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«Il contesto francese rimane paradossale: la diffusione della contraccezione di massa non ha fatto diminuire il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza (ivg), che si mantiene sulle duecentomila circa l’anno». Sono toni da disfatta, quelli usati dall’Inspection général des affaires sociales (Igas, organismo dipendente dal ministero della Salute francese) nel suo rapporto nazionale, reso pubblico il 2 febbraio scorso, sulla “Valutazione delle politiche di prevenzione delle gravidanze non desiderate e di presa in carico delle interruzioni volontarie di gravidanza dopo la legge del 4 luglio 2001”, che regola aborto e contraccezione.
È da più di vent’anni infatti, che gli aborti in Francia non diminuiscono di un’unità. Nonostante l’educazione sessuale sempre più precoce, nonostante un accesso alla contraccezione che più facile non si può, compresa la variante “d’emergenza” – la pillola del giorno dopo è fornita alle ragazzine gratis e senza ricetta nelle farmacie e da poco si è aggiunta quella dei “cinque giorni dopo” – nonostante uno dei tassi di diffusione della contraccezione medica (pillola e spirale) più alti del mondo, nonostante le martellanti campagne sul sesso sicuro.
Tutto ciò è paradossale, si legge nel rapporto, perché «la Francia si caratterizza per una copertura contraccettiva estesa, costituita all’ottanta per cento da metodi prescritti dal medico, con una forte predominanza della contraccezione ormonale orale (pillola). Ma il livello di fallimento contraccettivo è preoccupante: il 72% delle igv sono effettuate su donne sotto contraccezione, e nel 42% dei casi, questa contraccezione si basava su un metodo medico, teoricamente molto efficace (pillola o spirale)».
Se da una parte l’Igas attribuisce quell’inamovibile e impressionante cifra di aborti alla discontinua applicazione delle disposizioni sull’educazione sessuale, dall’altra nota che «i fattori che portano a una gravidanza imprevista e alla decisione di interromperla sono molteplici, complessi, e sfuggono in larga parte a un intervento pubblico».
La scoperta dell’acqua calda abbinata a una dichiarazione d’impotenza in piena regola, appena attutita dall’auspicio di un «rafforzamento dell’approccio preventivo» da basare su «informazione ed educazione sessuale» in età sempre più precoce, «dalla scuola materna alle scuole superiori», oltre che «nei luoghi extra-scolastici» e su «campagne di comunicazione sulla contraccezione» con periodicità «regolare e ravvicinata, e declinate localmente».
I rimedi proposti, come al solito, vanno nella direzione del rafforzamento ulteriore di politiche che finora si sono rivelate fallimentari. Così, alle ragazzine e ai ragazzini alle prese con i dilemmi amorosi e con quel mistero necessario che è il sesso, si indicano il distributore di preservativi e si consegna sui banchi di scuola la brochure sulla contraccezione d’emergenza. Eppure, un intero capitolo del rapporto è dedicato alla questione dell’inesistente incidenza della pillola del giorno dopo (così diffusa, così facile da ottenere) sulla diminuzione degli aborti in Francia.
Al contrario: nel confronto tra il 2002 e il 2006, il tasso di abortività tra le quindici-diciassettenni è passato da 8,9 a 11,5 per mille.
Circostanza che comunque non impedisce all’Igas di presentare l’avvento della pillola dei “cinque giorni” dopo (si chiama EllaOne ed è un prodotto made in France) come nuova ed efficace risorsa per meglio «gestire gli inevitabili incidenti del percorso contraccettivo». C’è un altro punto molto importante, nel bilancio dell’Inspection générale des affaires sociales, che riguarda la pratica dell’aborto chimico con la Ru486 e che dà qualche indicazione anche per l’Italia che si accinge ad adottarlo come metodo “alternativo” negli ospedali.
L’aborto farmacologico in Francia è in crescita costante e ormai riguarda il 43 per cento dei casi, mentre cala ogni anno il numero delle strutture pubbliche o private che praticano il metodo tradizionale, anche perché, spiega l’Igas nel suo studio, «l’aborto chirurgico è poco attraente a livello finanziario per il personale sanitario». Ecco perché la provvidenziale invenzione del prof. Baulieu, la Ru486 nata in Francia, dalla Francia è promossa in ogni modo.
L’Igas nota che «si assiste a una tendenza alla restrizione dei modi di presa in carico che limita la scelta delle donne riguardo al metodo d’intervento». Un altro paradosso, descritto all’inizio: nata ufficialmente per offrire una maggiore “scelta” alle donne, la Ru486 si è rapidamente trasformata in opzione obbligata, perché è quella preferita dai medici.
Scrive l’Igas nel suo rapporto: «Il ricorso quasi esclusivo alla tecnica medica in certe strutture riflette più la scelta dei medici che quella delle donne. Questa evoluzione presenta il rischio, prima o poi, di farne l’unica metodica praticata».
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