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Il mito dell'evoluzione non derivò i suoi concetti fondamentali da nuove scoperte o indagini effettuate nel campo delle discipline biologiche, ma venne concepito dalla forma mentis dell'illuminismo razionalista e del liberalismo progressista, matrici ideologiche di quasi tutti i successivi sviluppi culturali e politico-sociali dell'Occidente, soprattutto a partire dagli anni violenti della rivoluzione francese.
Gli storici della scienza hanno ormai da tempo accertato che tutti gli elementi che si trovano riuniti nell'opera di Charles Darwin erano già presenti nel mondo scientifico fin dal primo decennio del secolo XIX, e che lo studioso inglese rappresentò, pertanto, la conclusione piuttosto che l'inaugurazione di una determinata linea di pensiero. Alla base di quella linea serpeggiava uno stato di profonda insofferenza ed ostilità nei confronti della visione del mondo tradizionale.
Secondo tale visione, la realtà fisica, percepita dai sensi, non era tutta la realtà, bensì un semplice aspetto o espressione particolare di una realtà indefinitamente più vasta, metafisica, supernaturale; perciò non poteva trovare la sua completa spiegazione in se stessa, ma unicamente nell'ambito della logica di tale più ampia realtà.
In urto con tutto questo, lo spirito dell'età rivoluzionaria mirava a spiegare tutte le cose naturali, sistemi viventi e uomo compresi, senza uscire dall'ambito della natura stessa, reputata come la sola ed unica realtà. Vale a dire, ricorrendo unicamente a quel sistema di leggi meccanicistiche e deterministiche che riuscivano tanto bene a giustificare le esperienze di tutti i giorni dell'uomo comune. Ed un tale spirito giunse a poco a poco a permeare di sé anche gli ambienti scientifici.
Fu così che, mente Sir Isaac Newton si era limitato ad indagare e a formulare leggi meccaniche senza "fingere ipotesi" per spiegare con esse qualsiasi cosa, Kant e il marchese di Laplace — assieme al conte Buffon — avevano postulato l'origine del sistema solare in seguito all'azione di un sistema deterministico universale di tali leggi; mentre Hutton aveva concepito la superficie del globo terrestre come una realtà in moto puramente meccanico, svolgentesi nel corso di milioni e milioni di anni. Prima che il barone Cuvier — il padre della paleontologia — applicasse i concetti dell'anatomia comparata allo studio dei fossili e, assieme a William Smith, gettasse con molta prudenza le basi della stratigrafia, Buffon aveva attribuito una notevole importanza alla variabilità degli esseri viventi ed era giunto a considerare il fenomeno dell'estinzione delle specie come legato alla lotta per la sopravvivenza tra le creature risultanti dalle infinite combinazioni prodotte dalla natura. Maupertuis, Prichard e Wells avevano immaginato che nuovi tipi potessero sorgere da variazioni casuali avvenute nel corso delle generazioni (Wells aveva perfino introdotto il concetto di selezione naturale), mentre Erasmus Darwin e il cavaliere di Lemarck avevano già postulato un'evoluzione graduale delle forme organiche dalla monade cellulare all'uomo. Ed anche Malthus aveva pubblicato l'Essay on the Principles of Population, che prefigurava una lotta per la sopravvivenza nella specie umana. Ma tutti questi "spunti" parevano destinati a rimanere nel dominio della pura immaginazione, dal momento che Cuvier aveva brillantemente dimostrato l'inconsistenza e l'infondatezza del trasformismo sul piano scientifico. E la concezione tradizionale della realtà come cosmos o sistema armonico governato da una logica supernaturale rimaneva intatta ad esercitare la sua influenza sul pensiero scientifico dell'Occidente.
Le suggestioni evocate dal mito evoluzionistico ripresero ad invadere le menti dopo il 1859, primo anno della pubblicazione dell'Origin of Species by Means of Natural Selection, e da allora nulla è riuscito a neutralizzare o ad attenuarne l'influsso. Con ogni probabilità, l'enorme successo di questo libro fu dovuto sia al fatto che esso raccoglieva in forma ordinata un numero svariato di esempi ed argomentazioni suscettibili di far presa sul grosso pubblico, sia alla continua ed aggressiva propaganda fatta in suo favore soprattutto da Thomas Huxley (il "bull-dog di Darwin"), la quale mirava non solo a convincere il mondo scientifico della verità della teoria, ma anche ad usare quest'ultima come clava per colpire la reputazione della Chiesa ed il sentimento religioso in generale.
Resta in ogni caso il fatto che, da allora ad oggi, l'azione del mito evoluzionista all'interno della cultura occidentale non ha conosciuto tregua, allargandosi dalla biologia ai dominii più disparati, quali l'astronomia, la geologia storica, la psicologia, la sociologia, la linguistica, la storia, la pedagogia e, naturalmente, la politica. Nell'ambito strettamente ecclesiastico, se in qualche caso si è reagito al mito con coraggio e cognizione di causa, il più delle volte si è preferito rinunciare a combattere per adottare la discutibile forma compromissoria di un "evoluzionismo teistico" alla Teilhard de Chardin. Quanto al fronte strettamente scientifico, dallo scorso secolo ad oggi gli oppositori non sono mai mancati; ma le loro opere, quando non addirittura boicottate, non sono mai state tenute nella dovuta considerazione.
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