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AVERE LA FEDE NON E' COME VINCERE AL GRATTA E VINCI
Nel libriccino ''L'Abc della fede'' l'arcivescovo emerito di Bologna offre una proposta sintetica per l'Anno della Fede
di Giacomo Biffi
 

La fede è un atto difficile e insidiato. L'uomo – lasciato solo alle prese con le potenze mondane che sono, più o meno tutte, al servizio dell'incredulità – corre il rischio serio di non reggersi in piedi: non può restare isolato. Per questo il Signore ha istituito la Chiesa: è il «corpo» vivo di Cristo, nel quale i singoli sono rianimati e sorretti.
Anche la Chiesa è umanamente debole. Però ha la garanzia che contro di essa le porte degli inferi (cioè le forze dell'errore e della malvagità) non prevarranno (Mt 16,18). La nostra è dunque sempre una fede «ecclesiale»: non è condizionata dalle opinioni anche geniali dei singoli, ma si fonda sull'insegnamento di Gesù come è proseguito e attualizzato da coloro cui il Signore ha detto: «Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16); cioè dagli apostoli e dai loro successori, che sono i vescovi, specialmente il vescovo di Roma, successore dell'apostolo Pietro. Appartenere alla santa Chiesa Cattolica è una immensa fortuna: una fortuna per la quale non può mai venire meno in noi né una gioiosa fierezza né una grande riconoscenza verso il Padre. Ricordiamoci di implorare sempre il Signore (come si fa nella Messa) di «non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della sua Chiesa».

LA SALVEZZA
Quando si tratta di religione, la parola che deve per forza entrare nel discorso è la parola «salvezza». Senza il tema della salvezza la religione diventa un insieme di concetti astratti, di comandi morali, di divieti, di cerimonie rituali: un insieme che di solito suscita poca curiosità e poco interesse. Se invece si percepisce che nella religione vi è in gioco la salvezza, allora sentiamo che la cosa ci tocca da vicino. Che cosa vuol dire che uno è «salvo»? Salvo – dicono i vocabolari – è chi ha superato un pericolo senza danno ed è stato liberato da un male incombente.
Ogni uomo – che non sia del tutto intorpidito e perso – avverte di essere «insidiato»: c'è il male che sovrasta. Perciò diventa spontaneo e necessario il pensiero, il desiderio – anzi l'ansia – di riuscire a cavarsela. Ci sono dei mali universali e assoluti, ad esempio: 1. il non sapere se la vita abbia un'ultima verità, l'ignorare il perché dell'esistere; 2. il non essere stati all'altezza, nel nostro comportamento, di ciò che è giusto e doveroso; 3. il dover incontrare la realtà inevitabile della morte, che vanifica tutto.
Abbiamo dunque tutti bisogno di essere «salvati». E per fortuna un «Salvatore» esiste e ci è stato donato.

UNA SPERANZA INVINCIBILE
Chi va in chiesa solo la notte di Natale, non si può certo definire un cristiano esemplare. Però, se sta attento, riceve un messaggio che è la sintesi di tutto ciò che all'uomo importa sapere: «Vi è nato un salvatore» (Lc 2,11). È grande la notizia che il cielo regala alla terra. Questo salvatore – dice ai pastori l'angelo – è il Cristo nostro Signore. Di Gesù la cosa più elementare e più necessaria che bisogna sapere è che egli è il Salvatore: il Salvatore di tutti e quindi anche il mio. Questa prerogativa in lui è costitutiva e intrinseca: tanto è vero che il suo nome vuol dire «il Signore salva». Ed è un nome che egli non porta a caso: è stato pensato e voluto direttamente da Dio. «Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1,31). Così è stato detto a sua madre. E similmente a Giuseppe, il capo della famiglia di Nazareth, è stato ordinato: «Lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Dal segreto dell'eterna vita divina, il Creatore ha pensato a Cristo come a uno che può e vuole salvare tutti; e a me, come a qualcuno che, se non si opporrà, sarà infallibilmente salvato da lui. Nessuna paura, dunque e nessun avvilimento può togliermi più la speranza.

LE SALVEZZE ILLUSORIE
Il messaggio natalizio – «Vi è nato un Salvatore» – non è raccolto da tutti. C'è chi, a proposito di salvezza, non ritiene di aspettarsi aiuto da qualcuno: l'uomo vuole spesso salvarsi con le sole sue forze. Ci sono stati e ci sono tra gli uomini diversi tentativi di autoredenzione. Gli illuminati scientisti dell'Ottocento pensavano che a salvare l'uomo fosse sufficiente insegnargli la teoria copernicana, il darwinismo e il sistema metrico decimale. Altri hanno creduto che bastasse l'attesa del «sol dell'avvenire»: il «sole» di una società senza classi e senza ingiustizie. Oggi alcuni sembrano essere convinti che la salvezza dell'uomo sta nel «salutismo» (e così si impongono le diete ferree che li fanno vivere malati in modo da farli morire da sani); o nelle tecniche sessuali (e così riducono l'amore a una specie di ginnastica senza significato e senza finalità); o nell'informatica sempre più sofisticata (e così in tempo reale ci fanno sapere tutto, tranne ciò che davvero conta). Questa «salvezza laica» davanti alla realtà autentica si dissolve. «All'apparire del vero – tu misera cadesti», per dirla col Leopardi. La salvezza va cercata altrove, e precisamente nell'unico Salvatore che Dio nostro Padre ci ha dato.

GESÙ REDENTORE NON È UN OPTIONAL Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio nato a Betlemme, crocifisso per noi e risorto, non è «un» salvatore: è «il» Salvatore, unico e necessario. È dai primordi della nostra fede una certezza fondamentale. La raccogliamo dalle labbra dell'apostolo Pietro: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 1,12). Gesù è dunque il Salvatore indispensabile per tutti gli uomini senza eccezioni.
Questo è un punto un po' annebbiato: molti cristiani, dal giusto apprezzamento dei molti valori presenti nella realtà extra­ecclesiale e extra-cristiana, deducono indebitamente che c'è una pluralità di strade che conduce a salvezza. E invece Dio nostro Padre non ha pensato a Cristo come a un «redentore facoltativo», quasi un «optional» nel multiforme meccanismo del riscatto del mondo, ma come a un salvatore sostanziale e insostituibile. Il disegno del Creatore non è schizofrenico: tutto è unificato in Cristo, nel quale tutte le cose sussistono.

UN DONO OFFERTO A TUTTI
Gesù è l'unico Salvatore.
Dobbiamo allora pensare che chi non è esplicitamente cristiano per ciò stesso sia destinato a perire?
Certamente no! La parola di Dio su questo punto è inequivocabile: «Dio – sta scritto – vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4). Nessuno quindi, può andare perduto, se non perché colpevolmente chiude gli occhi alla luce che viene da Cristo e chiude il cuore alla sua grazia. E questa luce, questa grazia, proprio in virtù della redenzione operata da Gesù sono offerte a tutti dalla generosità del Signore. Con l'effusione del suo Spirito, che non ha confini, Gesù è in grado di illuminare e santificare ogni coscienza, anche quella di coloro che ignorano il suo nome e la sua azione salvifica. Illuminerà e santificherà nelle forme concretamente possibili, che solo a lui sono note. Noi però dobbiamo preoccuparci e darci da fare perché Egli sia conosciuto e amato anche esplicitamente da tutti i nostri fratelli, perché senza una comunione cosciente e personale con il loro Salvatore gli uomini vivono in condizioni di oggettiva povertà spirituale e di sottile tristezza.

IL SALVATORE DEL MONDO
Gesù Cristo è l'unico Salvatore «del mondo». Del mondo: cioè dell'intero universo. C'è dunque una dimensione cosmica della salvezza, fondata sulla verità che tutte le cose sono state create «in Cristo, per mezzo di Cristo, e in vista di Cristo» (cf. Col 1,16).
Appartiene quindi alla visione cristiana la positività di un giudizio circa le realtà terrene, anche materiali, e l'atteggiamento di fiducia e di stima con cui vanno guardate: sono state sì sconvolte e deturpate dal peccato, ma dall'azione redentrice di Cristo sono state anche riconciliate.
Anche la natura perciò ci è cara.
Non la idolatriamo e non la poniamo sopra l'uomo, perché proprio dal fatto di essere al servizio dell'uomo essa desume ogni dignità e valore. Però l'amiamo e la rispettiamo, soprattutto perché anche nella natura ravvisiamo un riverbero della bellezza del Signore e anche su di essa si esercita la volontà del Figlio di Dio, che si è fatto uno di noi, di purificare e trasfigurare tutto secondo l'unico disegno del Padre.

UN SALVATORE RAVVICINATO E PRESENTE
«Cristo – dice san Paolo – è il salvatore del suo corpo che è la Chiesa» (Ef 5,23), in tutte le sue membra che siamo noi. Ci salva uno ad uno, e non da lontano: ci salva restando vicino a noi, immanente e attivo entro la comunità dei suoi fratelli. Il mezzo con cui il Signore Gesù raggiunge la massima intensità della sua presenza è il sacramento del «Corpo dato» e del «Sangue versato», posto tra le nostre mani sotto i segni del pane e del vino.
Davvero nell'Eucarestia si realizza, con una pienezza che noi non avremmo nemmeno saputo immaginare, l'ultima promessa del Crocifisso vivo e glorificato: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Dall'Eucarestia, riscoperta e assimilata come il sacramento di ogni salvezza, tutto potrà rifiorire; e noi, Chiesa del Signore e Redentore che rimane con noi, potremo vivere nella gioia, nella gratitudine, nella fierezza di essere per una insperata misericordia il popolo dei salvati.

CARD. GIACOMO BIFFI
La fede che diventa cultura

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Fonte: Avvenire, 21/04/2013