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Che cosa è accaduto ai princìpi non negoziabili nella vita pubblica italiana durante il 2010? Niente, è la prima, istintiva, risposta. E questo può essere un bene o un male, dipende da quale angolatura vogliamo osservare il fatto.
È un bene perché l'Italia non è andata nella direzione dei principali Paesi europei, cioè verso la legalizzazione dell'eutanasia, l'equiparazione delle coppie di fatto, etero e omosessuali, l'allargamento della possibilità di abortire e divorziare. La stessa proposta di legge sul testamento biologico è ferma alla Camera dei deputati e forse anche questo è un bene, visti i peggioramenti che incombono sul testo.
Il merito di questo arresto al processo di aggressione ai valori fondativi della civiltà occidentale va soprattutto al corpo della nazione, che resiste all'erosione laicista, che in qualche caso conosce fenomeni significativi di nuova evangelizzazione, soprattutto giovanile. Certo, sarebbe auspicabile fare di più e meglio, ma questo non spetta alla politica. Anche il governo di Berlusconi ha dei meriti, in questo senso: pur non amando occuparsi di temi eticamente sensibili, il presidente del Consiglio e il suo governo nei momenti topici della vita pubblica si sono schierati dalla parte dei princìpi non negoziabili, come nel caso di Eluana Englaro, nel 2009, o ancora prima, quando il capo del governo non uscì di casa per andare a votare al referendum sulla legge 40, nel 2005, che voleva estendere la possibilità di usare la fecondazione artificiale.
È soprattutto evidente come questo governo non apprezzi e sia sostanzialmente ostile alle proposte contrarie a vita, famiglia e libertà di educazione che invece sono parte significativa dei programmi dell'opposizione politica di sinistra. Con una battuta, potremmo dire che il maggior merito del governo di centro-destra, dal punto di vista dei valori non negoziabili, sia quello di impedire alla sinistra di governare e, governando, di portare anche l'Italia nel numero dei Paesi laicisticamente avanzati.
Tuttavia, è anche un male che nulla sia stato fatto per la vita, la famiglia e la libertà di educazione. Perché realisticamente qualcosa poteva essere fatto e quanto meno un segnale poteva essere lanciato, alle famiglie italiane. È vero che mancano i soldi, ma due milioni sono stati trovati perché il ministro Carfagna lanciasse la sua campagna (completamente succube dei movimenti glbt, composti da gay, lesbiche, bisessuali e transessuali) contro l'omofobia (in realtà a favore dell'ideologia di genere, che nega il significato pubblico della differenza sessuale). Si dirà che due milioni sono niente: ma se fossero stati spesi per le famiglie avrebbero almeno offerto un segnale di attenzione, che purtroppo è mancato.
È vero che c'è stata la Conferenza per la famiglia, organizzata dalla presidenza del Consiglio e rovinata dalla inopportuna uscita del Presidente del Forum delle famiglie: tuttavia rimane più che il sospetto che il governo non abbia previsto di offrire veramente una soluzione alla drammatica crisi demografica e all'ingiusto carico fiscale che colpisce le famiglie numerose. Lo stesso discorso vale per la scuola: la libertà di educazione rimane una chimera, la scuola non statale continua a essere maltrattata e non appare all'orizzonte neppure il progetto di dare concretezza all'ipotesi, peraltro tipica dei partiti di centro-destra, dell'applicazione del buono-scuola, cioè della restituzione ai genitori del diritto di scegliere come educare i loro figli.
Anche qui, si dice che manchino i soldi e non si possano ignorare le ripercussioni sociali del ridimensionamento della scuola statale. Sarà tutto vero, ma non è una buona notizia.
Non sono "fissato" sui princìpi non negoziabili. So che il bene comune è fatto anche di altro e la dottrina sociale della Chiesa lo ricorda. I valori non negoziabili, dice appunto Benedetto XVI, sono i primi, il fondamento, ciò che non può essere trattato. Ma la polis ha anche altri problemi, alcuni moralmente rilevanti, come l'immigrazione, la sicurezza, il lavoro. Non che non siano importanti, ma non sono i più importanti. Credo che questo sia uno dei principali compiti culturali di cui il mondo cattolico dovrebbe farsi carico, quello di ricordare che il "non di solo pane vive l'uomo" vale anche in politica. Senza mai dimenticare che l'uomo deve mangiare e a sufficienza, ma ricordando che i problemi economici e finanziari non sono i primi problemi. Riuscire a convincere di questo l'opinione pubblica sarebbe già un importante traguardo.
Mi si dirà che la politica italiana ha offerto ben altro in questo anno appena trascorso. Appunto. E su questo vorrei stendere un velo pietoso, come i figli di Noè fecero con le debolezze del loro padre. Siamo uomini deboli e peccatori, e quando sbagliamo diventiamo insopportabili a noi stessi e a chi ci guarda: ma mi permetto di aggiungere che ancora più insopportabile è chi giudica e trasforma, o cerca di trasformare, la debolezza altrui in rendita elettorale. Salvo poi accorgersi che tale rendita probabilmente non sarebbe sufficiente per vincere le elezioni e allora cercare, con giochi di palazzo, di vanificare il voto popolare e di minacciare una sorta di "governissimo" che il popolo non ha voluto e per cui non ha votato.
Rimane una cosa di cui non si può tacere per un giudizio "da cattolici" sulla politica italiana. Il partito che più degli altri sembra spendersi per la vita e la famiglia ha clamorosamente "toppato" quando ci si doveva schierare pubblicamente. In occasione delle elezioni regionali del Piemonte, l'Udc di Casini ha scelto di sostenere Mercedes Bresso, una candidata all'opposto dei principi non negoziabili, e ha rifiutato di sostenere probabilmente la cosa più bella e importante che i cattolici sono riusciti a costruire nella politica italiana quest'anno, ossia l'alleanza per la vita e la famiglia che i movimenti pro-life e pro-family del Piemonte hanno offerto al candidato Cota, impegnandosi a verificarne l'attuazione in caso di vittoria elettorale. Vittoria che è arrivata, premiando la coerenza e gettando un'ombra pesantissima sulla credibilità morale dell'Udc.
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