« Torna ai risultati della ricerca


UN CRISTIANO PUO' ESSERE ECOLOGISTA?
Non c'è vero rispetto del creato senza rispetto della dignità umana secondo la volontà divina (ricordiamo l'insegnamento di San Giovanni Paolo Il e Benedetto XVI)
di Laura Boccenti
 

La moderna civiltà tecnologica ha aperto nella relazione uomo-natura nuovi scenari che riguardano, in particolare, le conseguenze ambientali dell'azione umana. La distruzione dell'ambiente, il suo uso improprio o egoistico e l'accaparramento violento delle risorse della terra, frutto di un concetto disumano di sviluppo, hanno generato e continuano a generare lacerazioni, conflitti e guerre. Di qui la crescita, sin dalla seconda metà del XX secolo, di una riflessione etica improntata alla domanda sul modo "giusto" di rapportarsi alla natura e la moltiplicazione di iniziative culturali e politiche che si propongono non solo di rafforzare la sensibilità ambientale della società, ma anche di tradursi in un progetto capace di orientare i comportamenti individuali e collettivi. In questo contesto si sono affermate alcune concezioni distorte dell'uomo e del cosmo, che, basandosi su visioni riduttive o alterate, rischiano di diventare fonte di violenza verso l'uomo e verso lo stesso ambiente che si propongono di tutelare. Le filosofie ambientali si differenziano in base all'interpretazione dell'uomo, della natura e del rapporto tra i due.

L'ANTROPOCENTRISMO RADICALE
Fino alla prima metà del XX secolo la filosofia aveva per lo più sostenuto un antropocentrismo radicale. Dalla constatazione dell'unicità dell'uomo, razionale e libero, in un cosmo dominato da leggi necessarie, era pervenuta all'affermazione della sua autosufficienza e indipendenza assoluta. La natura, intesa sia come ambiente esterno all'uomo sia come la stessa natura umana, veniva così considerata estranea alla sfera morale e ridotta a materiale di cui la libertà poteva disporre a piacimento. Questo orientamento viene criticato con forza da gran parte del mondo ecologista attuale per i danni, veri o presunti, provocati all'ambiente fisico: si pensi, per fare qualche esempio, al moltiplicarsi dei simposi sulle alterazioni climatiche o alle campagne di sensibilizzazione sulle specie vegetali e animali in via d'estinzione.
Non vengono invece ordinariamente messe in luce le conseguenze molto più devastanti che l'assolutizzazione della libertà ha avuto sull'habitat naturale e sociale umano, aggredito dall'aborto e dall'eutanasia, manipolato con le sperimentazioni sugli embrioni e i molteplici tentativi d'ingegneria antropologica e sociale.

IL BIOCENTRISMO
Opponendosi all'antropocentrismo radicale, nella seconda metà del XX secolo, alcuni movimenti ecologisti sono giunti a negare l'esistenza di una specifica natura umana, promuovendo una visione "debole" della persona, considerata come un'insignificante particella in un universo eterno nato dal caso. L'uomo, in quanto prodotto dell'evoluzione naturale, viene considerato un vivente al pari di tutti gli altri, in una prospettiva biocentrica che riconosce a tutti i viventi gli stessi diritti. Il fatto che l'uomo sia dotato di coscienza non viene più inteso dal biocentrismo come manifestazione della superiore dignità dello spirito sulla materia, ma come una delle tante possibili espressioni dell'evoluzione. Talvolta, anzi, il biocentrismo parrebbe auspicare l'annullamento dell'uomo perché il mondo possa tornare "sano". L'unico assoluto che esso riconosce è la "natura", che viene così non solo mitizzata, ma addirittura divinizzata, riproponendo così nuove forme di paganesimo e di panteismo.
Anche il biocentrismo, perciò, come l'antropocentrismo radicale, apre la strada a prospettive antiumane, finendo per lasciare la persona indifesa di fronte a scelte dettate dall'ideologia.

CRISTIANESIMO E CREAZIONE
Prendendo le distanze sia dal biocentrismo che dall'antropocentrismo assoluto, la visione cristiana interpreta il rapporto uomo-cosmo alla luce della creazione: se Dio ha creato il mondo, è Dio a mettere in relazione uomo e cosmo, ponendo l'uomo al centro del cosmo non come arbitro, ma come custode del creato. Infatti, se Dio ha creato l'universo, noi non viviamo in un mondo irrazionale o privo di senso, ma in un cosmo ordinato e dotato di senso alla cui origine c'è il Verbo eterno, quindi la Ragione e la Libertà divine e non il caso o la necessità. L'ordine del cosmo si manifesta alla ragione dell'uomo e deve essere riconosciuto e rispettato: «Non solo la terra è stata data da Dio all'uomo, che deve usarla rispettando l'intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l'uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato» (Giovanni Paolo Il, Contesimus annus, 38).
La creazione è donata all'uomo perché se ne serva nella vita per le sue esigenze materiali; ma gli viene donata anche perché la porti a compimento e affinché, attraverso il suo agire, tutte le creature rispondano al fine per cui sono state create. Di qui la responsabilità dell'uomo verso l'ambiente, che non comporta solo un uso attento e sobrio dei beni materiali, ma soprattutto il rispetto della finalità di ogni creatura alla luce della sua relazione con Dio e col resto del creato. «Accanto all'ecologia della natura», cioè il rispetto della natura, «c'è dunque un'ecologia che potremmo dire "umana"», cioè il rispetto della dignità incommensurabile dell'uomo. Va sottolineato come «l'umanità, se ha a cuore la pace, debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l'ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l'ecologia umana»: infatti, «l'esperienza dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso verso l'ambiente reca danni alla convivenza umana, e viceversa. Sempre più chiaramente emerge un nesso inscindibile tra la pace con il creato e la pace tra gli uomini. L'una e l'altra presuppongono la pace con Dio. La poesia-preghiera di San Francesco, nota anche come Cantico di Frate Sole, costituisce un mirabile esempio - sempre attuale - di questa multiforme ecologia della pace» (Benedetto XVI, Messaggio Giornata per la pace, 1 gennaio 2007, n. 8).
La sensibilità di san Francesco verso la natura, additata come esemplare da papa Benedetto, è l'espressione concreta di una spiritualità che nella bellezza del creato vede un riflesso della Bellezza Increata; nel continuo "passaggio" dal Cielo alla terra che caratterizza il Cantico delle creature, Francesco rende accessibili i misteri della Creazione e dell'Incarnazione da cui dipende la bontà essenziale di tutti i viventi. Lungi perciò dall'esaltare gli esseri viventi e ogni realtà naturale in se stessi, Francesco considera le creature come opere di Dio, capaci di avviarci alla Sua conoscenza rivelandoci, attraverso la loro natura e il loro agire, qualcosa di Lui. Francesco non riduce la natura a materiale su cui l'umana volontà di potenza può esercitarsi a suo piacere, né la sua tenerezza verso il creato dissolve la differenza tra la natura, l'uomo e il Creatore in un misticismo panteista. «È il peccato dell'uomo che ha diviso e opposto Dio e la creazione; ma chi vive in Dio ritrova la creazione [...]. (D. Barsotti, S. Francesco preghiera vivente, San Paolo). La pace con Dio ricostituisce l'ordine con la natura e tra gli uomini risanando le relazioni deteriorate dal peccato.

ECOLOGIA DELLA FAMIGLIA
La prima e fondamentale struttura da risanare e custodire nell'ambito dell'"ecologia umana" è la famiglia; in essa, infatti, l'uomo viene generato ed educato, ricevendo le prime e determinanti nozioni intorno alla verità e al bene e apprendendo che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, che cosa vuoi dire in concreto essere una persona.
Oggi perciò, chi ama la natura deve proporsi come compito principale di rimuovere le condizioni economiche, sociali e culturali che ostacolano la realizzazione della famiglia, danneggiando così tutta la società umana e insieme ad essa l'ordine del cosmo.

 
Titolo originale: Urge una ecologia umana
Fonte: Il Timone, Settembre/Ottobre 2014