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Gentile redazione di BastaBugie,
chiunque si accinga a parlare o scrivere sui dieci comandamenti (le famose "dieci parole" da Dio rivelate al suo popolo sulla santa montagna), per la necessaria chiarezza dovuta nei confronti di chi lo sente o lo legge, dovrebbe innanzi tutto precisare se le proprie riflessioni si basano esclusivamente sul testo cosi come scritto nei libri sacri dell'Antico Testamento (Esodo 20, 2-17 e Deuteronomio 5,6-21), ovvero sullo stesso testo, alla luce della nuova Legge o Legge evangelica: per i cattolici, infatti, è nella Nuova Alleanza in Gesù Cristo che viene rivelato il loro pieno senso.
Sulla base di quanto disse Gesù ai suoi discepoli ("non crediate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento", Mt 5, 17-19), il "Catechismo della Chiesa Cattolica", approvato da Papa Giovanni Paolo II e pubblicato nel novembre 1992, afferma che i discorsi del Signore "non aggiungono nuovi precetti esteriori, ma arrivano a riformare la radice delle azioni, il cuore, là dove l'uomo sceglie tra il puro e l'impuro, dove si sviluppano la fede, la speranza e la carità e, con queste, le altre virtù"; la presentazione dei dieci comandamenti, nel catechismo della Chiesa cattolica, costituisce, pertanto, un'esposizione della fede, attestata e illuminata dalla Sacra Scrittura (con particolare riferimento al Nuovo Testamento), dalla Tradizione apostolica e dal Magistero della Chiesa.
Una simile precisazione, al fine di evitare ogni possibile fraintendimento da parte degli ascoltatori, non è stata fatta da Roberto Benigni, all'inizio delle due serate dedicate, sul primo canale della RAI, al commento dei dieci comandamenti. Va, inoltre rilevato che un commento di qualsiasi testo presuppone una sua interpretazione e che detta interpretazione (soprattutto se si tratta di un testo di legge, anche se divina) può essere letterale (quando si attiene rigorosamente a quanto è scritto), ovvero estensiva o restrittiva (quando si attribuisce alle parole della legge un significato, rispettivamente, più ampio o più ristretto di quello letterale): invero, Benigni ha fatto ricorso, a suo piacimento e senza darne alcuna giustificazione, a tutti e tre i suddetti criteri interpretativi.
Senza nulla togliere alle indubbie qualità di Roberto Benigni, come magistrale professionista dello spettacolo, mi permetto di formulare le seguenti osservazioni sul contenuto del suo intervento, limitatamente al commento di alcuni comandamenti, con riferimento agli ampi ed incondizionati consensi, pervenuti anche da parte di qualificati esponenti del mondo cattolico (pare che abbia ricevuto una telefonata di congratulazioni e ringraziamenti addirittura da Papa Francesco). Questi ultimi, infatti, hanno individuato nell'esposizione di Benigni un modo nuovo di propagazione della fede, riconoscendo in lui un sorprendente e nuovo evangelizzatore, tanto da indicarlo come modello di riferimento per gli stessi sacerdoti, ai quali detto compito è istituzionalmente demandato, evidentemente privilegiando la forma espositiva di quanto veniva affermato, rispetto al suo contenuto che meritava, invece, un'attenta disamina, prima di avallarlo implicitamente con i suddetti incondizionati consensi.
Sul quinto comandamento: "non uccidere", che riguarda la tutela del bene della vita dell'uomo, a parte l'omissione di un benché minimo accenno al suicidio, all'aborto ed all'eutanasia, Benigni cade in una grossolana svista dicendo che tale peccato non è perdonabile neanche da Dio, perché, spiega, il perdono lo può concedere solo la persona offesa che, in questo caso, non c'è più.
Sul settimo comandamento: "non rubare", che tutela il diritto alla proprietà privata dei beni e sull'ottavo: "non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo", che proibisce di falsificare la verità nelle relazioni con gli altri, Benigni, sulla base di un'interpretazione estensiva di tali precetti, ricomprende, nel settimo, la corruzione, la speculazione, la privazione del lavoro e tante altre fattispecie che contravvengono al principio di giustizia e solidarietà e, nell'ottavo, il giudizio temerario, la calunnia, la maldicenza e quant'altro violi il rispetto della verità. Tutto ciò è perfettamente in linea con quanto la Chiesa cattolica ha sempre sostenuto.
Ho voluto fare riferimento al settimo ed ottavo comandamento, prima di passare all'esame di quanto Benigni ha sostenuto sul sesto comandamento, per mettere innanzi tutto in evidenza la difformità del criterio interpretativo da lui usato nel parlare di quest'ultimo comandamento rispetto ai due successivi. Mentre, infatti, le "parole" usate nel settimo ed ottavo comandamento vengono correttamente interpretate sulla base di quello che dette "parole" lasciano intravedere, anche in mancanza di espliciti riferimenti (il concetto di "speculazione", infatti, difficilmente può rientrare in quello di "furto", sulla base di un'interpretazione letterale di quest'ultimo termine, come anche quello di "maldicenza" in quello di "non pronunciare falsa testimonianza"), la "parola" del sesto comandamento, secondo Benigni, deve essere interpretata in senso assolutamente letterale, senza alcuna pur doverosa precisazione del perché di tale scelta, con tutte le inevitabili conseguenze sull'intelligibilità di tale precetto.
In estrema sintesi, Benigni, sostiene che il comandamento in questione, nel prescrivere di "non commette adulterio" si riferisce esclusivamente all'obbligo di fedeltà imposto ai coniugi: tutto il resto sarebbe, a suo dire, un'indebita "invenzione dei preti" ed un'autentica "manomissione" della Chiesa cattolica che avrebbe sostituito arbitrariamente il "non commette adulterio" con il "non commettere atti impuri", provocando danni ad "intere generazioni", tali da rendere possibile (sia pure con istrionica affermazione) una "class action" per ottenerne il risarcimento, deridendo, inoltre, l'esaltazione della virtù della castità (da "praticare con moderazione"), suscitando, così, il divertito applauso del pubblico presente, evidentemente accorso per assistere ad uno spettacolo e non certo per sorbirsi una predica di quasi due ore.
Il voler ridurre il comandamento in questione, che è l'unico che riguarda il tema della morale sessuale, all'obbligo di fedeltà coniugale (dimenticandosi che, implicitamente, invece, detto comandamento presuppone ed indica nel matrimonio la sede unica e naturale di detti rapporti), significa lasciare esclusi e, quindi, al di fuori di ogni giudizio, fatti da chiunque condannati, come, per esempio, la prostituzione, la pedofilia, lo stupro, la pornografia, ecc., senza considerare l'aberrante conseguenza cui si perverrebbe con tale letterale interpretazione, secondo cui il matrimonio determinerebbe, di fatto, la condanna del "libero amore" ("fornicazione", termine incomprensibile per Benigni), che risulterebbe, invece, consentito da parte di chi non abbia vincoli matrimoniali.
Quanto, poi, all'accusa rivolta da Benigni alla Chiesa cattolica di aver "manomesso" il sesto comandamento, sostituendo il divieto di "non commettere adulterio" con quello di "non commettere atti impuri", basta leggere il testo ufficiale del Catechismo della Chiesa cattolica, sopra richiamato, per convincersi del contrario. Al capitolo secondo, pag. 570, Articolo 6, al titolo "Il sesto comandamento" segue l'indicazione del suo contenuto: "Non commettere adulterio (Es 20,14; Dt 5,18)"; nelle numerose pagine di commento che seguono, il termine "atto impuro" non ricorre mai. In dette pagine, il comandamento in questione viene proposto, alla luce della Nuova Legge evangelica che, come detto nella premessa, ne rivela il pieno senso, aggiungendo, pertanto, oltre alle ipotesi di rapporti sopra richiamate, anche le altre che obbiettivamente escludano il fine naturale della procreazione, come la masturbazione e l'omosessualità. Nulla cambia od aggiunge, poi, il fatto che, nella formula catechistica, il complesso di tali atti venga, sinteticamente, qualificato come "atti impuri".
Per completezza, anche perché Benigni dimostra chiaramente di preferire, nel commentare i dieci comandamenti, di riferirsi ai sacri testi dell'Antico Testamento, anziché a quelli del Nuovo, basti richiamarsi a quanto previsto nel Levitico, testo che segue quello dell'Esodo e che viene indicato quale testo esclusivamente legislativo, soprattutto in tema di "purità ed impurità". Ebbene, in tale libro sacro (15, 19) vengono esplicitamente qualificati "impuri": "la donna e l'uomo che abbiano avuto un rapporto con dispersione seminale" ed, inoltre, viene stabilito il divieto "a mangiare le cose sante" a chi "abbia avuto una dispersione seminale" (22, 4), con ciò chiaramente condannando gli atti sessuali che non siano obbiettivamente idonei alla procreazione.
Da ultimo, per quanto riguarda il nono e decimo comandamento ("non desiderare la donna d'altri" e "non desiderare la roba d'altri"), Benigni, con un'interpretazione, questa volta, restrittiva ed arbitraria, afferma che, in questo caso, sussiste il peccato solo se il "desiderio" è accompagnato da una vera e propria "strategia" (anche se costruita solo mentalmente e, comunque, difficilmente individuabile) diretta all'effettiva realizzazione di quanto desiderato, con ciò, di fatto, cancellando entrambi i precetti, come se Gesù non avesse detto (Mt 5, 27-28) "chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore".
Concludendo queste brevi riflessioni, non si riesce a comprendere come mai, nel quasi unanime plauso tributato a Benigni per la sua esibizione nel commento dei dieci comandamenti, non si sia levata alcuna qualificata voce, se non di protesta, almeno di timida critica nei confronti di affermazioni o di silenzi che contraddicono inequivocabilmente taluni punti fermi della dottrina cattolica, così come emergenti dal testo ufficiale del "Catechismo della Chiesa Cattolica", sempre che non si voglia - per timore di una perdita di consensi da parte della grande schiera di quanti ostinatamente mostrano di non gradire taluni precetti - seguire la via di un'apertura ad inammissibili compromessi (cosa, ovviamente, da escludersi, ma rientrante nelle aspettative di molti, che possono risultare alimentate in presenza di talune evidenti divergenze all'interno della stessa Chiesa Cattolica, su temi così delicati).
Federico
Caro Federico,
abbiamo già pubblicato la settimana scorsa due articoli riguardanti lo show di Benigni. Questi mettevano in luce come da una parte il comico fosse stato impreciso o addirittura fuorviante, dall'altra, pur criticando il suo spettacolo, dobbiamo rilevare anche che sono più gravi gli errori di certi prelati che quelli di un comico che ha il solo scopo di aumentare gli ascolti in modo da avere un adeguato compenso in milioni di euro...
Ecco dunque il link agli articoli in questione:
I DIECI COMANDAMENTI SECONDO BENIGNI
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3562
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
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