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La storia è avvincente. Nel contesto della guerra civile spagnola il giovane Josemaría Escrivá, si forma, cresce e fonda l'Opus Dei. Il regista e gli attori sono di grande qualità e professionalità. Costumi e sceneggiatura eccellenti, ma in Italia il film non verrà distribuito nelle sale. [...]
Robert è un giornalista incaricato dalla sua testata di scrivere un articolo su Josemaría Escrivá la cui beatificazione è prossima. Arrivato a Madrid, cerca di contattare suo padre Manolo che non vede da anni. Questi, prima riluttante, decide di raccontare al figlio la sua storia, che fu strettamente connessa con quella di S. Escrivá: trascorsero una serena giovinezza assieme, ma poi la guerra civile separò i loro destini...
La figura di San Escrivá giovane emerge con le sue difficoltà umane ma anche con tutta la potenza della sua fede con la quale riesce ad affrontare il periodo buio della guerra civile spagnola e a dare serenità e speranza a chi gli è vicino
La bravura del regista Ronad Joffé consente di mantenere alto l'interesse lungo tutta la narrazione di una storia ricca e densa di contenuti. [...] Come nei suoi precedenti film, affianca a Josemaría un personaggio di contrasto, Manolo, un immaginario amico d'infanzia che ben presto sceglie strade diverse: nel suo animo tormentato si addensano spirito di vendetta, gelosia e l'atteggiamento cinico di chi non trova nella vita nessun senso se non la ricerca del proprio tornaconto.
Nel 1936 Josemaría aveva 34 anni e Joffré non si limita a schizzare in brevi quadri le peripezie di questo giovane sacerdote e dei suoi primi seguaci (la difficile vita in una Madrid sotto la minaccia dei rastrellamenti dei repubblicani, la prima approvazione dell'Opus Dei, la lunga marcia attraverso i Pirenei per passare nella zona nazionalista) ma pur considerandosi un agnostico, l'autore ha compreso molto bene la fede che ha sostenuto Josemaría in quegli anni e man mano che il racconto progredisce, cresce in profondità fino ad abbracciare tematiche universali: il significato del perdono, il potere lacerante dell'odio e della vendetta, il senso del male che colpisce anche gli innocenti, i segni con cui cogliere la provvidenza divina, il dialogo fra religioni diverse, la vocazione sacerdotale, la vocazione alla santità dei laici.
Il film affronta tutti questi temi senza cercar di proporre, come spesso capita in molti film contemporanei, una saggia, umana filosofia di vita, ma pone al centro del problema il rapporto fra l'uomo e Dio e va a cogliere direttamente il senso soprannaturale con cui vanno affrontati i grandi momenti della storia come le piccole scelte quotidiane.
In una sequenza drammatica, di fronte alle violenze che colpiscono sacerdoti e persone innocenti nella Madrid del 1936, i giovani che accompagnano Escrivá ritengono che sia necessario reagire, armandosi e organizzando una forma di crociata. Josemaría ricorda loro che la rivoluzione che compie un cristiano è prima di tutto quella interiore: non ci può essere odio fra di noi perché siamo tutti figli di Dio, anche i nostri nemici; bisogna essere operatori di pace e pregare anche per chi ha torto.
Un altro tema portante che attraversa tutto il film è quello del perdono: lo ricorda il direttore del seminario dopo un litigio che vede coinvolti Josemaría e Manolo: "La negazione del perdono è l'unica cosa che non ci verrà perdonata". E' il perdono che riunisce alla fine del film Manolo con suo figlio sul letto di morte, dopo anni di indifferenza reciproca e lo unisce idealmente anche a Josemaría (morto anni prima) che non aveva mai cessato di pregare per lui e scrivergli regolarmente.
Il silenzio di Dio, il senso imperscrutabile del dolore che colpisce anche gli innocenti viene affrontato più volte in diverse circostanze del film: da Josemaría bambino, che dopo la morte della sua terza sorellina, chiede alla madre se ha ora iniziato a odiare Dio; alla ragazza che ha subito violenza e che si domanda se Dio non sia un mostro, ma che poi decide di rispondere con più amore e più preghiere. Spetta però alla tata di Josemaría (una simpatica Geraldine Chaplin) cercare di cogliere il senso alla provvidenza divina: "la vita è come un filo di uno di quei ricami intrecciato con altri fili. Tenuti insieme nello spazio e nel tempo. E' difficile intuire il modello che Dio sta ricamando prima che sia finito".
Joffé prende questa come altre frasi dalla ricca biografia di S. Escrivá, ma le rielabora creativamente all'interno della sua costruzione concedendosi anche qualche comprensibile variante: il padre di Josemaría era un commerciante di stoffe, ma nel film diventa il proprietario di una fabbrica di cioccolato: in questo modo la trasformazione di un chicco in una preziosa tavoletta di cioccolato grazie all' abilità e al duro lavoro dei lavoranti diventa la metafora di un percorso di santificazione tramite le attività ben fatte di una vita ordinaria.
E' proprio grazie alla approfondita comprensione che Joffè ha raggiunto della figura del santo e alla felice interpretazione di Carlies Cox che il personaggio Josemaría risulta particolarmente ben riuscito. [...]
Il film si sviluppa per due ore ma l'abilità di Joffé di lavorare fra passato e presente più storie in parallelo riesce a conservare alta l'attenzione dello spettatore fino alla fine anche se il suo contenuto è così denso che è facile arrivare a percepire la necessità di vederlo una seconda volta. [...]
Nota di BastaBugie: per vedere il trailer e altre informazioni, clicca qui
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=38
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