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Un Marco Pannella che diventi Presidente della Repubblica è incubo che per fortuna appartiene solo a una brutta notte in una cattiva locanda dopo una pessima cena. Però la realtà ci ha riservato in queste ore uno spettacolo non meno inquietante: il Presidente della Repubblica che va a rendere omaggio a Pannella, alle sue idee e alla sua creatura, il Partito Radicale.
È successo a Palazzo Giustiniani, dove quelli della Rosa nel Pugno avevano organizzato un convegno sulla giustizia, e dove è arrivato - come a copione scritto già da giorni - Giorgio Napolitano. Secondo la Costituzione, il Capo dello Stato dovrebbe fare l'arbitro super partes, evitando ogni atto che lo possa far apparire schierato con qualsiasi parte politica. Per questo motivo, Napolitano ha sentito il bisogno di giustificare la sua presenza a una convention dei Radicali, spiegando che «questo incontro ha un'ispirazione e un'impronta che lo rendono diverso da altri tradizionalmente rivolti, per iniziativa di singole forze politiche o di competenti istanze parlamentari, a porre in evidenza un tema di interesse più o meno rilevante o attuale perché esso da un lato nasce dalla sollecitazione di un movimento e di una personalità non riducibili agli schemi politici dominanti e dall'altro lato si concentra su una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile».
La non fluidissima prosa del Quirinale dice tre cose: la prima è che excusatio non petita accusatio manifesta, chiedendo scusa Napolitano ammette implicitamente di aver agito ai confini del suo ruolo; la seconda è che Pannella e i Radicali sono descritti come un unicum (positivo) del nostro panorama politico, loro sono puri, gli altri no; la terza è che la giustizia è una questione urgentissima, ma sembra di capire che un convegno sul tema - chessò - sul diritto alla vita del concepito, o sul disastro familiare della società dal divorzio facile, sia una faccenduola di nessunissima rilevanza, al quale il Presidente non andrà mai.
La presenza di Napolitano a quella convention dei Radicali - quanto meno inopportuna - diventa addirittura imbarazzante quando il Presidente della Repubblica promuove la beatificazione laica per direttissima di Giacinto Pannella: «La figura di Marco Pannella animatore di una lunga teoria di battaglie radicali nel Parlamento e nel paese ha sempre avuto un suo singolare timbro di assoluta autonomia da tutte le logiche di schieramento, di intransigenza morale e di forza mobilitatrice ben oltre i limiti del partito-raggruppamento di avanguardia da lui guidato».
Marco santo subito. Praticamente, un eroe senza macchia che si batte per la giustizia, tanto è vero che - prosegue il Presidente Napolitano - «il filo rosso delle battaglie radicali e' sempre stato essenzialmente quello dei diritti costituzionali e del progresso civile, in una visione non puramente formale e non reticente dei problemi e dei limiti della nostra democrazia».
Si potrebbe innanzitutto osservare che il nostro animatore di battaglie «di intransigenza morale» è ineleggibile al Parlamento italiano, poiché si porta dietro l'interdizione a candidarsi al parlamento essendo stato condannato con sentenza passata in giudicato per aver venduto droga in violazione della legge. Ma al di là di queste quisquilie, si resta basiti di fronte al giudizio di merito espresso da Napolitano nell'esercizio della sua funzione presidenziale. Ci sono infatti molti italiani che non pensano affatto che legalizzare l'aborto, che rendere divorziabile il matrimonio, che legalizzare l'eutanasia, che liberalizzare hashish e cocaina, siano "progressi civili" e "promozione dei diritti costituzionali". E questi italiani non possono sentirsi rappresentati da un Capo dello stato che va a casa dei radicali ad applaudirli proprio per queste famose "battaglie di civiltà".
In un Paese normale, abitato da cattolici normali, adesso si dovrebbero alzare in piedi un bel po' di persone, pronte a dichiarare pubblicamente che le parole di Giorgio Napolitano su Pannella e sui Radicali non rappresentano il Paese, ma solo una parte, ancorchè maggioritaria. Temiamo che, purtroppo, non succederà proprio niente.
Il convegno iniziato ieri e che oggi prosegue è dedicato alla giustizia, e Napolitano ha meritoriamente ricordato la necessità di mettere mano al gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri. Questa è, effettivamente, una battaglia di civiltà. Ma per combatterla non è necessario andare da Marco Pannella, né innalzare peana a una forza politica che ha un'idea piuttosto singolare della giustizia. I radicali dicono da sempre che la donna ha il diritto di scegliere la vita o la morte del proprio figlio: gente che ragiona così può impugnare a fronte alta il vessillo della giustizia? Cinque milioni di nascituri innocenti uccisi con l'aborto a norma di legge non sono proprio un bell'esempio di giustizia. Anche su questo "sovraffollamento" di povere vittime silenziose ci aspetteremmo, prima o poi, un bell'appello del Presidente della Repubblica.
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