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Tutti i sostenitori di una religiosità "modernista" e innocua, tutti i laicisti e cattolici "adulti" che vorrebbero la Chiesa finalmente ridotta a dispensatrice di un ecumenico moralismo buono per tutti gli usi, sembravano convinti che questa fosse davvero la volta buona. La visita del papa a Milano appariva loro come la grande occasione per dipingere papa Benedetto XVI in toni quanto mai dimessi e strettamente confinati entro i confini di un'etica "buonista", imperniata su un più o meno universalizzabile solidarismo.
Le grandi corazzate dell'informazione – con in testa il "Corriere della Sera" - avevano preparato con cura il terreno all'operazione, dipingendo un Pontefice profondamente provato dallo scandalo della fuga di notizie riservate e dai drammatici contrasti sullo Ior, e presentando la trasferta milanese, e la celebrazione del VII Incontro mondiale delle famiglie, come una sorta di omaggio alla tradizione "sociale" della Chiesa ambrosiana, simboleggiata dal colloquio programmato dallo stesso Pontefice con gli ex arcivescovi Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi.
Un'operazione che ha trovato il suo culmine nella pomposa "copertina" del "Corriere" di domenica 3 giugno, avvolto da un serioso pistolotto di Claudio Magris su Famiglia, teatro del mondo, animato da un evidente tentativo di relativizzare l'interesse della Chiesa per il tema in un contesto più ampio di relazioni umane.
E invece, ancora una volta, papa Ratzinger ha preso in contropiede il conformismo fariseistico desideroso di "normalizzare" il cristianesimo omologandolo alle opinioni dominanti nelle élites socio-culturali occidentali e italiane. In tutti gli interventi pubblici tenuti in questi giorni nel capoluogo lombardo, infatti, Benedetto XVI non ha fatto che ribadire tenacemente, con tono mite ma fermissimo, i capisaldi della dottrina cattolica sulle grandi questioni della vita umana, della sessualità, della famiglia: idee incompatibili con qualsiasi banalizzazione, e al contrario estremamente controverse, ma fondamentali, per chi eventualmente tendesse a dimenticarsene, nella concezione cattolica della società imperniata sulla dignità della persona umana.
In tal senso, e richiamandosi allo storico discorso tenuto qualche mese fa davanti al parlamento tedesco, davanti alle autorità politiche lombarde il Pontefice ha ricordato quanto sia fragile ed incoerente una democrazia fondata su una concezione di puro "positivismo" giuridico, svincolata da una concezione etica dell'essere umano. E come viceversa un regime di libertà, non confessionale ma laico, in cui "nessun uomo è padrone di un altro uomo", sia tale soltanto quando le leggi trovino "giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana".
E' da questo necessario legame, non da una posizione "oscurantista" o antimoderna sui diritti individuali, che deriva la netta, inequivocabile opposizione della Chiesa, ancora una volta sottolineata dal papa, a qualsiasi legge che consenta la "deliberata soppressione" della vita degli individui più deboli, cioè l'aborto e l'eutanasia. E parimenti deriva la pressante richiesta, da parte di quest'ultima, che "la legislazione e l'opera delle istituzioni statuali" siano "al servizio della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita", e debbano riconoscere "il diritto primario dei genitori alla libera educazione dei figli".
Nell'incontro con le famiglie tenutosi a Bresso, poi, davanti a circa un milione di persone provenienti da tutto il mondo, Benedetto XVI il giorno dopo ha solennemente riaffermato che la famiglia della quale la Chiesa parla è quella costituita dall'uomo e dalla donna, perché "Dio ha creato l'essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche".
Si tratta, si è detto, di punti inequivocabili, e organicamente connessi in una concezione del mondo sociale che considera la libertà e i diritti soggettivi privi di significato sul piano di individui isolati da loro, e organicamente connessi invece alle cellule naturali in cui la società si articola: a partire da quella primaria in cui maschio e femmina si uniscono in un nucleo che può produrre carità e solidarietà soltanto in quanto è aperto alla fecondità generatrice, base per la formazione degli individui che verranno.
Del rapporto mai rinnegato tra l'idea della legge naturale e i fondamenti della democrazia liberale nella dottrina cattolica dovrebbero ricordarsi tutti quei liberal-progressisti laici e sedicenti cattolici che sostengono l'equivalenza tra la nozione di libertà e quella di "autodeterminazione" individuale, incuranti della profonda aporeticità di questo concetto quando i diritti soggettivi individuali entrano, appunto, nella sfera del potere esercitato su altri individui, soprattutto i più indifesi.
E dovrebbero ricordarsene, parimenti, tutti coloro i quali si dichiarano liberali o conservatori, in politica e in economia, ma rifiutano di fare i conti con la posizione cattolica – ultimamente ribadita da Benedetto XVI nell'enciclica Caritas in veritate – secondo cui l'economia di mercato e la coesione sociale non possono avere un futuro in una condizione di denatalizzazione, di disintegrazione familiare e di disfacimento dei legami comunitari. Si può, naturalmente, essere d'accordo con una tale visione del mondo o dissentire da essa. Non ci si può però esimere dal confrontarsi con essa per quello che è, riconoscendone la coerenza ed eventualmente tentando di contrapporre ad essa posizioni altrettanto logicamente coerenti.
Ciò che non si dovrebbe assolutamente fare, comunque, è darne una versione edulcorata, all'interno della quale poi fatalmente l'intransigenza su determinati princìpi, quando è talmente evidente da non poter essere negata, finisca con l'apparire come un immotivato, arbitrario irrigidimento, il rifiuto ostinato di un "progresso" destinato e ineluttabile.
Ma non a caso è proprio questo che la cultura dominante progressista/laicista/politically correct, con le sue appendici di para-cattolicesimo relativista all'acqua di rose, sta già cercando di fare ancora una volta: occultando e diluendo la carica dirompente, anticonformista, corrosiva delle affermazioni del Pontefice, e cercando di avvalorare suoi presunti cedimenti rispetto alle istanze "moderniste".
Basta guardare a come i maggiori organi d'informazione italiani riportano notizia del discorso tenuto dal papa al grande raduno di Bresso: la ferma posizione sulla famiglia formata da maschio e femmina passa pudicamente in secondo piano, e i tioli principali parlano invece di una presunta apertura verso i divorziati risposati. Laddove, se si legge il testo, appare evidente che Benedetto XVI esprime sì grande sostegno ed accoglienza verso coloro che "pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione", ma non si sogna minimamente di attenuare le posizioni della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio, o di prefigurare una sorta di "condono" generalizzato a chi quella indissolubilità ha infranto.
Né chiaramente mai potrebbe, perché un'inversione di tendenza su questo punto sarebbe, appunto, incompatibile proprio con quella visione della società in cui l'essenza naturale della cellula familiare gioca un ruolo costitutivo e costruttivo. In una logica per cui, come egli stesso scriveva nella Caritas in veritate, citata nel discorso di sabato alle autorità civili, "la 'città dell'uomo' non è promossa solo da rapporti di diritti e doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione".
Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video con l'omelia che il Santo Padre ha tenuto nella Santa Messa a conclusione del 7° Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano
http://www.youtube.com/watch?v=WL8n-FyuAZw
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