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Due fulmini hanno segnato il cielo tradizionalista, nelle giornate del 19 e 20 giugno. Il primo riguarda la convocazione da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede di Mons. Carlo Maria Viganò, ex Nunzio apostolico per gli Stati Uniti, arcivescovo titolare della sede soppressa di Ulpiana.
Con una lettera dell'11 giugno scorso, firmata dal Segretario per la Sezione Disciplinare, Mons. John J. Kennedy, il Dicastero ha notificato all'interessato l'avvio di un processo penale extragiudiziale a suo carico per delitto di scisma e lo aveva invitato a presentarsi presso il palazzo del medesimo Dicastero il 20 giugno, «affinché lo stesso possa prendere nota delle accuse e delle prove». Nella stessa lettera, il Dicastero ha elencato il venir meno di alcuni «elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di Papa Francesco, rottura della comunione con lui e rifiuto del Concilio Vaticano II». Il Dicastero ha altresì assicurato la necessaria facoltà di essere difeso o rappresentato da un Avvocato o da un Procuratore.
A parte la generica «rottura della comunione», che significa tutto e niente, le altre due accuse sono purtroppo vere. E Mons. Viganò le ha confermate nella sua risposta pubblicata sul blog curato da Aldo Maria Valli, che nel frattempo sta raccogliendo lettere di solidarietà all'Arcivescovo ed approvazione della sua posizione. Esternazioni senza dubbio sincere, ma che nei toni e nei contenuti mettono purtroppo in luce quanto ormai si sia andati oltre una legittima opposizione agli errori che serpeggiano ovunque, anche all'interno del Dicastero stesso. E questo "oltre", nella tradizione della Chiesa, significa scisma.
LE ACCUSE, UN MOTIVO DI ONORE
In questa risposta, che porta la data del 20 giugno, dunque il giorno stesso in cui l'Arcivescovo sarebbe dovuto comparire a Roma per la sua difesa, Mons. Viganò considera le accuse a suo carico «un motivo di onore»: «Credo che la formulazione stessa dei capi d'accusa confermi le tesi che ho più e più volte sostenuto nei miei interventi. Non è un caso che l'accusa nei miei confronti riguardi la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e il rifiuto del Vaticano II: il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana "chiesa sinodale" è necessaria metastasi».
La reazione di Viganò è un copia-incolla di quella che fu di Mons. Marcel Lefebvre, che egli esplicitamente evoca: «Cinquant'anni fa, in quello stesso Palazzo del Sant'Uffizio, l'Arcivescovo Marcel Lefebvre venne convocato e accusato di scisma per aver rifiutato il Vaticano II. La sua difesa è la mia, le sue parole sono le mie, miei sono i suoi argomenti dinanzi ai quali le Autorità romane non hanno potuto condannarlo per eresia, dovendo aspettare che consacrasse dei Vescovi per avere il pretesto di dichiararlo scismatico e revocargli la scomunica quando ormai era morto». Posizione che inevitabilmente porterà ad una scomunica.
Ed anche la Fraternità San Pio X, fondata proprio da Mons. Lefebvre, fa parlare di sé, dopo che il Superiore del Distretto di Francia, l'abbé Benoît de Jorna, ha iniziato ad avvisare che nuove consacrazioni episcopali sono all'orizzonte. Nella Lettre aux Amis et Bienfaiteurs, pubblicata il 19 giugno, l'abbé de Jorna ha infatti scritto: «Il 30 giugno 1988, l'arcivescovo Lefebvre ha compiuto un'"operazione-sopravvivenza" sulla Tradizione cattolica consacrando quattro vescovi ausiliari. Questi vescovi, che all'epoca erano abbastanza giovani, lo sono ovviamente meno trentasei anni dopo. Poiché la situazione della Chiesa non è migliorata dal 1988, è diventato necessario prendere in considerazione la possibilità di dare loro degli assistenti, che un giorno diventeranno i loro sostituti. Quando il Superiore Generale annuncerà questa decisione, ci si potrà aspettare un'esplosione mediatica contro i "fondamentalisti", i "ribelli", gli "scismatici", i "disobbedienti" e così via. A quel punto, dovremo affrontare contraddizioni, insulti, disprezzo, rifiuto, forse anche rotture con le persone a noi vicine».
SEMINARIO D'ÉCÔNE
De Jorna non è un "prete qualunque" nella Fraternità San Pio X. Ordinato nel 1984 da Mons. Lefebvre, venne nominato superiore del distretto francese, per poi divenire, nel 1996, rettore del Seminario d'Écône, incarico che coprirà per oltre vent'anni; nel 2018 divenne nuovamente superiore del Distretto di Francia, il maggiore insieme a quello degli Stati Uniti, in sostituzione dell'abbé Christian Bouchacourt, nominato nel frattempo consigliere generale della Fraternità San Pio X.
De Jorna attribuisce ai quattro vescovi consacrati nel 1988 il titolo di "ausiliari", mostrando in questo modo una delle tante incongruenze della Fraternità San Pio X: ogni vescovo ausiliario deve infatti ricevere dalla Santa Sede una lettera apostolica che egli deve mostrare al proprio Ordinario per prendere possesso del proprio ufficio; ed è di norma l'Ordinario a costituire il vescovo ausiliario, con il permesso della Santa Sede, o comunque qualcuno indicato sempre dal Papa. Per nessuno dei quattro vescovi è stata data una lettera apostolica, né possono essere considerati ausiliari di un vescovo (Lefebvre) che, all'epoca delle ordinazioni, non aveva alcuna giurisdizione ed era persino sospeso a divinis.
Nell'ottica della Fraternità San Pio X queste ordinazioni furono necessarie appunto per l'operazione "salvataggio della tradizione", salvataggio che si renderebbe necessario anche oggi e che giustificherebbe pertanto nuove consacrazioni episcopali. L'abbé de Jorna ha il merito di mettere in luce la vera logica della Fraternità San Pio X, ossia quella di essere l'unica vera chiesa, che dunque ha bisogno dei "suoi" vescovi. Nel finale della lettera, egli afferma infatti la necessità della virtù della fortezza per essere fedeli «alla vera Tradizione della Chiesa (...) e anche alla Fraternità San Pio X, arca di salvezza suscitata dalla Provvidenza nel mezzo del diluvio che minaccia d'inghiottire la Chiesa e la civiltà». Un riferimento - quello all'Arca - decisamente significativo, dal momento che i Padri hanno visto nell'Arca del patriarca Noè la figura della Chiesa, fuori della quale non c'è salvezza. L'ex-direttore del Seminario d'Écône non sembra invece farsi troppi scrupoli nell'identificare la Fraternità San Pio X con l'arca e dunque con la Chiesa. Dunque, extra Fraternitatem nulla salus.
ATTITUDINE SCISMATICA
Un atteggiamento chiaramente scismatico, che si rende evidente anche nella sua esortazione, quasi un rimprovero, a quei giovani "nati" nella Fraternità San Pio X, che mancano di seguire pienamente «la linea di assoluta fedeltà alla fede insegnataci dall'arcivescovo Lefebvre». «Non è forse - prosegue de Jorna - una realtà tangibile quella di questi giovani provenienti da famiglie pienamente impegnate nella battaglia della Fraternità San Pio X, di questi giovani che hanno frequentato solo le cappelle e le scuole della Fraternità San Pio X, e che si scoprono essere un giorno cristiani, il giorno dopo mondani? Un giorno Fraternità San Pio X, un giorno Ecclesia Dei, o persino carismatici; un giorno Messa tradizionale, un giorno Messa nuova; un giorno pellegrinaggio di Pentecoste in una direzione, un giorno pellegrinaggio nella direzione opposta?» [la Fraternità San Pio X promuove un pellegrinaggio di Pentecoste nella direzione inversa a quello celebre di Chartres]. Insomma, ragazzi contaminati.
Parole che dimostrano una volta di più che la Fraternità San Pio X purtroppo non è affatto cambiata nella propria attitudine scismatica, nonostante i passi compiuti da Benedetto XVI e poi da Francesco per una riconciliazione. Resterà da vedere quale sarà l'atteggiamento dell'attuale Papa di fronte a nuove consacrazioni episcopali: le legittimerà come ha legittimato confessioni e matrimonio, inaugurando così il cortocircuito di una impossibile gerarchia parallela senza giurisdizione e non soggetta né alla Santa Sede né all'Ordinario? Oppure farà finta di nulla? O comminerà una scomunica? Tutto è possibile, sotto Francesco.
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