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Circa 400 frati, di cui quasi duecento sacerdoti, sparsi in 55 case religiose in tutto il mondo. Altrettante le suore, anch'esse diffuse nel mondo in 47 case religiose. Erano questi i numeri dei Francescani dell'Immacolata fino allo scorso 11 luglio, quando un decreto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata ne ha deciso il commissariamento. I Francescani dell'Immacolata sono una famiglia religiosa giovane con forte impronta missionaria, nata all'inizio degli anni '70 da padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri che, allora frati francescani conventuali, avviano una nuova esperienza francescana alla luce dell'Immacolata unendo la Regola bollata di san Francesco d'Assisi con la Traccia mariana di vita francescana redatta da padre Manelli. Riconosciuti dalla Chiesa nel 1990, dal 1998 i Francescani dell'Immacolata godono del riconoscimento pontificio.
A un certo punto però qualcosa nella famiglia religiosa si è rotto tanto che un gruppo di cinque frati all'inizio del 2012 sono ricorsi alla Congregazione vaticana dei religiosi denunciando una presunta svolta tradizionalista della congregazione, e chiedendo che si tornasse al carisma originario. La visita apostolica ordinata dalla Congregazione si è risolta poi nel commissariamento dello scorso 11 luglio – commissario è stato nominato il francescano padre Fidenzio Volpi -, ma mentre il fondatore padre Manelli e gli altri superiori dell'istituto proclamavano "devota obbedienza" e sceglievano la strada del silenzio e della preghiera, tutto intorno si scatenavano le polemiche, soprattutto per il divieto imposto per la celebrazione della messa Vetus Ordo, che era stata liberalizzata da Benedetto XVI nel 2007 con il Motu Proprio Summorum Pontificum.
Ma le cose evidentemente non erano molto pacifiche neanche all'interno della congregazione perché a 5 mesi dall'insediamento del commissario, si ha l'impressione di una vera e propria guerra che rischia di azzerare un ordine religioso che attirava numerose vocazioni e veniva invitato da molti vescovi - italiani e non - ad aprire case nelle proprie diocesi. I dati sono impressionanti: il padre fondatore Stefano Maria Manelli è confinato in una casa nella diocesi di Cassino, impedito di spostarsi, e addirittura dall'ultimo ricovero in ospedale impedito di vedere e sentire anche i propri parenti (in pratica è agli arresti domiciliari, vedi l'articolo di oggi di Danilo Quinto); tutti i frati che occupavano posti di responsabilità sono stati trasferiti chi all'estero chi in località remote; sono stati sciolti i movimenti laicali collegati alla congregazione – laici missionari e Terz'ordine -; proibita la collaborazione dei frati alle riviste dell'ordine (la cui proprietà è esterna); inoltre con la lettera inviata l'8 dicembre, padre Volpi ha comunicato la chiusura del seminario e la sospensione delle ordinazioni diaconali e sacerdotali; nella stessa lettera si comunica poi la decisione di passare alla conta: "Ogni religioso dovrà chiaramente e formalmente manifestare per iscritto la volontà di continuare il proprio cammino nell'Istituto dei Francescani dell'Immacolata", fedele al carisma originario e alle direttive sulla vita religiosa contenute nei documenti del Concilio Vaticano II.
Nell'insieme si tratta di misure così dure che si fa fatica a credere che tutto dipenda dalla presunta svolta tradizionalista, anche perché per situazioni ben più gravi l'approccio seguito da Vaticano e singole Conferenze episcopali è stato diverso. Basti pensare al caso delle congregazioni religiose femminili americane, commissariate nell'aprile 2012 ma dopo aver tollerato per anni una ribellione ben oltre i limiti dell'ortodossia. Il commissariamento è ancora in vigore ma la linea è comunque quella del dialogo, malgrado ci fossero tutti gli elementi per la "serrata" dei conventi.
Ma di abusi e prassi contrarie al Catechismo e al Magistero è piena anche la storia italiana degli ultimi decenni. Basterebbe ricordare la "Lettera ai cristiani" dei 63 teologi nel 1989, pubblicata e sostenuta apertamente da riviste di ordini religiosi: una ribellione al Magistero per cui non c'è stata alcuna conseguenza, anzi alcuni dei 63 sono anche stati nominati vescovi come premio. Per non parlare delle riviste di congregazioni religiose missionarie che per anni hanno sposato entusiasticamente tesi rivoluzionarie certamente non cattoliche, senza che mai a qualcuno a Roma sia venuto in mente di fare un po' di chiarezza. E gli esempi potrebbero continuare fino ai nostri giorni, visto che l'8 dicembre per celebrare don Gallo nella "sua" chiesa di san Benedetto a Genova, don Luigi Ciotti non ha trovato nulla di meglio che intonare Bella Ciao come canto liturgico mentre qualcuno dei presenti alzava il pugno chiuso.
Ecco, a fronte di questi esempi viene da chiedersi cosa avranno mai combinato davvero padre Manelli e i suoi confratelli per meritare una punizione così pesante. Sarebbe proprio il caso che venisse chiarito cosa è successo e cosa sta succedendo, se ci sono davvero colpe gravissime o c'è invece (per usare un eufemismo) un eccesso di zelo da parte di commissario e nuovi responsabili. Sarebbe giusto e doveroso anche nei confronti di quei fedeli in tutto il mondo affidati alla cura pastorale di questi sacerdoti.
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