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Volete un esempio di una campagna laicista col trucco contro il Vaticano basata sul nulla, cui abboccano decine di migliaia di sprovveduti "indignados" de "noantri"? Andate su Facebook e cercate il sito "Vaticano paga tu la manovra fiscale". Troverete migliaia di cliccatori furenti convinti che la colpa della Manovra sia della Chiesa e del Vaticano, o quantomeno che la Santa Sede, navigando nell'oro, non faccia nulla per aiutare i contribuenti italiani. Proprio così.
Se si vuole un esempio di provocazione laicista all'insegno dell'oscurantismo e della "disinformatia", allora si può prendere quella allestita contro l'esenzione dell'Ici, la tassa sugli immobili, da parte degli istituti ecclesiastici dediti alle attività religiose, culturali e assistenziali.
L'hanno messa in piedi i soliti radicali, seguiti a ruota da qualche politico socialista e qualche agit-prop di Rifondazione comunista, ampiamente seguiti dalla stampa laica e di sinistra. C'è anche un manipolo di opinionisti satirici che di fronte alle iniquità della Manovra anziché dirigere la propria penna acuminata sugli evasori fiscali, (il cardinale Bagnasco ha definito le cifre degli evasori "impressionanti"), preferiscono entrare a piedi uniti sulla Chiesa cattolica, in nome di presunti benefici e inesistenti privilegi da abolire.
Come abbiamo detto c'è perfino un sito su Facebook che raccoglie migliaia di sprovveduti adepti che hanno abboccato all'esca del "tutti paghino le tasse, anche il Vaticano". Peccato che l'esenzione dell'Ici sia riservata solo per gli immobili nei quali gli enti commerciali (anche laici) svolgono alcune specifiche attività, come recita la legge 222/1985. Enti "destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative o sportive, nonché delle attività di religione o di culto".
Se una parrocchia, poniamo, possiede una pensione, una trattoria, un negozio o una libreria, paga l'Ici fino all'ultimo centesimo, anche se i suoi utili vengono reinvestiti a fin di bene. La pretestuosa campagna laicista che sta sollevando un gran polverone al grido di "stop ai privilegi del Vaticano" sta quindi aggredendo quel poco di protezione sociale che è rimasta in piedi in Italia: ospedali, scuole per l'infanzia, oratori, doposcuola per i bambini indigenti, asili, mense dei poveri, centri di accoglienza, dispensari della Caritas, case famiglia, consultori, istituti per giovani madri. Stesso discorso per l'abbattimento del 50% dell'Ires (l'imposta sui redditi societari) riservata solo agli enti ecclesiastici assistenziali o di beneficenza. Complimenti, amici laicisti.
Essendo stato compromesso attraverso i tagli agli sgravi fiscali tutto il Welfare pubblico della famiglia (rette per l'istruzione, spese mediche e assistenziali e via dicendo) e avendo gli enti locali difficoltà ad erogare i servizi primari (assistenza ai disabili e agli anziani, asili nido, trasporti, mense , centri di accoglienza), si cerca di compromettere anche l'ultima rete di protezione sociale rimasta, quella di cui si fa carico la Chiesa. Una logica così spietata o così "tafazista" che un laico serio non potrebbe mai concepire.
Tafazi era quello splendido personaggio in calzamaglia del repertorio di Aldo Giovanni e Giacomo che si martellava in quel posto con una bottiglia. Splendido simbolo del carattere autolesionista degli italiani. Anche il più mangiapreti, anche il più libertino, anche il più devoto degli adepti alla dea Ragione infatti sa che qualsiasi polemica, per quanto aspra e provocatoria, deve infatti avere come orizzonte il bene della collettività.
Si è poi ironizzato sulle esigenze di di culto, che non riguardano solo la Chiesa cattolica nel caso dell'esenzione ma anche le altre religioni (la norma infatti non è costruita ad hoc per le istituzioni cattoliche ma riguarda tutte le attività non commerciali di rilevante valore sociale). Su questo bastano le parole del presidente di Assoedilizia Colombo Clerici, il quale ha spiegato che "la spiritualità religiosa è considerata una componente fondamentale della natura umana", risponde in sé al requisito dell'interesse collettivo e quindi "al pari della salute, della cultura, del benessere, deve essere assicurato e garantito al cittadino dallo Stato". E dunque se lo Stato tassasse un ospedale della Chiesa sarebbe come se mettesse un'imposta sui suoi ospedali: un'assurda e folle partita di giro.
Meditate, amici laicisti e un po' tafazisti, meditate. Prendetevela con la chiesa adorante dei "fedeli del nero", del mancato scontrino e della fattura che non c'è, che la Chiesa ha sempre denunciato (perché il cristiano è anche un contribuente galantuomo che dà a Cesare quel che è di Cesare). Non guardate il dito che indica la luna. Guardate la luna.
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