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Lucia di Fatima, quando era ancora bambina, un giorno raccontò alla piccola beata Giacinta la storia della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. La piccola Giacinta, di circa sei anni, ascoltava attentamente e da allora chiese a Lucia di ripetergliela spesso. E ogni volta che ascoltava il racconto delle sofferenze di Gesù piangeva e diceva: «Oh! Povero Signore! Io non devo fare più nessun peccato. Non voglio che il Signore abbia a soffrire ancora».
La piccola Giacinta di Fatima piangeva al sentir parlare della Passione del Signore, noi invece rimaniamo indifferenti. Il motivo è che noi abbiamo un cuore di pietra, insensibile e glaciale; la piccola Giacinta aveva invece un cuore puro, che amava davvero. Domandiamo al Signore la grazia di un cuore nuovo e meditiamo spesso la Passione del Signore, piangendo i suoi dolori e i nostri peccati.
San Leonardo da Porto Maurizio affermava che dalla mancanza di questa meditazione derivano tutti i nostri mali. Per questo motivo, egli esortava caldamente alla pia pratica della Via Crucis da lui ideata e da lui propagata in tutta l’Italia. Egli, dopo anni di predicazione popolare, così scriveva: «La causa di tutti i mali per noi va ricercata nel fatto che nessuno pensa alle realtà che dovrebbero costituire un oggetto di continua meditazione. Non c’è da meravigliarsi se ne consegue un completo disordine morale. La frequente meditazione sulla Passione di Cristo dà lumi salutari all’intelletto, fervore alla volontà e sincero pentimento dei propri peccati. Ho constatato quotidianamente, e toccato con mano, che il miglioramento dei cristiani è condizionato dalla pratica del pio esercizio della Via Crucis. Tale pratica è un antidoto ai vizi, un freno alle passioni, un incitamento efficace a una vita virtuosa e santa. Se terremo presente davanti agli occhi della mente l’acerbissima Passione di Cristo, non potremo non detestare il peccato e ci sentiremo trascinati a rispondere con amore alla carità di Cristo e ad accettare gioiosamente le inevitabili avversità della vita».
Contemplando il Crocifisso noi comprendiamo tutto l’amore di Dio per l’umanità e comprendiamo la bruttezza del peccato. Ogni volta che siamo presi dalla tentazione, pensiamo che con i nostri peccati noi mettiamo in Croce Gesù e rifiutiamo il dono della salvezza.
In questa breve riflessione vorrei prendere spunto da una frase che Gesù rivolse ai suoi Discepoli sul monte degli Ulivi. Nell’imminenza della sua Passione, Egli disse: «Pregate, per non entrare in tentazione». Con questo, il Signore ci insegna che la preghiera è la nostra migliore difesa contro il male, che essa è come l’arma del cristiano. Senza preghiera, inevitabilmente, soccomberemo. Gli Apostoli in quella occasione non pregarono, furono presi dal sonno e, al momento della prova suprema, quando Gesù fu condotto alla Croce, tutti, all’infuori di Giovanni, scapparono via spaventati. Così sarà per noi: se non pregheremo, non riusciremo a superare la tentazione.
L’evangelista Luca è l’unico che riporta il particolare del sudore di sangue. Il testo dice: «Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra». Questo particolare ci rivela tutta la sofferenza che Gesù provò al monte degli Ulivi durante quella preghiera. In quel momento, Gesù vedeva ciascuno di noi, vedeva tutti i nostri peccati, vedeva tutti quelli che avrebbero rifiutato il dono della sua salvezza, e per essi provava un’angoscia mortale.
In qualche modo, vogliamo stare con Gesù ed essergli di conforto in questa agonia. Gesù, in quel momento, vedeva anche tutte le nostre preghiere, le nostre riparazioni, le nostre Adorazioni eucaristiche. Sull’esempio di tanti Santi, prendiamo la buona abitudine di fermarci anche a lungo in chiesa, davanti al Tabernacolo, con l’intenzione di consolare Gesù e di coprire con la nostra devozione tutti i peccati che si commettono nel mondo.
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