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La pagina del Vangelo di oggi ci invita alla vigilanza. Gesù ci dice: «Siate pronti con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» (Lc 12,35). Dobbiamo essere vigilanti perché non sappiamo quando il Signore verrà a domandarci conto della nostra vita. Egli, inoltre, afferma: «Nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Lc 12,40) e paragona la sua venuta a quella di un ladro: «Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa» (Lc 12,39). La lampada che dobbiamo tenere accesa è quella della nostra fede, speranza e carità. In poche parole, dobbiamo vivere sempre nella luce della grazia di Dio. Se la morte ci sorprenderà in peccato mortale, allora la nostra anima cadrà all’inferno per tutta l’eternità. Dobbiamo allora alimentare di continuo questa lampada con l’olio della nostra preghiera e delle nostre buone opere. La migliore vigilanza sarà quella di amare Dio con tutto il nostro cuore, e il prossimo come se stessi. Se il nostro cuore sarà rivolto al Signore, allora inizieremo la nostra vita eterna già su questa terra, in quanto il nostro cuore, in qualche modo, sarà già in Paradiso. Infatti, Gesù ci dice: «Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (Lc 12,34). Se il nostro tesoro è il Signore, allora il nostro cuore vive nella pace; se, invece, bramiamo smodatamente i beni e i piaceri di questa terra, allora ci incamminiamo verso la nostra infelicità. Il nostro cuore, più che in noi stessi, vive in ciò che amiamo: se amiamo la terra, diventerà terra; se amiamo Dio, si innalzerà su nei cieli. A tal proposito ricordiamoci di quell’episodio che si racconta nella vita di sant’Antonio da Padova. Si stava celebrando con solennità il funerale di un uomo molto ricco e anche molto avaro. Al funerale era presente anche sant’Antonio il quale, mosso da un’ispirazione improvvisa, dichiarò ad alta voce che quel morto non andava sepolto in luogo consacrato, bensì lungo le mura della città. E ciò perché la sua anima era dannata all’inferno e quel cadavere era privo di cuore, secondo il detto del Signore: dov’è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore. A queste parole, com’è naturale, tutti rimasero sconvolti. Alla fine furono chiamati dei chirurghi, che aprirono il petto alla salma; ma non vi trovarono il cuore. Esso, secondo la predizione del Santo, fu ritrovato nella cassaforte, dov’era conservato il denaro. Al contrario, san Gabriele dell’Addolorata, che tanto amava la Madonna, così diceva: «Sono sicuro di andare in Paradiso!». «Come fai ad essere così sicuro?», gli domandò un amico. «Sono sicuro di andarci perché già ci sono!». «E come puoi dire che già sei in Paradiso?», replicò l’amico. «Già ci sono perché amo la Madonna!». Questa fu la risposta del Santo, e questa risposta ci è di grande incoraggiamento: se anche noi amiamo Gesù e Maria, il nostro cuore è già con loro in Paradiso. Non dobbiamo dunque dubitare. Gesù ce lo dice chiaramente: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno» (Lc 12,32). Dobbiamo temere solo quando smettiamo di amare, solo quando in noi si spegne la luce della grazia di Dio e cadiamo in peccato mortale. Solo allora! Il Signore, inoltre, ci esorta a mirare all’unico guadagno che conta, all’unico che rimane in eterno, ovvero ad accumulare meriti per il Paradiso. Egli, infatti, afferma: «Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» (Lc 12,33). Rimaniamo dunque desti e, se ci rimorde la coscienza, facciamo al più presto una buona confessione che riaccenderà nel nostro cuore la luce della grazia di Dio!
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