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A leggere i giornali italiani di ieri e a sentire i notiziari sul Sinodo, sembra che l'approvazione della comunione per i divorziati risposati sia la notizia più certa della storia.
Basta scorrere i titoli delle prime pagine dei quotidiani.
Corriere della sera: "Il Sinodo apre sulla comunione ai divorziati". Repubblica: "Sì ai divorziati, ma Sinodo diviso". La Stampa: "Comunione ai divorziati, sì del Sinodo per un voto".
Ma siamo proprio sicuri che le cose stiano così? Davvero il Sinodo ha approvato la comunione per i divorziati risposati?
La nuda verità dei fatti sabato sera faceva capolino - se escludiamo il blog del sottoscritto - solo sul sito della "Nuova Bussola quotidiana" e sul blog che tiene, nel sito dell'Espresso, il più attendibile dei vaticanisti, Sandro Magister il quale titolava: "I divorziati risposati nella 'Relatio finalis'. Ma della comunione non c'è nemmeno l'ombra".
In effetti è proprio questo che emerge dalla lettura obiettiva della "Relatio". Come ho spiegato nel mio articolo uscito ieri, su queste colonne, nel documento finale del Sinodo non c'è alcun riferimento all'accesso all'eucarestia per i divorziati risposati, una rivoluzione che - capovolgendo la dottrina e la prassi consolidata da secoli, basata sulla Sacra Scrittura - ove fosse stata davvero approvata doveva essere messa non solo nero su bianco, ma anche lungamente trattata, con pagine e pagine di supporti magisteriali (che però non esistono).
C'è nella "Relatio" una sincera accoglienza, da parte della comunità cristiana, verso i divorziati che hanno fatto secondi matrimoni civili. Ma non si parla per loro di accesso all'eucarestia (che è impossibile, come ribadiva la "Familiaris consortio" di Giovanni Paolo II, pur valorizzando l'accoglienza).
Ma allora cosa è successo? Possibile che una così solare verità dei fatti che - insieme all'affondamento delle aperture su coppie di fatto e gay - segna la sconfitta di Bergoglio, sia stata ignorata dalla quasi totalità dei media italiani?
Purtroppo sì. Per capire qualcosa in più proviamo a dare un'occhiata ai titoli che i giornali stranieri hanno fatto sulle conclusioni del Sinodo. Paragoniamoli alle prime pagine dei giornali italiani.
NIENTE COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
Ecco il titolo che ha fatto El Paìs, l'omologo di Repubblica in Spagna: "Il Sinodo della famiglia si chiude senza soddisfare le aspettative del Papa".
Andiamo oltreoceano e vediamo il titolo del Wall Street Journal: "I vescovi portano il papa alla sconfitta sull'apertura ai cattolici divorziati".
Sottotitolo: "Il Sinodo si conclude senza avallare un percorso per accedere all'eucarestia per coloro che hanno divorziato e si sono risposati".
Il Sunday Times: "Il papa attacca i vescovi per aver bloccato la riforma gay". Il Daily Telegraph scrive: "Il Sinodo si è concluso. Niente di sostanziale è cambiato".
Il magazine cattolico ultraprogressista The Tablet scrive senza mezzi termini:
"Il Sinodo sulla Famiglia si è concluso senza alcun consenso sulla questione della comunione per i cattolici divorziati risposati e con il rifiuto di ogni cambiamento nella dottrina della Chiesa sull'omosessualità".
Il confronto fra i titoli dei giornali italiani e quelli del resto del mondo è obiettivamente impressionante. Vorranno i media italiani porsi qualche domanda? Si renderanno conto che c'è qualcosa che non va?
O lanceranno anche sui media internazionali l'anatema del "complotto contro il papa" come è stato fatto, nei giorni scorsi, con il "Quotidiano nazionale"? Non c'è, nei giornali italiani, verso Bergoglio, un eccesso di partecipazione ideologica che impedisce di vedere - e di riferire - i fatti per quelli che sono?
Oltretutto la sconfitta della linea Bergoglio-Kasper appare ancora più eclatante se si considera il punto di partenza, quel Concistoro del febbraio 2014 in cui il papa argentino lanciò la sua battaglia per rivoluzionare l'insegnamento della Chiesa.
TRE DOCUMENTI
Ci sono tre documenti, nero su bianco, da considerare per capire le tappe della sconfitta dei "sinistrini".
Primo. La relazione di metà Sinodo del 2014, che fu preparata da una commissione bergogliana e che recepiva comunione ai divorziati risposati e aperture a coppie di fatto e gay (fu bocciata).
Secondo. L'"Instrumentum laboris" uscito fra i due Sinodi, che riportava quei tre temi, ma in forma moderata (era già una piccola marcia indietro), tuttavia aggiungeva un sostanziale tentativo di accantonare l'Humanae vitae di Paolo VI.
Terzo. A conclusione del lavoro di questi due anni abbiamo la "Relatio" finale del Sinodo 2015 che ha letteralmente spazzato via quei temi, ribadendo fra l'altro l'insegnamento dell'Humanae vitae e sottolineando la forte opposizione della Chiesa all'ideologia del Gender.
Un'oggettiva sconfitta. Che adesso i bergogliani tentano di gabellare per vittoria usando i media compiacenti.
Ancora una volta, come nel postconcilio, si sta cercando di sostituire il "Sinodo reale" (quello dei documenti) con il "Sinodo dei media".
Sarebbe un vero colpo di mano. Ma i media stanno al gioco?
Nota di BastaBugie: da leggere perché interessante l'articolo di Marco Tosatti pubblicato il 26/10/2015 da La Stampa dal titolo " Sinodo. Voti rovesciati?".
Eccolo in versione integrale:
Abbiamo ricevuto la lettera di una persona esperta di numeri, matematica, percentuali e lettura delle stesse che ci offre un'interpretazione interessante della recente votazione sulla Relazione Finale al Sinodo dei vescovi. E' interessante, perché offre un'interpretazione completamente diversa da quella finora accreditata su chi ha votato pro e/o contro, e perché. E l'immagine che ne esce è profondamente diversa dal panorama corrente. E che sposta l'interesse dal tema dei divorziati risposati a quello delle unioni omosessuali e sull'ideologia gender, dove il testo è molto netto, con grande maggioranza di consensi.
L'autore, che come abbiamo detto è un esperto di questi temi, fa riferimento ai risultati pubblicati dal sito ufficiale della Santa Sede.
Ma ecco il testo:
"Se si analizza il voto per paragrafi, si nota che, indubbiamente, i padri sinodali che si sono opposti alle formule non sono stati pochi (il massimo è il 31% di "no" sul par. 85). Tuttavia, siamo lontanissimi dalla spaccatura che i media riportano, quando affermano che sul tema dei divorziati risposati il testo è passato per un solo voto. Ebbene, che significa che meno di un terzo dei padri ha votato "no" ? Che la frangia vittoriosa dei "si" è proprio quella dei "conservatori", ossia di coloro che hanno voluto un testo che non dicesse proprio nulla di nuovo rispetto al magistero (è stato giustamente richiamata la "Familiaris consortio", che viene riproposta nei paragrafi 84 e 85). (N.D.R. E forse sulla stessa linea può essere letta la dichiarazione del card. Pell, secondo cui è significativo che nel testo non si parli assolutamente di comunione).
Che l'ala della "discontinuità" sia uscita sconfitta e abbia, scontenta, votato "no" lo si capisce se si va a vedere quali sono gli altri paragrafi rispetto ai quali il dissenso è alto e supera il 10%. Si tratta, anzitutto, del paragrafo 76, che ha messo una pesante pietra tombale sulla "via ecclesiale" all'ideologia "gender" e sulle ipotizzate aperture della Chiesa alla ideologia "gay".
Siccome è un paragrafo lapidario e radicale, è matematico che quel 14% di no sia venuto tutto dall'ala "aperturista". Possiamo dunque assumere che il 31% di no al paragrafo 85 ed il 27% di no al paragrafo 84 siano costituiti per circa metà, del dissenso manifestato da coloro che non hanno digerito il paragrafo 76. La restante metà, è fatta in parte, ancora una volta, da "aperturisti delusi" e in piccola parte da quei padri conservatori che, pur approvando la sostanza dei paragrafi 84 e 85, hanno però disapprovato il fatto che il loro senso non sia stato più chiaramente esplicitato, per evitare che taluni possano maliziosamente o involontariamente fraintenderlo.
Come faccio ad affermare ciò? Lo faccio analizzando il voto relativo al paragrafo 86. Il paragrafo 86, infatti, è la chiave per leggere correttamente il n. 84 ed il n. 85, laddove esso prescrive che "..siccome nella legge non vi è gradualità..." allora occorre che "..il discernimento non possa prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo...". Si tratta di dottrina tradizionale allo stato puro, che i più preoccupati tra i conservatori dell'effetto mediatico, volevano fosse inserita nel corpo del n. 85, per evitare che coloro che, nell'epoca di Twitter, non riescono a leggere più di dieci righe alla volta, non cadessero nell'equivoco o non "ci marciassero" (come diciamo a Roma).
E quindi, il voto negativo sul n. 86 è sostanzialmente, ancora una volta, un dissenso tutto degli "innovatori". Riassumendo, quindi, la situazione della "Relatio Finalis" sui temi della morale coniugale più seguiti dal vasto pubblico, è ragionevole ritenere sia quella seguente:
a) la posizione sulla disciplina dei sacramenti per i divorziati risposati è in linea col magistero precedente, ed è stata sostenuta a maggioranza larghissima (stimo il 75%) dei padri sinodali. Un voto nel solco della continuità e, in tal senso, un voto a larga prevalenza conservatrice.
b) la posizione è stata avversata da una minoranza (stimo il 25%) di "aperturisti" o "innovatori". Si tratta di una percentuale fisiologica, non patologica c) la posizione è stata avversata da una piccolissima minoranza di padri conservatori (5%), che pur non essendo in dissenso sulla sostanza, hanno avuto perplessità circa la forma.
Poi vi è la chiusura sul tema gay, che è quasi da Concilio Ecumenico e resterà nella storia della Chiesa. È il vero evento che, silenzioso come una grande stella che esplode lontano di giorno, ma della quale poi ci si accorge nella notte, conferma che la Chiesa è il segno di contraddizione di sempre e che nella tempesta mantiene il suo corso".
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