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«Una coppia omosessuale non è tutelata dallo Stato, sebbene paghi le tasse»: è una delle tante reazioni alla decisione del ministro Carfagna di non concedere il patrocinio del Governo al Gay Pride che si terrà prossimamente. In altri termini, ciò che (alcuni) rivendicano è l’istituzione per gli omosessuali del matrimonio o di forme di simil matrimonio (come i Pacs francesi o i defunti Dico e Cus italiani, proposti nella scorsa legislatura). La mancanza di questi istituti costituirebbe una discriminazione.
Bisogna però replicare che una cosa sono i diritti del singolo in quanto tale, un’altra cosa i diritti delle coppie in quanto coppie.
Al primo tipo di diritti appartengono il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza, quello di espressione, di associazione, di intrapresa, quello di voto, ecc. Questo primo tipo di diritti deve essere tassativamente garantito dallo Stato ad ogni persona, senza alcuna esclusione.
Quindi sia agli omosessuali, sia ai non omosessuali, senza la minima distinzione.
Al secondo tipo di diritti appartengono, per esempio, il diritto alla pensione di reversibilità, l’accesso alle case popolari, la possibilità di ereditare, ecc.
Ora, perché lo Stato concede alle coppie sposate questi diritti? La ragione è semplice: si tratta di realizzare una minima compensazione al contributo che le coppie sposate forniscono alla società.
E qual è il primo e principale contributo al bene comune di una società? Esso consiste nella procreazione-cura dei figli, senza cui una società si estingue, e nell’educazione dei nuovi esseri umani, senza cui la società rischia l’hobbesiana guerra di tutti contro tutti. In altri termini, la protezione giuridica di un rapporto di coppia non scaturisce dal vissuto soggettivo dei membri della coppia stessa, ma è legata al suo valore sociale. Se dunque lo Stato concedesse alle coppie omosessuali gli stessi (o quasi) diritti dei coniugi, realizzerebbe un atto a senso unico: concederebbe a queste coppie dei benefici, senza la contropartita che invece riceve dai coniugi, che sarebbero i veri discriminati se venisse istituito il matrimonio omosessuale.
Peraltro, come Avvenire ha spiegato per mesi, buona parte dei diritti rivendicati da coppie conviventi e omosessuali è già garantita dal nostro ordinamento: per esempio, ognuno può fare testamento nei riguardi di chiunque, limitatamente alla quota disponibile; così come chiunque può subentrare nel contratto di locazione, purché abbia anche egli stipulato il contratto stesso con il proprietario e comunque la giurisprudenza ha stabilito che il convivente abbia diritto al subentro; similmente, ognuno può decidere da chi farsi venire a trovare in ospedale (se qualche medico e/o infermiere lo impedisce, il problema non è legislativo, ma legato ad una prevaricazione particolare, che richiede un intervento sul caso concreto), ecc. Le eventuali lacune si possono colmare di nuovo a livello privatistico, istituendo dei diritti dei singoli, non delle coppie. E, come si vede, questi (brevi) ragionamenti sono puramente laici.
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