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I problema dei rapporti tra Stato e Chiesa, nonché del ruolo dei cattolici nella vita politica, è quanto mai attuale. Purtroppo, al riguardo, il Magistero dei Papi viene spesso travisato e minimizzato, se non addirittura ignorato. Il pericolo giunge soprattutto da quei cattolici così "adulti", da preferire il compromesso al ribasso piuttosto che l'evangelizzazione e che ad una Chiesa costantiniana preferiscono quella delle catacombe.
IL PENSIERO DEL CARD. OTTAVIANI
Esattamente sessantanni fa, nel marzo 1953, il pro-prefetto del Sant'Uffizio, il card. Alfredo Ottaviani, tenne al Pontificio Ateneo Lateranense una celebre conferenza dal titolo Doveri dello Stato cattolico verso la religione. Nel suo intervento, il porporato ricordava che «se c'è verità certa e indiscutibile tra i princìpi generali del diritto pubblico ecclesiastico, è quella del dovere dei governanti in uno Stato composto nella quasi totalità di cattolici e, conseguentemente e coerentemente, retto da cattolici, di informare la legislazione in senso cattolico».
Questo deve comportare tre immediate conseguenze. In primo luogo «lo Stato ha il dovere di professare anche socialmente la sua religione. Gli uomini socialmente uniti, non sono meno sotto la sudditanza di Dio, di quanto lo siano come singoli, e la società civile, non meno dei singoli, è debitrice verso Dio». In secondo luogo, «è dovere dei governanti di informare la propria attività sociale e la legislazione ai princìpi morali della religione». Infine, questi stessi governanti hanno il dovere «di difendere da ogni incrinatura l'unità religiosa di un popolo che si sente unanimemente nel sicuro possesso della verità religiosa». Pertanto, per Ottaviani, «non è giusto attribuire gli stessi diritti al bene e al male, alla verità e all'errore».
Secondo il Cardinale, nei Paesi dove la maggioranza della popolazione professa un'altra religione oppure dove vige l'indifferentismo o addirittura l'ateismo di Stato, la Chiesa deve fare appello alla tolleranza e alla libertà secondo quanto consentono le leggi vigenti. Ma ciò non è in contraddizione con quanto esposto prima: infatti, «gli uomini che si sentono in sicuro possesso della verità e della giustizia, non vengono a transazioni. Essi esigono il pieno rispetto dei loro diritti». Pertanto è vero che si debbono usare due pesi e due misure: «l'uno per la verità, l'altro per l'errore».
Di fronte a chi già allora sosteneva che simile visione fosse anacronistica, il pro-prefetto del Sant'Uffizio rispondeva che «per fare il proprio dovere un governante cattolico d'uno Stato cattolico non ha bisogno di essere un assolutista, né un mero poliziotto, né un sagrestano, né di tornare al complesso della civiltà del Medioevo». Inoltre aggiungeva che «anche la Chiesa riconosce la necessità in cui possono trovarsi alcuni governanti di Paesi cattolici di concedere, per gravissime ragioni, la tolleranza agli altri culti», sebbene questo non significhi «libertà di propaganda, fomentatrice di discordie religiose e turbatrice del sicuro e unanime possesso della verità della prassi religiosa». Le parole del Cardinale vanno senza dubbio riscoperte.
LO STATO CATTOLICO NEL CATECHISMO
Oggi la situazione è radicalmente cambiata. La società si è secolarizzata sino al punto da esser cristianofobica e la stessa Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, sembra aver dato ragione a chi criticasse il card. Ottaviani. In effetti, la dichiarazione conciliare Dignitatis humanae si presta a facili fraintendimenti, che possono indurre una frattura con quanto il Magistero ha insegnato per secoli circa la libertà religiosa. E le conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti. Assistiamo ad un mondo cattolico piuttosto remissivo verso quelle politiche volte ad attentare non solo e non tanto alla Dottrina Cattolica, bensì soprattutto al diritto naturale.
Di fronte ad aborto, matrimonio omosessuale, divorzio, eutanasia, fecondazione assistita, contraccezione, pornografia, costruzione indiscriminata di moschee, penalizzazione delle scuole private, rimozione di crocifissi dai luoghi pubblici, blasfemie e persecuzioni più o meno velate — come il presunto reato di omofobia —, i cattolici non sanno reagire ed, anzi, tendono ad adattarsi... Eppure, la stessa Dignitatis humanae «lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo» (n. 1). Certamente si è lasciata questa precisazione più come una formulazione di principio che altro.
Tuttavia, una puntualizzazione dell'insegnamento conciliare è giunto dal Catechismo della Chiesa Cattolica, segno di come i documenti del Concilio, essendo pastorali, possano essere anche oggetto di critica, revisione e correzione.
Nel Catechismo si ribadisce come il diritto alla libertà religiosa, intesa come immunità dalla coercizione nella società civile in materia di fede, debba essere riconosciuto dal potere politico. E forse oggi, in una società sempre più multireligiosa, questo può pure essere ammissibile. Il problema è che, nella predicazione e negli interventi pubblici, nessuno sembra più voler considerare come modello cui ispirarsi e come obiettivo da raggiungere la confessionalità cattolica dello Stato. Ma il Catechismo afferma pure che «il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo individualmente e socialmente» (n. 2105). E, richiamando il Vaticano II, conferma che la Chiesa deve «informare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità».
Sempre al n. 2105, il Catechismo continua, ricordando che il dovere sociale dei cristiani «richiede loro di far conoscere il culto dell'unica vera religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica». La Chiesa, infatti, deve manifestare «la regalità di Cristo su tutta, la creazione e in particolare sulle società umane». Nel dir questo si fa riferimento alle grandi encicliche Immortale Dei di Leone XIII, e Quasprìmas di Pio XI, entrambe a difesa dello Stato Cattolico.
Tra l'altro, parole simili sono state pronunciate dal vescovo di Trieste mons. Giampaolo Crepaldi in occasione del convegno preparatorio alla III Marcia per la Vita, quando ha ricordato come la fede cattolica esprima «la regalità di Cristo anche sull'ordine temporale»., e che «la regalità di Cristo ha un significato spirituale, certamente, ma ne ha anche uno cosmico e sociale». La costruzione di uno Stato Cattolico non è quindi un ideale superato, legato ad un'epoca buia della storia della Chiesa, bensì sempre valido.
I LIMITI ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA
Al n. 2108, poi, il Catechismo ricorda che «il diritto alla libertà religiosa non è né licenza morale di aderire all'errore, né un implicito diritto all'errore», riprendendo quanto insegnato da Leone XIII nella Libertas praestantissimum e dal venerabile Pio XII nel Discorso ai partecipanti al quinto Convegno nazionale Italiano dell'Unione dei Giuristicattolici. E ancora, rifacendosi al Breve Quod aliquantum di Pio VI e alla celebre Quanta cura del beato Pio IX, il Catechismo dichiara che «il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato, né limitato semplicemente da un ordine pubblico concepito secondo un criterio "positivistico" o "naturalistico". I "giusti limiti" che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall'autorità civile secondo "norme giuridiche conformi all'ordine morale aggettivo"» (n. 2109). Parole decisamente controcorrente e forse per questo volutamente omesse nei discorsi ufficiali.
Ebbene, in quest'Anno della Fede che sta volgendo a termine e di fronte al caos generale, è urgente riprendere in mano il Catechismo ed utilizzarlo a difesa della Verità, contro ogni tentativo di annacquamento del nostro Credo. Oggi c'è bisogno più che mai di cattolici militanti, che lottino per far regnare Cristo sulla società.
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