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Storia di una bufala a mezzo stampa.
La fine è nota. Finirà che la sesquipedale bufala lanciata ieri dai media di mezzo mondo andrà ad aggiungersi alle tante leggende nere contro la Chiesa cattolica: diranno che il Vaticano vuole che l’omosessualità sia considerata un reato, che i gay finiscano in galera o meglio ancora sul patibolo come succede in certi Paesi islamici di cui Ratzinger (l’immancabile «papa nazista») vuole ora diventare alleato. Già vediamo gli irresistibili sketch di Sabina Guzzanti, la satira di Dario Fo, le poesie incivili di Andrea Camilleri, gli indignati commenti di Augias e di MicroMega. Il voltairiano «calunniate calunniate qualcosa resterà» sarà così, ancora una volta, messo in pratica.
La realtà è ben diversa e la spiega benissimo Andrea Tornielli, alla cui cronaca non c’è nulla da aggiungere. Se non, appunto, la scommessa sul fatto che cronache serie e documentate come la sua verranno cestinate - anzi neppure lette, scartate a priori - da chi ha già deciso che la realtà deve essere un’altra, e cioè che la Chiesa vuole mettere in galera i gay. Noi scommettiamo che sarà così, che passerà questa versione dei fatti: e siamo sicuri di vincere la scommessa non perché siamo prevenuti, ma perché della campagna di disinformazione abbiamo già avuto un assaggio guardando i titoli dei siti web di molti grandi giornali. «Depenalizzazione dell’omosessualità. No del Vaticano alla proposta Onu», era ad esempio quello di Repubblica. Non è che vogliamo dire che c’è malafede: è che è scattato un ritornello, un luogo comune, e noi giornalisti purtroppo andiamo spesso a rimorchio di frasi fatte, di stereotipi, di slogan. D’altra parte anche l’autorevole Ansa, che esiste per dare il più possibile i «fatti separati dalle opinioni», così titolava alle 14,42 di ieri il suo lancio di agenzia: «Vaticano: no a proposta Ue per depenalizzare omosessualità».
Voi che cosa pensereste nel leggere titoli del genere? Che il Vaticano è contrario a che l’omosessualità venga depenalizzata. E quindi vuole che sia considerata reato. Già nel primo pomeriggio di ieri si sono riversate sui computer dei giornali di tutta Italia le vibranti reazioni di Arcigay, parlamentari Pd, radicali e compagnia cantante che parlano di «una Chiesa che vuole la forca», di un Papa boia al pari di Ahmadinejad. Fa niente se lo stesso monsignor Migliore - il prelato cui viene attribuita la volontà di repressione - ha spiegato con chiarezza che la Chiesa è invece fermamente contraria a «ogni marchio di ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali»: quel virgolettato sarà ignorato, resteranno i titoli-killer.
Eppure basterebbe conoscere almeno un poco la storia - non dico la storia del cattolicesimo: la storia - per sapere che chi ha voluto trasformare in reati certi «peccati» si è sempre scontrato con la Chiesa, fino ad uscirne, e ad andare a ingrossare le file degli eretici. Savonarola, ad esempio, che impose alla Firenze di cui era divenuto padrone una dura teocrazia dove la polizia vigilava sui costumi privati a suon di multe, carcere e perfino pena di morte. Calvino, altro esempio, nella cui Ginevra i «concubini» venivano decapitati.
È curioso: sono personaggi, costoro, che vengono sempre citati a modello da chi accusa la Chiesa di ogni nefandezza e oscurantismo. Quanto alle legislazioni degli Stati laici, forse può essere interessante dare un’occhiata all’anno in cui l’attività omosessuale tra adulti consenzienti ha cessato di essere considerata un reato penale. La prima fu la Francia, nel 1810. La seconda l’Italia, nel 1886. La terza la Polonia, nel 1932. Curioso anche questo: sono tre Paesi di lunga tradizione cattolica. Ma andiamo avanti. L’anglicana Gran Bretagna si decise solo nel 1967. La Germania comunista nel 1968. Un altro Paese «socialista», la Jugoslavia, abolì il reato di omosessualità solo nel 1977. La luterana Norvegia nel 1972. Israele nel 1988. Il «no» vaticano di ieri è dovuto ad altri passaggi contenuti nella proposta della Ue all’Onu.
La Chiesa teme che l’annullamento di ogni distinzione per sesso porti ai matrimoni tra gay, e a un’equiparazione di questi con la famiglia tradizionale. Teme anche che con le nuove norme le possa venir contestata una decisione che, paradossalmente, sta per prendere proprio per far fronte a uno scandalo che le viene rimproverato quando si parla di omosessualità; e cioè la decisione di vietare il sacerdozio ai gay perché - anche se la political correctness vieta di dirlo - il 90 per cento dei casi di preti-pedofili riguarda casi di omosessualità.
Si può non essere d’accordo con l’una e con l’altra preoccupazione della Chiesa. Si può anche dissentire su tutta la dottrina cattolica in materia. Ma dire che «il Vaticano si oppone alla depenalizzazione dell’omosessualità» è, molto semplicemente, un falso.
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