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Adesso che ci penso, che sia io a dare consigli su come dire agli uomini di sposarsi è poco credibile, ma ormai è tardi per dirlo alla casa editrice. Non so come fare, a questo punto.
Dovrei svelare che io al mio, di marito, ho teso una sorta di agguato, organizzandogli un matrimonio distratto, un po' sottinteso. È vero, gli ho dato appuntamento in una chiesetta e, sì, è vero, avevamo fatto il corso prematrimoniale. Forse lui avrebbe potuto anche sospettare qualcosa, ma per il resto – invitati, lista, vestiti, viaggio – ho scelto un profilo così basso (per dire, le bomboniere le ha cotte in forno mia sorella) che era difficile mettersi in agitazione.
Quella mattina, tra pochissime persone, ho cominciato facendo la vaga, a porgli domande tipo "vuoi andare a sciare? vuoi che Jeff Buckley abbia il posto che si merita nella storia della musica? vuoi tu prendermi in sposa? vuoi che la Roma vinca lo scudetto?" "sì ok lo voglio…qual era la penultima che hai detto?".
Ho consultato un mio amico docente di diritto canonico e dice che comunque è valido. Da allora la grazia del sacramento è deflagrata nella nostra vita, facendo nuove tutte le cose.
Già, perché il sacramento ha una potenza che noi non possiamo neanche immaginare, a volte segreta e nascosta; può agire in un modo che forse solo quando avremo raggiunto la nostra patria eterna capiremo, un modo potentissimo che però ha bisogno di partire dal sì della nostra libertà. Il nostro sì può essere anche timido, tentennante, la nostra scelta può anche essere fatta con una coscienza ridicola, ma Dio non scherza mai. E poi, più noi agiamo da persone serie con lui, più lui è serio con noi, e ci risponde con una prontezza sconvolgente, senza mai farsi battere in generosità.
Se la gente sapesse, davanti alle chiese ci sarebbe la fila di persone che chiedono di sposarsi, altro che numero dei matrimoni in caduta libera. Invece conosco tantissime donne – e dico donne perché stava a noi, prima che ci perdessimo, custodire la chiamata dell'uomo all'amore – zitelle (rifiuto la parola single) o pluridivorziate che hanno bruciato la loro vita e il loro amore dietro chiacchiere psicologoidi e modernoidi, cose tipo trovare se stessi, seguire il proprio istinto, guarirsi le ferite, lasciarsi guidare dai segni, dal destino e quelle cose col karma di cui non capisco un tubo: tutto ovviamente facendo a meno di Dio, che sarebbe l'unico che queste cose – guarirci, realizzarci, trovarci – le potrebbe fare per noi. Da quando invece le scienze umane hanno preso la follia generale come punto di partenza, come fisiologico su cui costruire e progettare la persona standard, come hardware su cui configurare il sistema operativo della società è iniziato il declino accelerato della nostra civiltà nel suo insieme.
In particolare in tutti i luoghi e i modi e i momenti possibili – mi sembra che sia questa la battaglia del secolo – si cerca di negare che il matrimonio tra un uomo e una donna (o la vita consacrata, che è un modo ancora più intimo e profondo di sposare qualcuno) corrisponda al desiderio profondo del cuore umano: tutti cominciano una storia pensando che sarà per sempre, e che la simbiosi provata in certi momenti possa, debba durare per sempre.
Il fatto è che nel matrimonio si parte, si dovrebbe partire, dalla domanda "chi sono io, chi è l'uomo", per arrivare – chi prima, chi anche dopo molti anni di matrimonio – a capire che lo sposo è solo umano e non sarà in grado di soddisfarti pienamente. "Non sono io – scrive C.S. Lewis – io sono solo un promemoria. Guarda. Guarda. Cosa ti ricordo?"
Allora il matrimonio diventa un'elettrizzante avventura verso l'eterno, del quale l'altro è promemoria con la sua bellezza, la via che Dio ha scelto per prendersi cura di te, per amarti, ma anche per farti attraversare quel mistero che riguarda la vita di ognuno, la croce. La croce è il segno di ogni chiamata, anche di quella matrimoniale, perché l'amore è anche un lutto, un disgusto, una delusione, una indifferenza, una fatica e una pesantezza abbracciati.
Il problema è: come convincere un uomo della grandezza della scelta del matrimonio, come farlo innamorare dell'idea di morire per qualcosa di così poco eroico?
Perché le donne questo desiderio di stabilità, se non lo soffocano sotto pile di giornali e film infarciti di ideologia dell'indipendenza femminista, lo riconoscono più facilmente in sé. Per dire, Michelle Pfeiffer, che vuole trovarsi accanto Robert Redford al suo risveglio, quando lui risponde "Finora mi ci hai sempre trovato, anche se non so come hai fatto.", replica: "Sì, ma ho bisogno di sapere che ti ci devi far trovare per legge". Qualcuno sosterrà che l'esempio non fa testo, perché, siamo seri, chi non direbbe una cosa del genere a Robert Redford?
Il problema, Robert o no, è che un uomo può essere pronto a dare la vita, preferibilmente tutta insieme, per un ideale, una guerra, una squadra al limite, ma convincerlo a morire piano piano è difficile. Difficile fargli vedere l'eroismo, la grandezza, l'anticonformismo di decidere di lottare per la sua famiglia, di salvare il mondo una pratica alla volta, come Mister Incredibile che si mette a fare il liquidatore di assicurazioni, di morire per una moglie umana, umanissima (o anche subumana, quando, per dire, tenta di prelevare dal bancomat con la tessera della profumeria, o gli fa una telefonata transoceanica da sotto al divano per dirgli che c'è un pipistrello in casa. E comunque era una falena).
Quanto alle donne, devono sempre verificare se, tante volte, ne possano (o ne avrebbero potuto) trovare uno un po' più. Segue elenco di aggettivi a scelta. Profondo, nobile, spiritualmente elevato ma anche aitante, brillante, bello, ricco ma nobilmente disinteressato al denaro, fine psicologo, filosofo ma anche un po' idraulico, stabile e calmo ma deciso all'occorrenza, fine conoscitore della Bibbia, possibilmente dei testi almeno almeno in latino, ma anche della più vivace leva registica contemporanea, sportivo, capace di ascoltare, rude ma innamorato, ordinato ma creativo, un po' gastroenterologo ma non ipocondriaco, amante della letteratura e dell'arte ma pratico, falegname e filologo, in grado di ricordare date e particolari dei primi appuntamenti ma fieramente concreto, capace di sbrigare le faccende domestiche ma anche di fare le tracce per l'impianto elettrico, accudente coi figli ma autorevole.
La donna deve fare un cammino di conversione non dico per pretendere di meno, ma per valorizzare quello che c'è, imparando a partire dal reale. L'uomo invece al contrario fa fatica a volare un po' più alto. A vedere la bellezza e la grandezza della sua chiamata. [...]
Difficile trovare chi esalta la famiglia come un gioco per veri duri, una sfida fantastica e avvincente dove è obbligatorio, tra le altre cose, continuare a sedursi e ridere tantissimo, anche quando si fa fatica. Perché la fatica si fa, ma l'amore ha una sola misura: quello a cui si è pronti a rinunciare. [...]
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