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Il disegno di legge sulle unioni civili è una pazzia per tante ragioni: la sovrapposizione della disciplina delle coppie omosessuali a quella della famiglia fondata sul matrimonio, l'estensione della possibilità di adottare anche da parte di due persone dello stesso sesso, la conseguente deriva dell'utero in affitto. Di tutto ciò si parla lungamente da mesi. Finora però non vi è stata riflessione su quella che sarebbe una conseguenza diretta dell'approvazione del ddl, e cioè sulla pesante compromissione della libertà di tanti che da esso deriverà.
Provo a spiegarmi partendo da una norma del Cirinnà, contenuta nell'articolo 8, che stabilisce (comma 1 lettere a e b) che le coppie formate da persone dello stesso sesso che hanno contratto matrimonio all'estero, hanno diritto a ottenere la trascrizione nei registri italiani dello stato civile, e si applicano a loro le disposizioni delle unioni civili. L'articolo conferma l'identità di regime fra matrimonio e unioni civili: a queste ultime manca solo essere chiamate matrimoni, la sostanza c'è tutta se è possibile perfino la trasposizione delle nozze da fuori i confini nazionali. E si pone un'ulteriore questione: che succede al funzionario dell'anagrafe che - aderendo in coscienza a un dato di natura e a un chiaro dettato costituzionale (articolo 29 Cost.) - rifiuta la trascrizione?
A ben guardare, il problema non riguarda solo l'articolo 8, ma l'intero impianto del ddl: l'unione civile, in base all'articolo 1, viene formalmente costituita con una dichiarazione di due persone dello stesso sesso «di fronte all'ufficiale dello stato civile e alla presenza di due testimoni». Il dipendente comunale che sa che da quella dichiarazione deriva la costituzione di un regime giuridico sostanzialmente matrimoniale può astenersi dal riceverla, per non dare alla sua formazione un contributo determinante? Il ddl Cirinnà non contiene alcuna norma che legittimi l'esercizio dell'obiezione di coscienza. Eppure i precedenti non mancano: il caso più significativo è il diritto di obiezione che la legge sull'aborto riconosce al medico e all'esercente una attività sanitaria rispetto alla partecipazione alla procedura che porta a uccidere il concepito.
La mancata previsione di questa possibilità nella futura legge sulle unioni civili provocherà problemi seri a una fascia consistente di lavoratori dei municipi: quale sarà l'effetto del rifiuto di trascrivere o di recepire la dichiarazione, motivato da ragioni di coscienza e dal richiamo alla Costituzione? Il licenziamento? L'avvio di un procedimento penale per rifiuto di atti d'ufficio? Il caso Kim Davis, l'impiegata del Kentucky finita in carcere per aver opposto un diniego del genere, mostra nella sua drammaticità che leggi sul matrimonio omosessuale fanno passare dalla discriminazione alla persecuzione, e rende evidente che il totalitarismo non cessa di essere tale se non ci sono i lager o i gulag: la sua apparenza non cruenta non elimina la dimensione fortemente oppressiva.
La casistica di altre nazioni che hanno introdotto le nozze omosessuali non si limita ai funzionari pubblici; coinvolge, per esempio, i pasticcieri che rifiutano di confezionare torte che raffigurino sposi dello stesso sesso, i fiorai, i fotografi... Un problema altrettanto serio si pone a scuola: cosa accadrà al docente che si ostinerà a spiegare agli alunni che il matrimonio è quello fra un uomo e una donna?
Che nel ddl Cirinnà non si preveda l'obiezione di coscienza spiega peraltro perché, dopo la rapida approvazione avvenuta alla Camera nel settembre 2013, il Senato abbia abbandonato la trattazione del ddl Scalfarotto sull'omofobia: le previsioni contenute in quest'ultimo sono implicitamente riprese, amplificate e rese più efficaci nell'altro. In assenza di ragionevolezza sul punto, una questione di tale gravità giustificherebbe la rottura di una maggioranza. Non ci si può limitare a dire "non concordo" e poi condividere posti di governo con gli artefici della prepotenza istituzionale: la follia ha reso così ciechi da lasciar passare, insieme con la distruzione della famiglia, anche la concreta compressione delle libertà di ciascuno di noi?
Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini nell'articolo dal titolo "Senza padre, chi paga il prezzo della mancanza" svela le difficoltà dei figli cresciuti senza padre (o senza madre): maggiori difficoltà scolastiche, un quoziente intellettivo più basso, maggiori difficoltà nella relazione con i coetanei, maggiore aggressività, una maggior possibilità di compiere reati. Un libro raccoglie questi dati e mostra ciò che già la scienza ha accertato.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La nuova Bussola Quotidiana il 18-02-2016:
È stato recentemente pubblicato un libro che merita qualche attenzione: Fatherless, l'assenza del padre nella società contemporanea di Stefano Parenti, psicologo e psicoterapeuta. Pubblicato per i tipi di D'Ettoris, Fatherless è una indagine sui bambini e ragazzi cresciuti senza padri, per vedovanza della madre, mancato riconoscimento, separazione o divorzio. Leggendolo, scopriamo che i "fatherless" mostrano statisticamente una serie di differenze rispetto agli altri bambini.
Ad esempio, maggiori difficoltà scolastiche, un quoziente intellettivopiù basso, maggiori difficoltà nella relazione con i coetanei, maggiore aggressività, una maggior possibilità di compiere reati, uno sviluppo morale più difficoltoso, esperienze sessuali più precoci, maggiore sfiducia verso il matrimonio, una più elevata possibilità di incorrere in disturbi mentali, minore autostima e maggiore ansia, una ridotta sensazione di controllo, maggiore probabilità di problemi dell'identità di genere. Scopriamo anche che la morte del padre è meno traumatica, per i bambini, di separazione e divorzio, che una figura paterna vicaria non sostituisce il padre, che l'effetto dell'assenza del padre è diverso per i figli maschi e per le femmine (il che significa che il padre ha un ruolo diverso per i figli maschi e per le figlie femmine), e che l'assenza del padre ha effetti diversi rispetto all'assenza della madre.
Scopriamo anche che gli psicoterapeuti, con le osservazioni empiriche fornite dalla pratica clinica,avevano già constatato che l'assenza paterna costituisce un grande fattore di rischio per la costruzione di un carattere forte e maturo, adulto e responsabile. Parenti, nel testo, non si esime dal ricorrere alla propria esperienza clinica, esponendo diversi esempi tratti dalla sua pratica professionale. Individua le caratteristiche psicologiche del "tipo" senza papà e propone una strada per ricucire le ferite causate dall'assenza paterna, attraverso lo sviluppo delle virtù intellettuali e morali.
L'attualità, inoltre, ci offre un motivo in più per apprezzare questo lavoro. Abbiamo visto che cresceresenza padre non è la stessa cosa che crescere con il padre, sia per i bambini sia per le bambine; la stessa cosa potremmo dirla per l'assenza della madre. Questi effetti emergono chiaramente dalla letteratura scientifica, e sono ormai accettati dalla comunità scientifica internazionale. Ebbene, i media vorrebbero convincerci che questo effetto svanisce nel nulla se il genitore rimasto ha tendenze omosessuali. Già, perché i figli delle «famiglie arcobaleno» sono in realtà fatherless o motherless; eppure i sostenitori della stepchild adoption, i paladini del ddl Cirinnà, insistono nel dire che «non c'è differenza» tra crescere in una famiglia naturale (con un padre ed una madre) e crescere in una famiglia omogenitoriale (cioè essere fatherless o motherless). Siamo alle solite: se i fatti non si accordano con la teoria... tanto peggio per i fatti.
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