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UNA MAMMA DI REGGIO EMILIA HA DETTO NO ALLA CHEMIOTERAPIA: NON CURATEMI, IL MIO BAMBINO DEVE NASCERE
Si allunga l'elenco di donne che hanno fatto il loro dovere di mamme: Santa Gianna Beretta Molla (1962), Cristina Cella (1995), Rita Fedrizzi (2005), Anna Negri (2005), Tonia Accardo (2008)
di Davide Parozzi
 

«Quando ha saputo di essere ammalata e che l’alternativa erano le cure o la vita del bambino, mia moglie non ha avuto dubbi. Ha sospeso la chemioterapia e ha aspettato che il nostro piccolo venisse alla luce. Poi ha ricominciato a curarsi ma ormai era troppo tardi». Poche parole asciutte e dignitose come è costume della gente della montagna e poi la sobrietà di un silenzio che non nasconde il dolore: Adelmo Stefanelli, 66 anni, operaio in pensione, ha dato ieri l’ultimo saluto a sua moglie Malgorzata - Margherita -Burakowska, 39 anni polacca, nella chiesa di Castelnovo né Monti sulla montagna reggiana. La donna, nel 2008, ha rifiutato le cure per fare nascere il piccolo Gabriele che oggi ha 19 mesi e si è spenta stroncata da un tumore al seno. Una storia «di gente semplice e buona», spiega il parroco, don Evangelista Margini, della parrocchia della Resurrezione nella cittadina appenninica che con don Benedetto Usai e don William Neviani ha concelebrato la messa esequiale.
Una vicenda, quella di Margherita e Adelmo che comincia quando i due si conoscono, alcuni anni fa a Ligonchio, un paese a poca distanza da Castelnovo ancora più abbarbicato sull’appennino, sulla strada che porta verso il Passo del Cerreto e la Toscana. Margherita faceva la badante presso alcune famiglie del paese per mantenere sé e un altro figlio - ora 15enne - avuto in patria. Quando Adelmo e Margherita si sposano lasciano Ligonchio per Castelnuovo e qui la donna quattro anni fa, si accorse di un nodulo al seno. Le analisi confermarono la malignità della neoplasia e così Margherita iniziò le cure e la chemioterapia. Un percorso interrotto nel 2008, quando la donna si rese conto di portare una nuova vita dentro di sé. Di fronte al medico che, con estrema chiarezza, le disse che se non avesse abortito e continuato la terapia la sua sorte era segnata, la donna non tentennò. «Mia moglie ­racconta Adelmo Stefanelli - non ebbe dubbi. Sospese subito ogni cura decisa a sacrificare se stessa per salvare il bimbo». La famiglia, spiega ancora don Margini, è stata aiutata ed accompagnata da altre della comunità che si sono strette in un abbraccio di affetto e amicizia mano a mano che la malattia avanzava. Poco più di un anno fa il battesimo del piccolo Gabriele e poi i mesi di lotta finale con il male che avanzava inesorabile. «Negli ultimi tempi anche le cure la facevano stare male ­racconta ancora Adelmo - . Mangiava pochissimo ed era sempre molto debole». Lunedi la crisi definitiva e martedì mattina, in ospedale, la fine.
«Margherita – ha detto don Neviani nell’omelia del funerale – aveva fede nella vita e nella solidarietà. Ha sperato e ha creduto nel Signore che unisce e che ci dà la forza di andare avanti anche nelle difficoltà». Una fede semplice, ribadisce don Margini, ma profonda. «Margherita aveva voglia di vivere sul serio, ma ha scelto di difendere il diritto alla vita del suo bambino. Non era gente che veniva sempre in parrocchia – aggiunge il parroco di Castelnovo – ma aveva valori forti, tradizionali, comuni alla gente della nostra montagna». Quei valori su cui Margherita ha giocato la sua vita fino alla scelta del dono estremo.

 
Fonte: Avvenire, 7 novembre 2010