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Nato nel 1918 da padre napoletano e madre piemontese, Oscar Luigi Scalfaro è morto il 29 gennaio all'età di 93 anni, dopo avere ricoperto le principali cariche istituzionali della Repubblica.
Studiò giurisprudenza e divenne magistrato giurando fedeltà allo Stato nel 1943, quando il fascismo stava uscendo di scena, ma ebbe ancora a che fare con i fascisti in quanto coinvolto come giudice in alcuni dei processi che portarono alla condanna a morte di molti, ritenuti ex fascisti; processi che lui stesso riterrà molti anni più tardi inquinati dal clima di odio ideologico nel quale si svolsero.
Tuttavia, già nel 1946 lascia la Magistratura per approdare in Parlamento alle elezioni per la Assemblea Costituente nelle fila della Dc, dove approda da cattolico militante nell'Azione Cattolica, alla quale si era iscritto a soli dodici anni.
Nel partito occuperà sempre posizioni di destra, appartenendo alla corrente di Mario Scelba prima e poi opponendosi con molti altri democristiani alla politica di centro-sinistra e a quella del compromesso storico, rispettivamente negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Ciò lo portò a diventare ministro nell'epoca dei governi guidati da Bettino Craxi, nella stagione successiva al fallimento del compromesso storico, negli anni Ottanta.
Eletto Presidente della Camera nel 1992, vi rimase solo un mese per diventare Capo dello Stato, eletto al sedicesimo scrutinio, il 25 maggio. Si era alla fine della Prima Repubblica e iniziava il disfacimento dei principali partiti per via giudiziaria, ma propiziato dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989. Inizierà durante il suo settennato una nuova fase politica segnata dal cambio di sistema elettorale da proporzionale a parzialmente maggioritario e dalla vittoria elettorale della coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi nelle elezioni del 1994.
La sua Presidenza sarà segnata dal rifiuto opposto al Presidente del Consiglio Berlusconi di andare al voto anticipato dopo che alcune forze politiche alleate fecero cadere il governo pochi mesi dopo la vittoria elettorale. Scalfaro usò le prerogative costituzionali che gli permettevano di favorire la nascita di un nuovo governo, ma così inaugurò un lungo periodo di contrapposizione della Presidenza della Repubblica con le forze politiche di centro-destra che fece dire a molti che il Capo dello Stato parteggiava apertamente per una parte politica. E infatti, dopo la fine del suo mandato, Scalfaro entrò nel Partito Democratico e si impegnò pubblicamente nei vari comitati in difesa della Costituzione, sorti per opporsi ai progetti di revisione costituzionale proposti, anche se non attuati, nelle fila del centro-destra.
La sua parabola politica, iniziata e confermata a lungo nel centro-destra, seppure internamente alla Dc, e poi approdata nel centro-sinistra, è emblematica per spiegare una certa declinazione del cattolicesimo in politica. Scalfaro infatti si ritenne sempre un cattolico in politica, col suo distintivo dell'Aci sempre visibile, con il suo impegno religioso mai nascosto. Tuttavia, il cristianesimo non doveva, e non voleva, influenzare la cultura politica e possibilmente le stesse istituzioni. Lo disse chiaramente in una intervista dove confermò che una legge dello Stato doveva essere accettata non soltanto di fatto, ma anche promossa, sebbene contraria al diritto naturale. (*) La sua cultura politica spiega come mai tanti ministri Dc firmarono la legge 194 sull'aborto oppure il perché Romano Prodi andò a votare nel referendum sulla legge 40, probabilmente sentendosi coerenti con la loro cultura politica.
Emblematico l'episodio che verrà ricordato in questi giorni da molti, quando nel 1950 apostrofò pubblicamente in un ristorante una signora che aveva le spalle scoperte, accusandola di immoralità. Ne nacque un processo, e la sfida a duello da parte del marito della signora, che Scalfaro rifiutò. Ma quello che oggi a noi importa è il modello di cattolicesimo espresso dall'uomo pubblico, moralista nelle circostanze della vita privata, e acquiescente al volere della maggioranza, sempre e comunque, nella vita pubblica. Me lo disse una volta Luigi Gedda, parlandomi del tipo democristiano con cui ebbe spesso a scontrarsi: per lui, mi spiegava, la democrazia conta più della verità.
Oggi Scalfaro è arrivato al traguardo della vita, e queste considerazioni sono importanti soltanto per noi che siamo ancora sulla terra. A lui, adesso, è giusto riservare soprattutto una preghiera.
(*) Intervistato da Vittorio Messori (Inchiesta sul cristianesimo, SEI, Torino, 1987, p. 218) a proposito dell'atteggiamento avuto dalla DC di fronte alla legge sull'aborto, Scalfaro rispose: «Era un atto dovuto. Il mio partito poteva solo opporsi nella discussione in parlamento e poi opporsi nella votazione. Il che è stato fatto. Poi, la maggioranza si è espressa, ed era quel che era. A quel punto, Presidente della repubblica, Presidente del consiglio, ministri competenti non potevano far altro vhe firmare: un atto dovuto...».
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