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Il 24 gennaio Benedetto XVI ha reso pubblico il suo Messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, tutto dedicato a Internet e in particolare al fenomeno dei social network, un mondo - quest'ultimo - dominato da Facebook con i suoi oltre cinquecento milioni di utenti. Il Papa s'ispira qui ai messaggi per le giornate delle comunicazioni sociali del suo predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II (1929-2005), che già aveva lasciato un vero corpus di dottrina sociale della Chiesa su Internet, ma aggiunge un tocco personale dove si riconosce il suo costante Magistero sull'identità e sulla verità, insieme all'attenta lettura di quanto la sociologia contemporanea ha prodotto in tema di interazione virtuale.
Proprio da questa letteratura il Papa mutua «la convinzione che, come la rivoluzione industriale produsse un profondo cambiamento nella società attraverso le novità introdotte nel ciclo produttivo e nella vita dei lavoratori, così oggi la profonda trasformazione in atto nel campo delle comunicazioni guida il flusso di grandi mutamenti culturali e sociali. Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte ad una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione».
Di questa grande trasformazione la Chiesa non propone né un rifiuto né un giudizio aprioristicamente negativo. Senza mancare di mettere in luce difficoltà e rischi, il Pontefice chiede ai cristiani di partecipare alla grande avventura di Internet e in particolare dei social network: «Vorrei invitare, comunque, i cristiani ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l'era digitale ha reso possibile. Non semplicemente per soddisfare il desiderio di essere presenti, ma perché questa rete è parte integrante della vita umana». Le nuove tecnologie «prospettano traguardi fino a qualche tempo fa impensabili» e, se «usate saggiamente, possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l'aspirazione più profonda dell'essere umano».
Benedetto XVI riprende, ancora, dalla sociologia la tesi che nel mondo digitale l'idea che l'informazione sia il frutto di una interazione e di una costruzione sociale acquista dimensioni fino a ieri impensabili: quello che con la stampa ma anche con la televisione era ancora possibile, «la chiara distinzione tra il produttore e il consumatore dell'informazione viene relativizzata e la comunicazione vorrebbe essere non solo uno scambio di dati, ma sempre più anche condivisione».
Questa novità ha anche caratteristiche «positive», ma per altri versi «si scontra con alcuni limiti tipici della comunicazione digitale: la parzialità dell'interazione, la tendenza a comunicare solo alcune parti del proprio mondo interiore, il rischio di cadere in una sorta di costruzione dell'immagine di sé, che può indulgere all'autocompiacimento».
I social network - dunque soprattutto Facebook - sono una parte importante del modo in cui i giovani, in particolare, organizzano il loro tempo e le loro giornate. «I giovani - spiega il Papa - stanno vivendo questo cambiamento della comunicazione, con tutte le ansie, le contraddizioni e la creatività proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosità alle nuove esperienze della vita. Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell'autenticità del proprio essere. La presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l'altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l'eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di "amicizie", ci si trova di fronte alla sfida dell'essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all'illusione di costruire artificialmente il proprio "profilo" pubblico».
Sempre con una singolare consonanza rispetto alla migliore sociologia di Internet e dei social network, Benedetto XVI mette in luce il rischio che a essere socialmente costruita non sia più solo l'informazione ma la stessa identità del soggetto. Come in certi film alla moda, il giovane soprattutto rischia di essere catturato da un mondo virtuale da cui poi non riuscirà più a uscire, e di scambiare il proprio profilo su Facebook, dove sincerità e invenzione spesso si mescolano, con la realtà.
L'uso dei social network, insiste il Papa, «è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi. Chi è il mio "prossimo" in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo "differente" rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi? E' importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita». Sono due rischi già notati dal venerabile Giovanni Paolo II: passare troppo tempo davanti a un computer, trascurando gli amici e i familiari della vita reale, e lasciare contatti anche interessanti con nuovi amici in un perenne stato virtuale, quasi si avesse paura d'incontrarli faccia a faccia.
Passare dall'incontro virtuale all'incontro reale, usare Facebook come prima occasione di conoscenza che andrà poi dove possibile verificata di persona, è anche per così dire il segreto di un uso efficace del social network come strumento di apostolato cattolico.
Ma, perché questo sia possibile, è necessario che pure su Facebook il cattolico, anche giovane, si faccia subito riconoscere per uno stile diverso rispetto a una certa volgarità e superficialità oggi alla moda.
«Del resto - scrive il Papa - le dinamiche proprie dei social network mostrano che nel mondo digitale, trasmettere informazioni significa sempre più spesso immetterle in una rete sociale, dove la conoscenza viene condivisa [...]. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell'altro. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui (cfr 1Pt 3,15)».
Si a Facebook, dunque, ma con buon senso quanto all'impiego del tempo e a viso aperto, da cattolici, a costo magari di «sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua "popolarità" o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari "annacquandola". Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento. La verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana. Per questo rimangono sempre fondamentali le relazioni umane dirette nella trasmissione della fede!».
Alla fine, infatti, «la verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network». Mentre per certi poteri forti contemporanei Internet è un altro «strumento che riduce le persone a categorie, che cerca di manipolarle emotivamente o che permette a chi è potente di monopolizzare le opinioni altrui» i cattolici presenti sul Web «incoraggiano tutti a mantenere vive le eterne domande dell'uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta. È proprio questa tensione spirituale propriamente umana che sta dietro la nostra sete di verità e di comunione e che ci spinge a comunicare con integrità e onestà».
Un programma che cerchiamo di fare nostro anche per «La Bussola Quotidiana».
Nota di BastaBugie: per leggere il messaggio del Papa per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, clicca qui
110124_45th-world-communications-day_it.html">www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20110124_45th-world-communications-day_it.html
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