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Chi si sta impegnando per il ritiro del ddl Cirinnà dovrebbe porre attenzione ad una posizione oggi abbastanza diffusa anche tra i cattolici, ecclesiastici e laici che siano. Questa idea è riassumibile in questa frase: sì alle unioni civili, no alle adozioni, e può creare non poca confusione. L'idea di fondo è che nella società di oggi ci sia una pluralità di unioni e che lo Stato le debba normare, l'importante è che non le equipari tra loro e, soprattutto, non le identifichi con il matrimonio.
SÌ ALLE UNIONI CIVILI? NO, MAI!
Questo viene ripetuto da molti con il seguente concetto: sì alle unioni civili, ma basta che non siano equiparate al matrimonio. In altri termini, tutte le forme di convivenze presenti di fatto nella società sarebbero buone, lo Stato le dovrebbe riconoscere e disciplinare, però ognuna al suo livello, senza confusione. Se quindi, dal ddl Cirinnà fossero tolti alcuni elementi che equiparano in tutto le unioni civili omosex al matrimonio, allora un cattolico potrebbe dare il suo assenso. Le unioni civili omosessuali non sarebbero sbagliate in sé, ma solo se copiano il matrimonio e si attribuiscono i diritti che spettano invece solo alla coppia eterosessuale sposata.
É da attribuire a questa visione delle cose l'insistenza (quasi esclusiva) sulla questione dell'adozione e, ancor più, su quella dell'utero in affitto, nelle critiche di parte cattolica sul ddl Cirinnà. Un grande no alle adozioni da parte delle coppie omosessuali che talvolta nasconde un sì alle unioni civili. Non si nega qui l'inaccettabilità dell'adozione del minore da parte di una coppia omosessuale o dell'utero in affitto. Si nega piuttosto che l'inaccettabilità del ddl Cirinnà stia solo in questi, pur gravissimi, aspetti. Anche se questi non ci fossero, il ddl Cirinnà sarebbe ugualmente inaccettabile.
In altre parole: non è vero che l'unica cosa che bisogna garantire è che le varie convivenze non siano equiparate le une alle altre e che tutte siano normate al loro proprio livello. Alcune proprio non possono essere riconosciute giuridicamente dallo Stato, perché intrinsecamente disordinate e contrarie al bene comune, ossia dannose per la comunità. Possono essere tollerate come comportanti privati, ma non possono avere il sigillo dell'autorità politica perché questo le proporrebbe pubblicamente come esemplari e utili. Il riconoscimento delle unioni civili omosessuali comporta il riconoscimento pubblico del valore dell'omosessualità in ordine al bene comune, il che è contrario sia alla legge naturale che a quella divina.
L'INSEGNAMENTO COSTANTE DELLA CHIESA
La tesi che sto criticando non è mai stata insegnata dalla Chiesa. Per quanto riguarda l'argomento del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e delle unioni civili omosessuali i documenti magisteriali di riferimento immediato sono due: Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle persone omosessuali della Congregazione per la dottrina della fede (2003) e con la Nota del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale italiana a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto (2007). Ambedue questi documenti negano, per motivi razionali connessi con i principi della legge morale naturale, e per motivi di fede relativi alla rivelazione di Nostro Signore, che una unione di fatto eterosessuale e, a maggior ragione, una omosessuale possano ricevere un riconoscimento giuridico e quindi venire trasformati da fatto privato in fatto di rilevanza pubblica, meritevole di sostegno e promozione da parte della comunità e dell'autorità.
TUTTE LE UNIONI SONO BUONE? NO!
Ciononostante, la tesi che ho presentato e criticato si sta diffondendo. Qualcosa di analogo era successo durante il Sinodo sulla Famiglia a proposito dei divorziati risposati e del loro accesso alla Comunione. Qualcuno diceva che nella convivenza tra un uomo e una donna senza essere sposati, nel secondo matrimonio di un divorziato o anche in una unione omosessuale c'era qualcosa di buono da valorizzare senza condanna e da far sviluppare in forme più adeguate di convivenza fino al matrimonio. Qui siamo in un contesto diverso, diciamo ecclesiastico, ma anche in questo caso tutte le unioni venivano intese come buone, al loro livello. Nessuna doveva quindi essere esclusa o indicata come radicalmente negativa, ma tutte dovevano essere accettate e disciplinate, pur senza confusione tra loro.
La concezione generale che sta dietro queste teorie è che il male, come situazione oggettiva, indipendentemente dalla responsabilità della persona, la cui coscienza esula dalle valutazioni di chicchessia, non esiste. Non ci sono forme di convivenza cui la legge di uno Stato debba dire di no e, quindi, non riconoscerle giuridicamente. Non esistono situazioni in cui la Chiesa non debba dire di no, e pretendere il loro abbandono da parte della persona veramente pentita.
Ma qui sta il problema: se tutte le unioni sono buone, perché mai lo Stato dovrebbe fermarsi dopo aver riconosciuto quelle tra due persone omosessuali, senza procedere a riconoscerne altre?
Nota di BastaBugie: Robi Ronza nell'articolo dal titolo "Renzi & Boldrini, premiata ditta menzogne" ci svela come, nonostante il capo del governo e la presidente della Camera insistano nel dire che l'Italia è l'unico paese europeo senza unioni civili, ciò è semplicemente falso. Nella Ue ci sono 12 paesi che non hanno il tema neanche all'ordine del giorno. E nel mondo non sono neanche 20 i Paesi che hanno legalizzato le nozze gay.
Ecco l'articolo integrale pubblicato da La Nuova Bussola Quotidiana il 25-01-2016:
«Siamo rimasti l'unico Paese dei 28 (dell'Unione Europea: Ndr) senza una disciplina sulle unioni civili», ha affermato recentemente Renzi aggiungendo poi che a tale eccezione occorre al più presto porre rimedio. La stessa cosa è stata poi perentoriamente ribadita da diversi esponenti della maggioranza di governo, dal ministro Martina e ancora ieri dalla presidente della Camera Boldrini, trovando disciplinata eco in una stampa e in telegiornali che hanno perso la buona abitudine di verificare la correttezza delle notizie che diffondono.
In realtà la notizia è falsa, le cose non stanno affatto così. Nell'Unione Europea il matrimonio omosessuale è in vigore in 11 Stati membri, e l'unione civile in altri quattro. Gli Stati ove invece non solo non esiste ma nemmeno è in discussione sono 12. Tra questi la Slovenia dove nello scorso dicembre 2015 un referendum popolare cancellò con una maggioranza del 63% dei votanti la legge che l'aveva introdotto pochi mesi prima. In Italia infine come sappiamo il dibattito è in corso. Stando così le cose viene da domandarsi se Renzi sia male informato o in mala fede. Siccome però non si può credere che un politico brillante come lui sia tanto sprovveduto c'è da temere che valga piuttosto la seconda delle due ipotesi.
Considerando poi quanto la questione del matrimonio omosessuale e delle unioni civili sia poco urgente in Italia rispetto a ben altri problemi (in primo luogo la persistente incapacità della nostra economia di uscire dalla crisi), c'è da domandarsi se la determinazione con cui Renzi si impegna a introdurre a tutti i costi nel nostro ordinamento un'unione civile (che in effetti è un matrimonio omosessuale mascherato) non sia piuttosto dovuta a pressioni esterne tanto forti da risultargli irresistibili.
Lo sgretolamento del carattere specifico della famiglia, ovvero il suo declassamento a semplice contratto di diritto civile, per i grandi poteri cui conviene la società "liquida" è un obiettivo-chiave. D'altra parte non si tratta di un segreto: basta andarsi a leggere qualche pagina degli scritti dei teorici di questo genere di società per rendersene conto. In tale prospettiva per l'ampio schieramento internazionale perciò mobilitato a favore della parificazione ex lege fra matrimonio secondo natura e convivenze omosessuali, riuscire a ottenere che nel diritto italiano entri una qualche forma di istituzionalizzazione di tali convivenze sarebbe un fatto di enorme importanza.
Il cuore della Chiesa è in Italia, a Roma. Vedendo in essa la prima e decisiva "società naturale" precedente e indipendente dal potere, sin dalle origini la Chiesa ha promosso la famiglia con la più grande fermezza. Anche per questo non esitò a scontrarsi con la mentalità corrente nell'epoca tardo romana in cui dapprima si sviluppò: un'epoca, che gli storici più aggiornati preferiscono oggi chiamare "tardo-antico", le cui somiglianze con la nostra sono davvero sorprendenti. Inoltre fra i sei Stati fondatori delle istituzioni europee l'Italia, il cui influsso culturale è notevole sia nell'Europa orientale che nel Levante e nell'America Latina, è l'unico a non aver sin qui introdotto il matrimonio omosessuale (e nemmeno l'unione civile).
Di qui il rilievo internazionale che ha lo scontro in corso nel nostro Paese. Ciò rende tra l'altro più comprensibile la campagna pro unioni civili in cui - ben al di là della loro convenienza di Tv commerciali - sono impegnate in Italia pancia a terra sia SkyTv, filiale italiana dell'omonima grande multinazionale americana dell'informazione, e sia La7, sempre all'inseguimento di Rai3, la meno vista delle reti Rai, con una capacità di resistenza pluriennale a bilanci in costante passivo che sarebbe altrimenti molto difficile da spiegare.
Nel nostro Paese si sta guardando troppo alla vicenda come se fosse di puro rilievo nazionale, mentre la sua rilevanza internazionale è evidente. Tanto più che nel mondo, diversamente da quanto stanno cercando di farci credere, quella dell'unione civile e del matrimonio omosessuale non è affatto una marcia trionfale.
Il matrimonio omosessuale vige soltanto in meno di 20 degli oltre 200 Stati membri dell'Onu, e non ha "sfondato" nemmeno in Europa. Qui, considerando anche i Paesi che non fanno parte dell'Ue, risulta oggi in vigore in 13 Stati, ossia nei cinque Paesi nordici, e in Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Francia, Spagna e Portogallo, mentre in altri sei (Svizzera, Germania, Austria, Ungheria e Croazia) vige l'unione civile. Nulla del genere esiste e nemmeno viene invece prospettato in Russia e nell'intera Europa orientale mentre in Italia, come si diceva, il dibattito è in corso. Nel resto del mondo la situazione è la seguente: non si ritrova il matrimonio omosessuale in alcun Paese dell'Asia mentre nei restanti continenti i Paesi dove vige sono complessivamente soltanto otto: in Africa il Sudafrica; nelle Americhe il Canada, gli Stati Uniti (a Washington e in 37 Stati membri su 50), il Messico (in 5 Stati membri su 31) il Brasile, l'Uruguay e l'Argentina; nell'Oceania la Nuova Zelanda.
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