo. Si tende dunque a delegare altri al controllo di ciò che attiene alla nostra responsabilità. Se una cosa è bella o brutta ciascuno dovrebbe saperlo valutare, magari lasciandosi aiutare dal proprio negozio di fiducia. Già... la fiducia, un termine oggi quasi improponibile in ambito commerciale.
Concludo con i prezzi. Lo dico con la certezza di chi ne fa quotidiana esperienza: caro cliente, un prezzo è troppo alto quando è troppo lontano dalle tue possibilità economiche o quando non soddisfa pienamente il tuo bisogno e/o il tuo gusto, non quando non è in sconto.
Oggi un prodotto non in sconto è una rapina mentre quello scontato del 50% un vero affare pur se in realtà era risultato invendibile fino ad allora: così accade.
Allora è un grande quel mio illustre collega della mia città che è attivo tutto l'anno con sconti e promozioni varie. Peccato che abbia dei ricarichi altissimi per cui cito un solo esempio: scarpe di un marchio internazionale: io sono a € 145 lui a € 189. Lui sempre al 20% di sconto esce a € 151, € 3 più di me che sarei un tirchio/ladro perché vendo a prezzi fissi e raramente faccio promozioni. Mi domando se è lui che ha già capito tutto o no.
Concludendo: il Black Friday è un ulteriore passo, come gli ineluttabili saldi, nella direzione giusta per uccidere il commercio e contribuisce a mostrare una volta di più come le persone siano tendenzialmente manipolabili avendo rinunciato a paragonare tutto secondo il retto uso della ragione.
Spero che con queste veloci considerazioni, Cammilleri possa riconsiderare la sua esperienza secondo una prospettiva diversa.
Cordialmente
Giuseppe Zappasodi
Caro Giuseppe,
abbiamo pensato di pubblicare anche noi di BastaBugie la lettera che ha inviato alla redazione della Bussola e che è stata pubblicata il 26 novembre, visto che avevamo rilanciato anche noi l'articolo di Rino Cammilleri sul Black Friday (per leggerlo clicca qui).
Credo che l'arrticolo di Cammilleri fosse una semplice critica a questa nuova moda proveniente dall'America. Quindi in pratica abbastanza coincidente con la sostanziale critica al Black Friday che fa anche lei nella sua risposta a Cammilleri.
Del resto ammetteva anche lui di non aver fatto "un'indagine a tappeto", ma di aver semplicemente riferito la sua piccola esperienza che si riferiva, tra l'altro, a un solo articolo.
Faccio anche notare che le considerazioni di Cammilleri noi le avevamo messe in nota a un altro articolo da noi ribattezzato "Le fregature del Black Friday" dove Andrea Zambrano sottolineava che per molti negozi è un venerdì come tanti. Nell'immagine c'era anche un negozio che aveva esposto orgogliosamente la scritta "NO Black Friday".
Credo quindi che le sue considerazioni, caro Giuseppe, siano un ottimo approfondimento nella stessa direzione che anche noi avevamo dato alla irresponsabile moda degli sconti "facili".
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