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Il 7 gennaio, ma la notizia è stata diffusa una settimana dopo, il presidente della Nigeria Goodluck Jonathan ha firmato la legge sull'omosessualità che il parlamento aveva votato all'unanimità lo scorso 30 maggio. Con la sua entrata in vigore, i matrimoni gay sono proibiti. Si prevedono pene detentive fino a 14 anni per chi contrae un matrimonio omosessuale, fa da testimone o in qualsiasi modo partecipa alla celebrazione di unioni tra persone dello stesso sesso. È proibita inoltre ogni manifestazione pubblica di omosessualità ed è illegale costituire club di gay e organizzazioni in difesa dei loro diritti. Le sanzioni in questo caso arrivano fino a 10 anni di carcere. Dal giorno della firma presidenziale, le autorità hanno già provveduto a decine di arresti.
In Africa la Nigeria non costituisce certo una eccezione: i matrimoni omosessuali sono illegali in tutti gli stati africani salvo il Sudafrica e 39 paesi su 54 hanno leggi che sanzionano l'omosessualità, in certi stati anche con la pena di morte. Alcuni governi, tra cui quelli di Tanzania e Camerun, si apprestano a varare nuove leggi in materia e l'Uganda, che già ne è dotata, ha in cantiere dal 2010 una legge che prevede l'inasprimento delle sanzioni, fino all'ergastolo in caso di "criminali recidivi". A dicembre una versione riveduta del testo è stata approvata dal parlamento. Manca quindi solo la ratifica del capo dello stato, Yoweri Museveni, che continua a rimandarla, nonostante le sollecitazioni: più che altro, a quanto sembra, per evitare le ritorsioni minacciate da alcuni paesi donatori.
Nei giorni scorsi l'Arcivescovo di Canterbury Julius Welby, massima autorità spirituale della Chiesa anglicana, e quello di York, John Sentamu, di origine ugandese, hanno quindi pensato bene di scrivere una lettera ai presidenti di Nigeria e Uganda, recapitata anche a tutti i primate delle Chiese nazionali della Comunione anglicana. «La vittimizzazione e l'umiliazione delle persone attratte dal loro stesso sesso deve essere assolutamente disapprovata – scrivono i due religiosi – gli omosessuali sono figli di Dio, da Lui amati e stimati. Meritano tutta la nostra cura pastorale e la nostra amicizia».
La risposta del capo della Chiesa anglicana ugandese, l'arcivescovo Stanley Ntagali, non si è fatta attendere. A proposito della legge, si è detto soddisfatto per alcuni emendamenti adottati a dicembre, consigliati dalla Chiesa, che la rendono meno severa escludendo, tra l'altro, la pena capitale. Pur assicurando che «chi è confuso a proposito della propria sessualità o sta lottando contro le proprie tendenze sessuali può star certo di trovare nella Chiesa aiuto e cure», l'arcivescovo ha però ricordato al primate britannico che «la pratica omosessuale è incompatibile con le Scritture». A sua volta, ha quindi colto l'occasione per esprimere il proprio disaccordo con la Chiesa britannica e augurarsi che riveda le proprie posizioni «affinché la Chiesa ugandese possa continuare la propria comunione con la Chiesa Madre».
L'eventualità di una spaccatura all'interno della Comunione Anglicana in effetti è tutt'altro che remota. Alcune Chiese africane, tra cui quella ugandese, hanno già sospeso i rapporti con gli anglicani degli Stati Uniti e del Canada non ammettendo l'ordinazione di sacerdoti gay e i matrimoni omosessuali. Vorrebbero inoltre che le Chiese dell'America del Nord non fossero invitate nel 2018 alla conferenza di Lambeth, l'incontro che ogni 10 anni riunisce a Londra i vescovi anglicani di tutto il mondo.
In Nigeria ad accogliere con favore la legge sull'omosessualità è stato Ignatius Ayau Kaifama, arcivescovo cattolico di Jos, presidente della Conferenza episcopale nigeriana e vicepresidente della Conferenza episcopale dell'Africa Occidentale. L'arcivescovo ha scritto una lettera al presidente Jonathan a nome di tutti i vescovi e i fedeli del paese per ringraziarlo della sua decisione "coraggiosa e saggia", chiara indicazione «della capacità del nostro grande paese di ergersi a protezione dei più alti valori delle culture nigeriane e africane circa l'istituto del matrimonio e la dignità della persona umana, senza cedere alle pressioni internazionali». La lettera della Conferenza episcopale riflette e conferma la preoccupazione già manifestata durante l'ultima assemblea plenaria dei vescovi, svoltasi lo scorso settembre, per «i tentativi continui da parte di agenzie straniere di introdurre valori malsani nella nostra società con le loro campagne per l'aborto, la distribuzione di preservativi e la promozione di unioni omosessuali». I vescovi reiteravano, nello stesso documento, il loro impegno per la sacralità della vita dal momento del concepimento fino alla morte e respingevano con forza ogni più piccolo tentativo di promuovere una cultura della morte.
Una ricerca svolta nel 2013 in 39 paesi dal Pew Research Center ha rivelato che per il 98% dei nigeriani la società non deve accettare l'omosessualità. Quanto agli altri stati africani considerati, ha dichiarato inaccettabile l'omosessualità il 96% del campione intervistato in Uganda, Ghana e Senegal, il 90% in Kenya e persino in Sudafrica contro l'omosessualità si è pronunciato il 61% degli intervistati.
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