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Sono sicura che Dio salverà delle anime, chissà quali, per un guizzo di bene, per uno sguardo rivolto a lui, per un momento di umiltà. Sono certa che lui sappia raccogliere da terra le nostre briciole di bene, che non ne sprechi nessuna. Sono certissima che sappia farlo molto più di noi.
L’altra sera persino io, per dire, (che comunque sono nel mio piccolo a sua immagine e somiglianza) ho provato un moto di tenerezza – figuriamoci quanta ne ha provata Lui! – per Scalfari, ascoltando le sue risposte all’intervista di Lilli Gruber. (n.b. Ascoltando è una parola grossa: stavo dando la cena ai ragazzi, e, con una deroga alla regola della tv spenta, mi sono comprata il loro silenzio dicendo alcuni sì a caso alle loro richieste. Credo che si siano mangiati sei gelati a testa).
Comunque, per quel che mi è stato dato di sentire, ho potuto cogliere la grande padronanza e la visione di insieme del vecchio osservatore – non tanto esterno – di tutta la vita politica e sociale italiana degli ultimi decenni.
Ma quando si è arrivati al tema della fede, la mancanza dei fondamentali del grande Eugenio mi si è palesata in tutta la sua evidenza: si capiva benissimo che stava parlando un linguaggio non suo, che attraversava con passo insicuro terreni mai solcati, o abbandonati da tanto tempo, incolti, irti per lui di pericoli. Niente di male, si intenda: io avrei la stessa poca padronanza, la stessa insicurezza nell’esprimermi, la stessa visione elementare se mi trovassi a parlare praticamente di tutti gli argomenti dello scibile umano. Solo che in bocca a un uomo così scaltro, potente, sicuro in altri campi, quella poca sapienza suonava strana.
È poi c’è stato il momento in cui ho provato tenerezza, lo ammetto. Quando il fondatore del giornale che tutti conosciamo (inserire qui aggettivi a scelta, siete soli davanti al computer, potete farlo) ha detto: “ma io sono innamorato!! Sono innamorato di Gesù! Un uomo grandissimo, straordinario!”, ecco, in quel momento ho visto con tenerezza tutta la fragilità di un uomo molto avanti con gli anni, non in ottima salute, di fronte alle grandi domande della vita.
Moltissimi di noi sono innamorati di Gesù. Molti lo sono così tanto che ci si sono giocati tutto, tutta la propria vita. Hanno scommesso su di lui qualcosa di serio, di molto serio, hanno rinunciato a qualcosa che non tornerà mai più. Tutto lasciato alle spalle per seguirlo. Ma perché?
Perché hanno, abbiamo creduto che quello che Gesù diceva è vero.
D’altra parte ci sono solo due possibilità: o è vero, o non lo è. Quel falegname nato in Palestina sotto Augusto e morto sotto Tiberio, una persona esistita davvero, ormai è provato storicamente, o era un bugiardo piuttosto in gamba, o è il Figlio di Dio. O ci ha detto un sacco di balle, o la verità (o, come dice lui, addirittura è la verità).
Se ha mentito, non è che abbia fatto una gran figura. Non è stato un rivoluzionario, non ha cambiato la condizione della gente che diceva di preferire, ha detto persino di dare a Cesare le monete con la sua faccia, e anche se era gentile con i poveri non ha risolto i loro problemi sociali. Diceva di dar loro da mangiare, ma aveva solo qualche pesce e qualche pane raccattato tra i suoi amici. Non è stato un eroe perché è morto senza neanche difendersi, e per di più come un malfattore. Al massimo si può dire che ha sopportato bene il dolore, ma a me che cosa cambia? Si può stimare uno perché ha una soglia del dolore altissima? (Beato lui, ma che mi risolve quando ho mal di testa? Chi consola la mamma di quel bambino malato?) Ha detto che sarebbe risuscitato e non lo ha fatto. Ha detto che poteva guarire le persone, ma se era solo un essere umano, e per di più poco affidabile, come poteva guarire solo toccando? Ha detto alcune belle parole, socialmente meritorie, porgi l’altra guancia e da’ la tunica a chi ti prende il mantello, ma se per tutto il resto ha detto delle bugie non è che sia così affascinante. Ha detto che amava i suoi amici, forse lo ha fatto, ma adesso è morto e quando mi sento incompresa come può consolarmi il pensiero che duemila anni fa è vissuto uno molto affettuoso con i suoi? Io voglio uno che ami me in quel modo assoluto e totale, e lui è morto, e nessuno mi consola. Come si può essere innamorati di uno che spara così tante balle?
Oppure quello che ha detto è tutto vero. È stato messo in un sepolcro che poi è stato trovato vuoto. Il suo corpo trafitto dai chiodi è tornato a vivere. A chi crede in Lui ha dato la possibilità di diventare figlio di Dio, quindi di non morire. Lui è Dio. Lui è con noi tutti i giorni e ci ha lasciato lo Spirito Santo. Il pane che mangiamo a messa è davvero il suo corpo. Chi vede lui vede il Padre. È una delle tre persone della Trinità. Tre persone vive con cui entrare in una relazione vera, la più vera e concreta e importante della nostra vita, più di quella con lo sposo, con i figli, con i genitori. Più amico degli amici, più fratello dei fratelli, più vero di noi stessi che adesso possiamo toccare le nostre mani mentre leggiamo. Questa è la buona notizia che cambia la storia dell’universo. Questa è la persona che tutta la vita continuiamo a cercare e desiderare. Questo è l’amore totale assoluto incondizionato di cui abbiamo nostalgia a ogni respiro.
L’altro invece, il falegname palestinese bugiardo, è uno che ha detto alcune belle parole insieme a un sacco di bugie, praticamente un buon pubblicitario. Squinternato e illuso. Incapace di cambiare la realtà che siamo (saremmo) solo cibo per vermi, destinati a finire nella terra e a marcire.
Io sono sicura che anche Scalfari cerca quell’altro Gesù, quello vero, quello che è Dio, e, chissà che questo desiderio, piccolo, dubbioso, chissà, forse soffocato da tante erbacce Dio non sappia farlo germogliare. Scalfari dice “non ho la fede ma neanche la cerco”. Io però credo che la cerchi eccome, se dice di essere innamorato di Gesù.
E soprattutto, come direbbe Francesco, chi sono io per giudicare un direttore che cerca Dio?
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