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Il granduca non è solo. Al suo fianco si schierano pezzi considerevoli dell’opinione pubblica lussemburghese. Dal direttore di giornale fino al cittadino comune. Basta navigare su Internet e si trovano numerose voci in suo appoggio.
Una delle prime e più autorevoli a levarsi in difesa dell’operato di Henri di Nassau Weilburg è stata, il 3 dicembre, quella di Leon Zeches, direttore del Luxemburgischer Wort, maggiore quotidiano del piccolo granducato incastonato tra Germania, Francia e Belgio. Il giornale va in edicola in tedesco, ma ha anche sezioni in francese e lussemburghese, vende oltre 80mila copie ed è letto da circa 180mila persone. Ben oltre le difficoltà contingenti in cui il sovrano della monarchia costituzionale si è venuto a trovare per il suo rifiuto di apporre la firma a una legge sull’eutanasia, per il giornalista – che è consultore del Pontificio Consiglio della Cultura – sarà la storia a stabilire che questo comportamento, preso «dopo matura riflessione», ha il rango di «un eccezionale atto di coraggio civile». Così si legge in un articolo di fondo contenuto nello speciale su Internet (dal titolo «Monarchia al bivio») che il quotidiano dedica a questa crisi istituzionale senza precedenti. Il Capo di Stato «non è e non si concepisce come una sagoma di cartone istituzionale, senza intelletto e anima», prosegue Zeches. E non lo si può tirare dove si vuole «a seconda del bisogno che si ha di una firma sotto qualsiasi cosa gli si presenti».
L’opposizione morale di Henri è stata consapevole e convinta, tanto che non si è fermata davanti alle possibili conseguenze, rimarca l’editoriale. Infatti, egli – «uomo moderno, aperto e sincero» – si è riferito alle sue personali «convinzioni di fondo», alla sua morale, al suo «amore alla verità e al suo Paese».
Ed è soprattutto il «rapporto diretto e cordiale», suo e della famiglia, con la popolazione a muoverlo, considera ancora Zeches. A partire da ciò, «egli senza dubbio desidera che questo Lussemburgo e i lussemburghesi rimangano quello che sono. Per questo c’è bisogno che nel Granducato non vengano valicati quei confini che non hanno niente a che fare con il progresso, quanto piuttosto con la distruzione». Lo scontro istituzionale avviene, per il direttore del quotidiano, su una legge «inutile» che è anche «assurdamente collegata a quella sulle cure palliative».
Per approvarla in via definitiva si è avviata la riforma costituzionale che prevede per il granduca il solo diritto di promulgare formalmente le leggi, ma non più un potere di opporsi: «Sapeva che gli sarebbe capitato questo o qualcosa di simile. Nonostante ciò è rimasto fedele alle sue convinzioni in una delle questioni di maggiore importanza del nostro tempo. Molti invidieranno a noi lussemburghesi un capo di Stato che possiede un coraggio di tale grandezza», annota il giornalista.
Settori della politica e della società lussemburghese non sono d’accordo con il granduca, ma il direttore dubita che le idee che costoro portano avanti «corrispondano a ciò di cui il Paese ha bisogno e che incarnino quei valori ai quali la gran parte della popolazione è attaccata».
Di questi «fa parte anche una monarchia moderna e, per principio, al di sopra delle beghe di partito. Una monarchia che con questa piccola, fragile nazione e con il suo popolo ha vissuto sia i tempi belli sia quelli difficili». Zeches insiste sull’importanza per il Granducato di una guida salda. Per un piccolo Stato è bene avere continuità istituzionale ai vertici, per essere al riparo dalla 'politica politicante' e dal pericolo di frammentazione che la coesione nazionale può subire. «Forse per una nazione fragile come il Lussemburgo questo è addirittura il modo più sicuro per avere una chance di sopravvivenza ottimale in un mondo globalizzato».
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