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Gentile redazione di BastaBugie,
per quattro mesi ho lavorato ad una presentazione di metodologia sull'aborto, tema scelto da me perché molto interessata a queste tematiche sociali, a fine maggio però quando ho avuto l'occasione di presentarla alla professoressa sono stata criticata in tutto e per tutto, la professoressa mi ha dato dell'ignorante perché tutto quello che avevo scritto secondo lei era falso poiché siamo in un paese civile dove gli aborti vengono eseguiti raramente e tutti con la pillola abortiva e dove le donne che perdono il loro bambino involontariamente superano subito il trauma e quando lo perdono neanche se ne accorgono.
Ha criticato tutto, dalla legge 194 che secondo lei avevo inventato, alla tematica dell'aborto in USA e Inghilterra anche quella inventata secondo lei, per me la presentazione era davvero fatta bene, ci avevo messo il cuore e parlare di come le donne vengono "ingannate" in America per me era molto importante, vi riporto qui alcuni brani tratti dalla mia presentazione che riguardano questo argomento:
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Spero che più persone possibili leggano queste righe e aprano gli occhi di fronte alla realtà invece di continuare a negarla come la mia professoressa.
La presentazione intera è visionabile sul sito http://www.slideshare.net/martiamo/mai-nata-linterruzione-di-gravidanza
Vi ringrazio per l'attenzione.
Martina Amodio
Cara Martina,
grazie per questo tuo scritto che - non dubitare - sarà visibile e accessibile a tutti su BastaBugie.
Purtroppo molte persone, per diversi motivi, trattano ancora il tema dell'aborto come fosse una pure teoria, svincolata dalla realtà che li circonda e che li riguarda. Di solito, si dovrebbe comprendere facilmente quando vale la pena discutere di temi come questo e quando invece è molto meglio evitare o troncare il discorso sul nascere, evitando quindi di arrivare a dei vicoli ciechi.
Non ho mai sentito una donna dire: "Aspetto un embrione". Per quanto inaspettato o addirittura indesiderato, diciamo: "Aspetto un figlio". Si chiama figlio. Ovvero la prima parola con cui noi esseri umani veniamo indicati da chi ci ha concepito. Prima ancora del nome proprio. La prima parola. La parola dell'inizio umano. Non si dice "aspetto una cosa", ma "aspetto qualcuno". Non ho mai sentito una donna dire diversamente. Perché l'esperienza, quel che dovrebbe guidare la ragione, indica con chiarezza fin nelle parole di cosa si tratta.
Nell'inizio c'è tutto. In ogni inizio c'è in nuce tutto quel che si svilupperà da quel seme. Avviene così per le piante, per gli uomini. Avviene così anche per i personaggi teatrali o cinematografici. Quando appare Amleto sulla scena o quando compaiono certi attori di memorabili interpretazioni, nella prima battuta o gesto è contenuto tutto lo sviluppo del personaggio. Per questo l'inizio è delicato e importante. C'è in gioco già tutto.
Per questo non tutelare l'inizio non è solo una spaventosa dimenticanza di qualcosa, anzi, di qualcuno che già c'è, che già entra in scena, ma una amputazione di futuro. Nel negare diritto di esistenza all'inizio, si compie una negazione di ogni diritto successivo. Il diritto all'inizio è l'inizio dei diritti. La violenza, come insegna la storia, inizia nelle parole. Nel cambiare il nome alle persone. Le menzogne antropologiche agiscono sul linguaggio, cioè sulla conoscenza. Lo chiamiamo figlio, e in questa parola dolce e tremenda, come primo nido tremante dell'esistere, nascono tutti i diritti. A un figlio – addirittura – siamo disposti a riconoscere più diritti del necessario, di solito. Perché è il futuro, perché è fragile, perché lo amiamo più di noi stessi.
E invece se lo chiamiamo in un altro modo? Il diritto all'inizio è nido, paglia, abbeveratoio, radice e bacio di tutti gli altri diritti. Affermare questa cosa che oggi sembra rivoluzionaria è affermare un principio di realtà. Affermare una esistenza, una entrata in scena che merita attenzione almeno come e quanto i problemi che può portare con sé. Essendo una battaglia per l'inizio di tutti i diritti non è una battaglia contro nessun altro autentico diritto. Anzi diventa la affermazione che li fonda tutti, altrimenti sarebbero affermati – come ora avviene spesso – su un grande vuoto, su una tremenda ombra. Perciò l'affermazione che è uno di noi è linfa vitale per ogni vera passione per tutti i reali diritti.
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