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In tema di crocifissi negli uffici pubblici e di ricorsi al Tribunale dei diritti dell'uomo abbiamo letto recentemente di un fatto che ha destato clamore. Il noto avvocato ebreo, Joseph Weiler, con tanto di kippah sul capo, ha voluto difendere proprio dinanzi ai giudici di Strasburgo la presenza dei crocifissi negli uffici pubblici. Ovviamente le motivazioni non potevano che essere quelle di un non cristiano che cerca di difendere un simbolo fondamentale del Cristianesimo: il crocifisso non offende nessuno né tantomeno la libertà religiosa, l'Europa non può tradire le sue radici, né si può pretendere che questo avvenga per decreto, ecc... Alcuni di questi argomenti sono ovviamente veri. Figuriamoci se volessimo contestarli noi. D'altronde -vista la fonte- fa indubbiamente piacere sentire queste cose, soprattutto dinanzi all'ottusità di certi eurocrati. Ciò che però dispiace è l'enfasi che è stata data a questa notizia da parte di alcune autorevoli voci del mondo cattolico. Tra queste prendiamo quella del noto poeta Davide Rondoni. Su “Avvenire” del 1° luglio in un articolo dal titolo "Laica cultura e inimmaginabile fantasia di Dio" tra tante cose egli ha scritto: “Un ebreo in tribunale per difendere il crocifisso. La storia, che Dio guida con fantasia per noi inimmaginabile, doveva riservarci anche questo. (...) Non ha poggiato le sue argomentazioni sulla sua o sull’altrui fede. No, ha parlato di storia, di diritto dei popoli opposto alle sentenze di una Corte Centrale. Una requisitoria "laica" per difendere il nostro più caro simbolo religioso. Perché il cristianesimo è una cosa del genere. Non chiede nessun diritto speciale per esistere. Gesù Cristo non ha chiesto nessun diritto speciale. E, analogamente, anche il segno della sua presenza non chiede diritti speciali. Ma d’esser trattato con argomenti laici, validi per tutti.” Ci meraviglia che proprio uno come Rondoni, vicino, anzi appartenente al movimento di Comunione e Liberazione, possa essersi entusiasmato a tal punto... e per giunta con questi argomenti. Diciamo questo perché da sempre CL sottolinea la specificità di Cristo (furono i ciellini giustamente a ricordare a certo mondo ecclesiale già negli anni ’80 che ormai da tempo si stava realizzandosi la riduzione del Cristo storico a quello del Cristo principio, ovvero una sorta di riduzione intellettuale e sincretista del Cristianesimo). Dicevamo: da sempre CL afferma Che Cristo non può essere ridotto a personaggio ideale con la conseguente riduzione del Cristianesimo stesso a 'ricetta' etica solo per la risoluzione dei problemi dell'uomo. Le conosciamo molto bene queste cose. Ma non c’è stato solo Davide Rondoni... anche qualche noto prelato ha parlato del crocifisso come simbolo “laico” per eccellenza, affermando addirittura che esso sarebbe una difesa sempre e comunque della libertà religiosa. Ora, senza entrare nella questione attinente a questo argomento (la libertà religiosa) che ci porterebbe senz’altro fuori e a cui in qualche altra occasione sarà giusto dedicare un po’ di tempo, parlare in questi termini è alquanto peregrino: ma non è stato proprio Gesù a definirsi come unica via, verità e vita? Non ci sembra che Nostro Signore abbia utilizzato l’articolo indeterminativo parlando di se stesso come una via, una verità, una vita; bensì come la via, la verità e la vita. Insomma, cari amici, diciamocela tutta: un’enfasi di questo tipo preoccupa perché ci fa capire fino a che punto è giunta la deriva immanentistica e modernista del Cristianesimo. Invece che cosa dobbiamo ricordare e ricordarci. Che prima di tutto il crocifisso non può essere ridotto a simbolo identitario. E' anche questo, ma non è solo questo! Se si afferma che il Cristianesimo ha fondato la cultura occidentale, creandone la civiltà, si dice una cosa assolutamente vera e che va apologeticamente ricordata, ma se ci si ferma solo a questo non solo si nullifica il significato del Cristianesimo e quindi anche del crocifisso, ma paradossalmente si spiana ulteriormente la strada al laicismo e quindi all'estromissione del crocifisso stesso dalla sfera pubblica. Vediamo perché. Il laicismo è la pretesa di separare totalmente la convinzione religiosa privata dall'azione politica e dalle strutture sociali. Ma, per far questo, ha bisogno che la convinzione religiosa sia già tutta chiusa nel privato della coscienza e che la religione possa avere solo una marginale valenza e testimonianza sociale. Insomma, l'insistere che la presenza dei crocifissi negli uffici pubblici abbia solo una motivazione “laica”, così come viene fatto anche da illustri esponenti della Chiesa, significa offrire su un piatto d'argento la possibilità che i crocifissi vengano totalmente tolti. Se è un simbolo “laico” perché conservarlo? Oppure non sostituirlo con qualcos'altro? Si risponde: perché ad esso si lega la storia della nazione italiana. Ma se è così, perché non metterci anche il Campidoglio o la Torre di Pisa? Il crocifisso è soprattutto un simbolo religioso...piaccia o non piaccia. E come simbolo religioso deve essere accettato o rifiutato. Ecco perché in un recente articolo (“Crocifisso sì... crocifisso no”) scrivemmo che oggi stiamo pagando le conseguenze del nuovo concordato e quindi dell’abbandono del principio della confessionalità dello Stato, che non è impossibilità di chi non è cattolico a vivere sul suolo italiano, quanto riconoscimento del fatto che la maggioranza degli italiani, non solo culturalmente (dato comunque importante), ma anche religiosamente si riconosce nella Chiesa Cattolica Apostolica e Romana.
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