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La notizia dell’approvazione da parte del Parlamento spagnolo (il 26 giugno 2008), di una legge che estende alle “Grandi scimmie” (gorilla, scimpanzé, oranghi) alcuni diritti umani, a cominciare da quello alla vita, deve essere accolta con tutta la repulsione che merita una norma profondamente innaturale e immorale.
Tra gli animali e gli uomini esiste infatti una differenza non accidentale o quantitativa, ma sostanziale e qualitatitiva. L’uomo a differenza di tutti gli animali, comprese le scimmie più evolute, è un essere intelligente e libero, ha un’anima spirituale e un destino soprannaturale. Solo agli uomini spetta la dignità di persona umana, con i conseguenti diritti che ne derivano.
Gli animali non sono “persone”, proprio perché non sono capaci di intendere e di volere: non hanno diritti perché non hanno doveri. I loro comportamenti seguono la legge dell’istinto, impressa dal Signore nella loro natura.
L’uomo ha in comune con gli animali la natura fisica, ma ciò che da essi lo distingue è la natura razionale. Questa natura fa sì che l’uomo non assecondi tutti gli istinti del suo corpo, ma li reprima, li ordini, li finalizzi. La legge naturale non è dunque la legge zoologica degli esseri viventi, ma l’ordine morale e metafisico del creato che l’uomo può scoprire con la sua ragione.
La scimmia è simile all’uomo, ma ne rappresenta l’animalità: è una bestia maligna, subdola, lussuriosa, in cui l’uomo vede per così dire riflesse la propria degenerazione, quando si allontana dal rispetto della legge naturale. Oltre ad essere la caricatura ridicola dell’uomo, la scimmia è stata sempre considerata anche un’immagine di Satana, grottesca controfigura di Dio.
I Padri della Chiesa chiamavano Satana “simia dei”, ossia “scimmia di Dio”, perché Satana scimmiotta Dio ma non potrà mai essere Dio, né uguagliare le sue opere. Tra le opere più conosciute di Albrecht Durer, c’è un’incisione che raffigura la Vergine con una scimmia incatenata ai suoi piedi. Questo è il destino del demonio, che pretende sfidare Dio, e liberarsi di Lui, ma resta eternamente prigioniero della sua Volontà.
Il processo di degradazione intellettuale del nostro tempo vorrebbe trasformare gli uomini in bestie, negando loro la natura spirituale, e gli animali in umani, attribuendo loro la dignità di persone. Per chi si oppone alle idee evoluzioniste è già pronto lo “zoo”. Un ultradarwinista come Daniel Dennett, propone, in coerenza con i suoi principi, di mettere in gabbia tutte le religioni per proteggere il pianeta dai fanatismi del fondamentalismo, da qualunque parte provengano (L’idea pericolosa di Darwin, Bollati Boringhieri, Torino 2004).
È questa la logica ugualitaria del “Progetto Grande Scimmia”, proposto dall’australiano Peter Singer e dall’italiana Paola Cavalieri e recepito dal premier spagnolo Zapatero. I due animalisti in questa ed in altre opere sostengono che tra uomini e animali non esisterebbero confini, né biologici né morali. Ciò che attribuisce diritti ad un essere vivente non è, secondo loro, la ragione e la volontà, ma la “autocoscienza” e la capacità di soffrire e di godere.
Uno scimpanzé, ma anche un cane un maiale, avrebbero un grado di autocoscienza maggiore di un bambino gravemente ritardato o di un individuo cerebroleso. I feti, gli handicappati, i neonati, gli anziani privi di reale coscienza, possono per loro essere considerati essere viventi, ma non persone.
Per contro, potrà essere attribuita la qualifica di persone, con conseguenti diritti, a scimpanzé, balene, delfini, cani, gatti, maiali, foche, orsi, e forse alle galline: una lista che Singer definisce “incompleta”, ma che seleziona “specie dotate di facoltà mentali sviluppate” (cfr. Etica pratica, Liguori, Napoli 1989.p. 108 e passim).
Le conseguenze di queste premesse sono inesorabili. La vita non solo di un feto, ma di un neonato, ha meno valore della vita di un cane o di uno scimpanzé. Un bambino appena nato, sostiene Singer, vale quanto una lumaca. Se il valore della vita di una persona è legato alla sua autocoscienza e alla sua capacità di avere desideri circa il suo futuro, «uccidere una lumaca o un neonato di un giorno non frustra alcun desiderio di questo tipo, perché lumache e neonati sono incapaci di avere tali desideri» (Etica pratica cit., p. 133).
Ciò che è più aberrante non sono tuttavia queste tesi, ma il fatto che le elucubrazioni di intelletti sviati possano diventare leggi di uno Stato che fa parte dell’Unione Europea: oggi la Spagna, domani altre nazioni in cui le idee ecologiche ed animaliste possano attecchire.
I princìpi animalisti hanno del resto una serie incontrollabile di devastanti conseguenze. Se gli scimpanzé hanno il diritto alla vita, perché negare loro quello all’uso del sesso? Ma se tra essi e gli umani non esistono differenze qualitative non si potrà impedire il congiungimento sessuale di uomini e bestie.
Tale abominio è ricordato dal Catechismo della Chiesa Cattolica, e ancor prima dalla comune coscienza umana, come peccato di “bestialità”: il peccato che più di ogni altri infrange le leggi della natura umana e grida “vendetta” al cospetto di Dio (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, II-IIae, q. 154, a. 12, a. 4).
L’aberrante pratica è più diffusa di quanto possa immaginarsi, anche in Italia, soprattutto nei circoli satanisti, e rischia di essere tutelata dalla Carta dei Diritti di Nizza, allegata al nuovo Trattato europeo di Lisbona. Nell’’articolo 21 di questa Carta, l’“orientamento sessuale” è riconosciuto come fondamento di non-discriminazione, con la distinzione che vi è posta tra il sesso fisico-biologico e la “preferenza” sessuale.
La sessualità, in questo modo, diventa non un dato di natura, ma una scelta “culturale”, puramente soggettiva. Tutte le tendenze sessuali innaturali, dall’omosessualità all’incesto, dalla necrofilia alla bestialità ne risultano automaticamente tutelate. L’omosessualità, che ieri provocava disgusto, oggi è entrata nel costume e nelle leggi. La bestialità, che ancora oggi suscita ribrezzo, inizia ad essere indirettamente accolta dalle istituzioni europee, per entrare anch’essa un giorno nelle abitudini e nella mentalità.
Sopravviverà l’Europa a questo scempio morale? Sarà l’Islam lo strumento di cui la Divina Provvidenza si servirà, per purificare, attraverso profonde sofferenze, l’Occidente infedele? Non si troveranno uomini di buona volontà che, corrispondendo alla Grazia, siano autori di una rinascita religiosa e morale che dal fango faccia risorgere una civiltà? Solo il Signore conosce la risposta a queste inquietanti domande incise a lettere di fuoco sul nostro futuro.
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