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Qualche giorno fa mia figlia si è trovata a fare i conti con il primo dieci e lode della sua neonata carriera scolastica, immagino conseguito grazie alla sua simpatia, vista la capacità scrittoria non esattamente da amanuense.
- "Mamma, che vuol dire dieci e lode?"
- "Be', vuol dire che hai fatto le cose bene, ma proprio bene, senza sbagliare niente, e che per questo la maestra ti fa anche tanti complimenti, come se ti desse un bacio."
- "Tu sei media e lode, mamma."
Dopo un'iniziale esitazione, ho concluso che era proprio un gran complimento. Anzi, magari fossi davvero media e lode. Media e lode, mi ha spiegato Lavinia, è quando fai le cose normali, e le fai in modo normale. Un po' sbagli, che c'entra, mica è un dieci. Però poi ti danno un bacio lo stesso.
Essere normale è una cosa bellissima, se uno sa di essere amato da un Padre misericordioso, che, come dice Lavinia "ti dà un bacio lo stesso". Anzi, uno che se le cose le fai un po' meno che normali, se sei proprio tu quella pecora su novantanove che si sta perdendo ti viene a cercare, lasciando per un po' le altre da sole.
Ma la "normale e lode" di solito non è quella che si perde, è una pecora che se ne sta al suo posto, bruca e produce onestamente latte e lana. È fedele al suo piccolo quotidiano, alla sua mediocrità che nasconde invece il tesoro segreto: la fedeltà alla nostra realtà, in silenzio, con amore. Fedeltà a una realtà comprendente fatica, scocciature spigoli e varie scabrosità.
Qualcuno – raramente, però – è chiamato a fare grandi cose, i più invece a essere semplicemente, anonimamente fedeli. Qualcuno si ispira a Superman, qualcuno invece al Normalman di Greg e Lillo, quello che a un certo punto, in soli ventisette minuti e dodici, dismette i jeans e infila il costume da supereroe in lycra ma gli si incastra la chiusura a lampo, qualcuno per cui l'eroismo non è poi così impervio, aiutare la vecchietta a prendere il fustino dal ripiano troppo alto, o ad attraversare la strada. Secondo me è già qualcosa. Siccome io sono normale e lode, mi sembra già abbastanza stare bene al proprio posto di combattimento.
Quello che conta, infatti, è fare le cose con amore, perché si è stati ricolmati dall'amore di Dio (questo è il punto, questo è il fondamento). E questa trasfigurazione deve essere profonda, interiore. Solo in pochi casi ci chiama a fare cose eclatanti.
Tante volte quando qualcuno incontra, o meglio, comincia a sentire, a intuire il profumo di Dio, parte lancia in resta per tutta una serie di impegni che io per capirmi con me stessa (ogni tanto in me coabitano diverse squinternate che faticano a dialogare) chiamo "le cose col bollino cattolico": impegni, incontri, testimonianze, gruppi, raccolte benefiche, addirittura lotterie, spettacolini e varie iniziative di beneficenza nei casi più gravi. Un modo di cercare stimoli, o di vedersi riconosciuti dal gruppo – questo tante volte ci muove più di quanto vogliamo ammettere – che però non sempre ha molto a che fare con l'amore libero, maturo e adulto che ci viene chiesto. Cose buone, ma non essenziali, non imprescindibili tanto quanto stare con amore al proprio posto di combattimento, con gli occhi aperti a vedere le necessità del fratello nel nostro ordinario, responsabili di chi ci viene affidato, sperando di prendere alla fine della giornata un bel normale e lode.
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