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#LoveIsLove è il tormentone che da oltre due anni a questa parte ha invaso i media mondiali. Eppure, bastava immergersi nella folla accorsa al Circo Massimo di Roma in occasione del Family Day contro il ddl Cirinnà sulle unioni civili per capire che l'amore non ha nulla a che fare con l'istinto rivendicato come diritto per legittimare qualsiasi tipo di unione. Sabato scorso a riempire di due milioni di persone la spianata romana c'erano mamme, papà, bambini, nonni, giovani provenienti da tutta Italia. Sono gli stessi, raddoppiati di numero, che il 20 giugno 2015, di fronte all'introduzione del disegno di legge alla Camera avevano invaso piazza San Giovanni lasciando esterrefatta sia la stampa sia i vertici della Chiesa.
DUE MILIONI DI CUORI
Anche questa volta sono accorsi, ma meno euforici di allora. Parevano più stanchi e pallidi per il secondo viaggio che per tanti è durato tutta notte. Le speranze e le apprensioni che da sempre albergano nel cuore di chi ama qualcosa o qualcuno apparivano con più enfasi sui loro volti. Esserci ancora è stato uno sforzo fisco ed economico ulteriore, nel pieno di una battaglia che con il passare del tempo sostituisce l'eccitazione al giudizio. C'era chi si è rincontrato e si abbracciava grato di non essere solo, chi assonnato veniva sollevato alla vista dell'amico che magari non vedeva da mesi. E così mentre proclamavano che l'amore vero è sacrificio, lo imparavano incarnandolo: c'era chi seduto in attesa dell'inizio della manifestazione posava il capo su una spalla amica. Chi pregava il rosario in gruppo benedicendo il pranzo al sacco da condividere con gli altri. C'era chi si aiutava a reggere i cartelli contro la legge, mentre un gruppo di persone distribuiva gratuitamente i giornali della piccola stampa amica.
MA SI CONOSCONO TUTTI MAMMA?
«Ma si conoscono tutti mamma?», chiedeva un bambino. E c'era da commuoversi, perché la rispostaera «sì, siamo tutti amici». È vero e si capiva che, almeno come impeto, quella gente darebbe la vita l'uno per l'altro. Molti di loro fino a due anni fa non si conoscevano nemmeno, eppure parevano membra dello stesso corpo. Non è vero allora che il popolo del Family Day è un miracolo improvvisato di animi finora inconsapevoli di essere mossi da uno stesso ideale. Chi ne fa parte sa che questo evento è stato il frutto di un lavoro silenziato dalla grande stampa, ma che dall'estate del 2013, di fronte all'introduzione del ddl Scalfarotto, che sanciva l'avanzata dell'ideologia gender nel paese, ha vegliato continuamente in centinaia di piazze italiane, ha girato convegni, Comuni, oratori, associazioni da Nord a Sud Italia, senza sponsor né lobby alle spalle, per smascherare un pericolo che avanzava in sordina e per affermare il legame alla realtà, e per chi crede al suo Creatore, che chi detiene il potere vuole recidere.
Tante mogli hanno agito nel nascondimento accudendo i figli e lasciando che i mariti combattessero la buona battaglia. Tanti hanno provato a dire la verità sull'amore di fonte ai compagni di scuola o di università a prezzo dell'incomprensione. Ci sono giornalisti che hanno scritto contro la mentalità dominante dei colleghi, amministratori comunali che hanno provato ad arginare la deriva a costo del disprezzo. Diversi conventi hanno pregato e addirittura contribuito alle spese del viaggio di qualcuno, mentre semplici sacerdoti sostenevano i laici. Infine, dietro il successo del Family Day ci sono migliaia e migliaia di ore pregate da centinaia di persone che attraverso il passa parola hanno aderito alla proposta di vegliare almeno un'ora a testa per la conversione dell'Italia e supplicando lo Spirito di ispirare chi si è assunto la responsabilità di farsi volto pubblico di questo popolo.
Tutto questo ha generato una rete di amicizia, per cui non si percepiva discontinuità fra i membri del comitato "Difendiamo i nostri figli", promotore dell'evento, che parlavano dal palco dichiarando, come Mario Adinolfi, che il ddl è inaccettabile e chi da sotto lo incoraggiava a non cedere a compromessi così: «No al ddl Cirinnà anche senza adozioni». Perché come ha ricordato l'avvocato Simone Pillon, «queste leggi servono solo a lasciare l'uomo più solo", in preda a quel sentimento che, assolutizzato, impedisce legami stabili. Pensando ai volti in piazza cresce la gratitudine di far parte di un popolo e il desiderio di sacrificarsi per costruirlo e difenderlo, mentre risuona l'appello a chi è ostile dell'avvocato Gianfranco Amato: «Non perderti, esiste un Dio tenero e misericordioso che ti ama».
COSTANZA MIRIANO
La giornalista e scrittrice Costanza Miriano ha poi ricordato l'origine della rivoluzione dell'amore come antidoto al possesso, tradito da un'Europa che ha rinnegato le sue radici cristiane: «La verità dell'uomo è Cristo, anche per chi non lo ha conosciuto e noi abbiamo la responsabilità di annunciarlo». Perché questo amore sia negato nel rapporto fisico tra persone dello stesso sesso, motivo per cui la piazza non può accettare alcun compromesso legislativo, lo ha spiegato il portavoce del comitato, Massimo Gandolfini, che parlando a braccio pareva immedesimarsi con il cuore dei presenti: «Amore è capacità di spendersi e donarsi per un altro, a tal punto che nasce una vita umana e ciò ha bisogno della fusione dei corpi, tramite cui diventiamo partecipi della creazione di Dio». E se l'amore non è dono anche la prole diventa possesso, svelando che la legalizzazione delle unioni civili, prima poi, non può che portare alla "pratica abominevole dell'utero in affitto", menzionata dal direttore di ProVita Toni Brandi.
Alle fine dell'evento, dopo l'abbraccio fra la piazza e il palcoscenico, la folla si apprestava a tornare verso pullman e treni. Alcuni prima di partire hanno fatto tappa nella chiesa vicina di santa Anastasia, in cui era esposto il Santissimo: è, lì, in ginocchio di fronte al corpo di chi ha sacrificato la vita per salvare anche quanti lo respingevano che hanno ricompresso l'origine di quel corpo in cui erano immersi fino poco fa. Il corpo in cui l'emozione fugace lascia spazio al dono stabile di sé, quello che anche l'uomo più ribelle, che conosce solo l'egoismo del possesso, in fondo al cuore desidera. Quello che dopo 24 ore di viaggio rendeva le facce esauste e vicine così belle, liete e sempre più consapevoli della vita come compito.
Nota di BastaBugie: per vedere l'imperdibile video "La battaglia contro la realtà" che ridicolizza chi vuol dare i figli ai gay, clicca nel link qui sotto:
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2887
Andrea Zambrano nell'articolo dal titolo "Scoop a Sky: al Circo Massimo non c'è nessuno" ci parla delle menzogne di Sky sul Family day. Tutti gli abbonati di Sky dovrebbero valutare la possibilità di disdire l'abbonamento facendo pervenire a Sky le ragioni del proprio dissenso.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La nuova Bussola Quotidiana il 1° febbraio 2016:
Che importa se al Circo Massimo erano in 300mila o in due milioni? Tanto ai telespettatori di Sky che hanno seguito l'evento in Tv sono sembrati anche meno. Quanti? Appena appena il numero dei relatori che si sono alternati a parlare. Le telecamere di Sky? La diretta? Il canale dedicato su Sky Eventi al 504? Tutto vero. Peccato che per l'occasione del Family Day, la corazzata targata Murdoch abbia, diciamo così, risparmiato sul budget.
Nessuna regia, nessun inviato a commentare, intervistare. Solo una telecamera fissa, che inquadrava giusto giusto il microfono dove Costanza Miriano, Massimo Gandolfini, Gianfranco Amato, Simone Pillon, Mario Adinolfi e tutti gli altri hanno offerto la loro testimonianza. Una telecamera fissa che inquadrava desolatamente il microfono abbandonato quando l'evento si spostava sul maxishermo. E soprattutto: zero gente.
Per Sky al Family Day non c'era nessuno perché l'operatore non ha avuto neanche l'ardire di voltarsi indietro e provare a riprendere la marea umana di gente, della quale arrivavano voci e applausi, ma come in un telefilm anni '80 con le risate finte. Proprio un bel servizio pubblico da parte di un emittente privata che si distingue per altri eventi per grande professionalità ed equidistanza. Ma in questo caso si vede che l'equidistanza ha ceduto il passo alla faziosità. Perché i tanti telespettatori paganti, tra i quali il sottoscritto, che sabato non potevano essere a Roma, hanno potuto partecipare a metà al Family Day perché non hanno potuto sentirsi parte di un popolo vivo e vero che aveva fatto sacrifici per essere al Circo Massimo.
Il telespettatore di Sky del Family Day è stato beffato: tante parole, ma immagini zero, perché forse sono le immagini che disturbano il padrone del vapore. A proposito di immagini. A un certo punto Gandolfini annuncia un video sull'utero in affitto. L'inquadratura si ritrova così un microfono in primo piano senza nessuno, uno spazio inoccupato mentre l'audio faceva arrivare gli echi del documentario sull'atroce industria della maternità surrogata. Dalla regia di Milano qualcuno deve essersi accorto del pericoloso e sedizioso tentativo di attaccare un business faraonico ed è partita subito la pubblicità che ha occupato lo spazio di almeno 3 minuti. Giusto il tempo di far terminare il documentario.
Complimenti davvero per la professionalità e l'equidistanza. Chicca finale: sull'app di skygo, il servizio che permette di vedere i principali canali Sky direttamente sullo smartphone, nell'elenco dei canali disponibili, subito dopo quello del Family day, compariva il 407 di Sky History. Argomento? La Chiesa e il sesso. Non osiamo immaginare il contenuto, ma chissà perché ci sembra che sia un film già visto.
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