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« Torna alla edizione
«Per tutti questi motivi, signor Procuratore generale, le chiediamo un intervento urgente che blocchi, prima che sia troppo tardi, l’esecuzione di quella che sempre più appare come una sentenza di condanna a morte». Parole che pesano come macigni, una per una, perché scritte da venticinque tra i massimi neurologi, tutti professori universitari e direttori di strutture del Servizio sanitario nazionale: insieme hanno firmato una lettera aperta al Procuratore generale facente funzione, Gianfranco Montera, che si era riservato di decidere «entro metà della prossima settimana» se impugnare il decreto che consente di lasciar morire Eluana. «È necessario un adeguato approfondimento delle complesse problematiche», aveva detto il magistrato chiedendo tempo, e gli esperti, sapendo che questo tempo non c’è («prima che sia troppo tardi... ») «sentono il dovere di affermare alcune fondamentali evidenze scientifiche ed etiche». La lettera è inviata per conoscenza anche ai presidenti della Repubblica, della Corte costituzionale, del Senato, della Camera, del Consiglio dei ministri, ai ministri della Giustizia e del Welfare, ai loro sottosegretari.
Eluana non è in coma né terminale.
«Il paziente in stato vegetativo - spiegano i 25 neurologi - non necessita di alcuna macchina per vivere, non è attaccato ad alcuna spina. Non è un malato in coma, né un malato terminale, ma un grave disabile», che quindi richiede solo un’accurata assistenza di base, esattamente come avviene «in molte altre situazioni di lesioni gravi di alcune parti del cervello che limitano la capacità di comunicazione e di auto-sostentamento».
Dopo Eluana ne elimineremo migliaia?
Nutrizione e idratazione assistite - continua la lettera - non sono assimilabili a una terapia medica, ma costituiscono da sempre gli elementi fondamentali dell’assistenza, proprio perché indispensabili per ogni persona umana, sana o malata». La stessa Cassazione - ricordano i neurologi - riconosce che l’alimentazione via cannula 'non costituisce una forma di accanimento terapeutico, rappresenta piuttosto un presidio proporzionato al mantenimento del soffio vitale'. Infatti è praticata «senza causare sofferenza», addirittura «senza interferire con l’eventuale attività lavorativa» e le persone che si nutrono e idratano in questa maniera «sono decine e decine di migliaia». Almeno 1.500 di queste, poi, all’incapacità di nutrirsi associano «un deficit cerebrale marcato che non le differenzia molto dallo stato di Eluana. Ci chiediamo cosa faremo con tutte loro. Dobbiamo - lo Stato, la comunità, i medici - eliminarle tutte?».
Persona, non vegetale. Il paziente in stato vegetativo non è un vegetale. È persona umana. La stessa Cassazione lo riconosce: 'È persona e deve essere rispettata e tutelata nei suoi diritti fondamentali, a partire dal diritto alla vita e alle prestazioni sanitarie, a maggior ragione perché in condizioni di estrema debolezza e non in grado di provvedervi autonomamente'. Diritti che per Eluana sono stati rispettati - sottolineano gli esperti - grazie ai 14 anni di assistenza nella casa di cura 'Beato Talamoni' di Lecco.
Un 'risveglio' non si può mai negare.
Le possibilità di recupero sono minori con il passare del tempo. «Ma oggi il concetto di stato vegetativo permanente è da considerarsi superato», ricordano i neurologi. «Sono documentati casi, benché molto rari, di recupero parziale di contatto con il mondo esterno anche a lunghissima distanza di tempo. È pertanto assurdo poter parlare di certezza di irreversibilità». Cade dunque una delle due condizioni poste dalla Cassazione per l’autorizzazione a sfilare il sondino di cibo e acqua (l’altra era l’acclarata volontà della ragazza di morire piuttosto che vivere in stato vegetativo. Volontà che ovviamente non può esprimere e che secondo il padre comunicò molto prima dell’incidente, durante una conversazione).
Eluana «sente»? Dal punto di vista neurologico, lo stato vegetativo «non è morte cerebrale », perché il cervello «non ha mai smesso di funzionare» e il paziente «respira spontaneamente, digerisce, assimila i nutrienti, produce ormoni che regolano le sue funzioni...».
Non è più «neanche coma», perché il ciclo veglia-sonno è conservato, il paziente riesce a muoversi, anche se non cammina né si regge in piedi, e soprattutto «in una qualche misura a noi ancora ampiamente sconosciuta, ma che le più recenti metodiche di analisi della funzione cerebrale stanno portando alla luce, ha una sua - per quanto grossolana - modalità di percezione». Studi recenti «dimostrano con chiarezza che è possibile evocare risposte che testimoniano una residua possibilità - più o meno elementare - di percepire impulsi dall’ambiente... ». Nessuna certezza nemmeno quanto al fatto che Eluana non possa provare sofferenza, come qualcuno vuole sostenere, tanto che «la stessa sentenza dei giudici si preoccupa che le vengano somministrati sedativi durante la morte per disidratazione». «Il testo degli esperti fa emergere importanti evidente scientifiche - nota Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute - . Dunque è fuorviante continuare ad associare lo stato vegetativo all’idea di una morte clinica, o qualcosa di assai simile».
Sentenza di morte. Il decreto che autorizza l’interruzione dell’alimentazione, dunque, non mette fine ad alcun accanimento terapeutico». Dà invece a terzi il potere di sostituirsi al paziente, «innescando il rischio di pratiche discriminatorie basate sulla percezione esterna della qualità della vita altrui». C’è poi la preoccupazione che «le considerazioni della magistratura sulla possibilità di por fine ai pazienti in stato vegetativo come Eluana possano estendersi ad altre categorie di pazienti neurologici, come i dementi o i cerebropatici gravi», in condizioni molto simili a quelle della giovane.
Una fine disumana. «Infine riteniamo disumano il modo proposto di mettere a morte la paziente»: l’agonia sarà lenta e «porterà alla morte attraverso la lenta devastazione di tutto l’organismo».
Sono docenti universitari e direttori di strutture del Servizio sanitario nazionale: «Il concetto di irreversibilità è ormai superato. Documentati casi di recupero anche dopo moltissimi anni». «Cosa faremo delle altre 1.500 persone nelle sue condizioni? Le eliminiamo tutte?». Non è vero che Eluana di certo non soffrirà, «tanto che i giudici raccomandano i sedativi»
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