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Sostenere che la famiglia naturale è l'unica possibile e che il matrimonio tra uomo e donna è l'unico possibile, secondo alcuni è omofobia. Incitare al boicottaggio di un'opera pubblica destinata a migliorare il sistema infrastrutturale italiano e ad aiutare l'economia nazionale non è istigazione al sabotaggio, ma soltanto libero esercizio del diritto di manifestazione del pensiero. Potrà sembrare un paradosso ma purtroppo non lo è. L'assoluzione di Erri De Luca dall'accusa di "istigazione al sabotaggio", decisa dal Tribunale di Torino, è stata salutata dalla grande stampa e da certa intellighentia "radical chic" come una vittoria della libertà d'espressione.
LA TAV VA SABOTATA
Lo scrittore era imputato per alcune dichiarazioni rilasciate nel 2013, nelle quali sosteneva che «la Tav va sabotata». Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna di otto mesi di reclusione. Per il giudice, invece, «il fatto non sussiste». Erri De Luca aveva rilasciato dichiarazioni spontanee in aula con le quali aveva confermato la sua «convinzione che la linea sedicente ad Alta Velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell'aria e dell'acqua» e si era detto «disposto a subire una condanna penale per il suo impiego, ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana». Esultano i No Tav, che escono galvanizzati dal verdetto del tribunale torinese. Minimizza la società Ltf che gestisce la Tav, pur non rinunciando a porre una questione non banale: «Nei momenti di tensione sociale ci sono dei limiti che soprattutto gli intellettuali dovrebbero rispettare».
Va ricordato che De Luca aveva pronunciato quelle frasi quando in Valle di Susa le proteste già imperversavano. Erano appena stati arrestati due militanti sulla cui auto erano state trovate bottiglie di plastica con la benzina, tubi in plastica, cesoie e altro. Qualche mese prima c'era stato un blitz notturno al cantiere attaccato, con bengala e molotov, al termine del quale era stata avviata un'indagine per terrorismo. Le frasi di Erri De Luca, secondo molti, avevano fomentato ulteriori tensioni e integrato gli estremi del reato di istigazione a delinquere. Lunedì i giudici torinesi hanno rigettato tale impostazione e hanno sancito la prevalenza del diritto dello scrittore di manifestare quel pensiero. Le sentenze, s'intende, vanno rispettate, ma si possono commentare. In questo caso, nell'attesa di leggerne le motivazioni, ci limitiamo a interpretarne il dispositivo. Ci sono molte sentenze della Corte Costituzionale (una, memorabile, del marzo 1993), che legano inscindibilmente l'esercizio della libertà di manifestazione del pensiero al rispetto di alcuni principi inderogabili, tra i quali la tutela dell'ordine pubblico.
LA GIUSTIFICAZIONE DELLA VIOLENZA
Se un intellettuale dichiarasse che la Tav è un'opera sbagliata o inutile e che i soldi necessari per la sua realizzazione potrebbero o dovrebbero essere destinati ad altre opere pubbliche come la banda larga, egli si muoverebbe certamente entro i confini del legittimo diritto di critica. Viceversa, se predica il sabotaggio, non esprime un'opinione, ma suggerisce un'azione "contra legem". I prossimi giorni ci diranno se l'assoluzione di De Luca darà altro fiato alle trombe della contestazione violenta e sprezzante delle regole e delle istituzioni. Ma intanto bisogna evitare di incorrere nella deformazione, tipicamente italiana, del trattamento palesemente differenziato di situazioni per molti versi assimilabili. I due pesi e le due misure, tanto per semplificare. Le crociate dell'ideologia gender, mirate a scardinare l'istituto del matrimonio e la famiglia quale architrave della società ,pretendono di ridurre alla clandestinità quanti si battono per la difesa della famiglia naturale quale unica famiglia possibile, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Il tentativo di introdurre nel nostro ordinamento giuridico il reato di omofobia altro non è che l'anticamera della compressione della libertà di manifestazione del pensiero di chi non si piega all'ideologia gender.
E allora è più grave, sul piano della tutela dei diritti, difendere un'idea di famiglia o istigare al boicottaggio contro un'opera pubblica? Peraltro, pur non rientrando il caso De Luca nell'esercizio del diritto di critica giornalistica, va ricordato che i codici deontologici di quella professione puniscono con severe sanzioni disciplinari i conduttori iscritti all'Ordine, se durante una trasmissione fomentano tensioni in studio o non prendono le distanze da opinioni "sopra le righe" o da giustificazioni di comportamenti violenti. Forse anche chi, acriticamente, ha amplificato sui media le frasi di Erri De Luca, e magari oggi brinda alla sua assoluzione, dovrebbe recitare un doveroso "mea culpa".
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