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NIENTE ADOZIONI PER I CRISTIANI PERCHE' CONSIDERANO PECCATO L'OMOSESSUALITA': SAREBBERO PESSIMI GENITORI (SECONDO LE LEGGI INGLESI)
''Volevamo offrire amore e una casa ai bambini che hanno bisogno; siamo stati esclusi per le opinioni morali basate sulla nostra fede e, per questo, un bambino in difficoltà ha perduto l'occasione di trovare un'abitazione sicura e un'assistenza''
da La Bussola Quotidiana
 

Londra, 10. L'Alta Corte di Giustizia d'Inghilterra e Galles ha emesso una sentenza in base alla quale a una coppia di coniugi cristiani, appartenente alla comunità pentecostale, è stato confermato il divieto di affidamento di bambini a causa dei loro principi morali in materia di educazione sessuale e omosessualità. L'Alta Corte ha di fatto stabilito che i principi morali basati sulla fede dei coniugi sono «ostili» per l'educazione dei bambini. I coniugi, Owen e Eunice Johns, in particolare, avrebbero espresso - secondo quanto stabilito dalla Royal Courts of Justice - opinioni contrarie all'omosessualità, violando per questo il rispetto dell'«Equality Act» 2010 (la legge che punisce discriminazioni sulla base del sesso) che condensa una serie di normative che tutelano i diritti degli omosessuali. La legislazione in materia, risalente al 1965, si era infatti notevolmente arricchita nel tempo anche in attuazione di alcune direttive europee. I coniugi - che nel passato avevano già ricevuto in affidamento una quindicina di minori - si erano appellati all'Alta Corte contro un provvedimento del municipio di residenza (Derby), con il quale era stata bloccata la loro richiesta di accogliere e assistere per brevi periodi nella propria abitazione anche bambini e bambine al di sotto dei dieci anni di età, senza famiglia naturale o con problemi psichici, in quanto si erano rifiutati di aderire all'Equality Act. Il Christian Legal Centre, il servizio di assistenza legale, aveva fornito supporto alla coppia nella causa contro i funzionari del servizio municipale di affido di Derby. Secondo l'Alta Corte la decisione non sarebbe stata presa tenendo conto della fede dei due coniugi ma, hanno puntualizzato i giudici, «è fondamentale, per la legge e per il nostro modo di vivere, che a ciascuna persona sia garantita l'uguaglianza. Noi viviamo in questo Paese, in una società democratica e pluralistica, in uno Stato secolare e non teocratico». L'organo giudiziario ha concluso, pertanto, che le leggi che garantiscono la non discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali hanno la precedenza sulle convinzioni religiose.
I coniugi hanno sottolineato che la propria fede cristiana non ha comportato alcuna discriminazione. In una dichiarazione scritta rilasciata dopo la sentenza è scritto: «Volevamo offrire amore e una casa ai bambini che hanno bisogno senza alcuna distinzione. Ora siamo stati esclusi dall'affidamento per le opinioni morali basate sulla nostra fede e, per questo, un bambino in difficoltà ha probabilmente perduto l'occasione di trovare un'abitazione sicura e un'assistenza». E concludono: «Non riteniamo che i nostri principi morali cristiani siano dannosi. Essere cristiani non significa ostilità nei confronti delle leggi e non dovrebbe essere considerato di ostacolo nella crescita e nell'educazione dei bambini». Il responsabile del Christian Legal Centre, Andrea Minichiello Williams, ha osservato che attualmente in Gran Bretagna c'è «un grande disequilibrio a livello legislativo», aggiungendo che «non possiamo avere una società dove una persona risulta esclusa in base all'etica sessuale prevalente. La Gran Bretagna in questo momento sta guidando in Europa l'intolleranza contro i principi morali della fede».
L'Equality Act vieta qualsiasi discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali e prevede, fra l'altro, anche la possibilità, per queste, di adottare bambini. In pratica, le agenzie britanniche di adozioni che ricevono finanziamenti pubblici, non possono fare differenza sulla base degli orientamenti sessuali delle persone che chiedono di poter avere cura dei bambini, ma questo ha implicato per diverse strutture cattoliche la chiusura delle attività. Le agenzie cattoliche coprono circa il 4 per cento del totale delle adozioni. Secondo alcune stime, dal 2007 almeno tredici agenzie cattoliche di adozioni hanno deciso di interrompere l'attività o di limitarla fortemente. In una nota pubblicata dalla Conferenza episcopale d'Inghilterra e Galles, pubblicata in occasione del lungo dibattito nazionale che ha accompagnato la stesura e la promulgazione dell'Equality Act, era stato evidenziato che la legge avrebbe costretto le agenzie cattoliche «ad agire contro i principi della fede». Le agenzie cattoliche, già nel 2007, avevano chiesto di essere esentate dall'applicazione di quanto stabilito nell'Equality Act, ma la proposta ha incontrato il rifiuto delle autorità statali. Anche la Comunione anglicana aveva espresso disappunto per la decisione di non concedere l'esenzione. In una lettera pubblica, l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, osservava come molte persone che fanno volontariato nel settore delle adozioni siano animate da motivazioni religiose e che è già prevista in altre leggi, come nel settore sanitario, l'obiezione di coscienza. L'arcivescovo di Canterbury aveva anche aggiunto che il Governo, pur garantendo i principi di non discriminazione non dovrebbe, su questioni morali controverse, compiere scelte indistinte per tutti.
(Articolo tratto da L'Osservatore Romano dell'11 marzo 2011)

 
Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-03-2011