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Poiché si parla sin troppo (anche, imprudentemente, nella Chiesa stessa) di un presunto "riscaldamento globale" che minaccerebbe la vita sulla terra - e che è invece negato da scienziati autorevoli - mi è venuto in mente il celebre Emmanuel Le Roy Ladurie. È il primo storico accademico che abbia redatto una Storia del clima, opera potente ma che non è stata citata da alcuno nel grande dibattito attuale, rinfocolato dalla enciclica ambientalista del Vescovo di Roma, come ama essere chiamato.
REPUBBLICA FRANCESE E LEGGI DI SOPPRESSIONE
Le Roy Ladurie fu comunista sino all'invasione sovietica dell'Ungheria e poi militò in vari partiti, sempre a sinistra. Ma la politica non lo condusse sino a rinnegare suo nonno, ufficiale dell'esercito francese, che si era rifiutato di obbedire all'ordine di sgomberare con la forza una casa religiosa. Era il 1902, con l'entrata in vigore delle leggi di soppressione delle Congregazioni cattoliche voluta dall'ex seminarista Emile Combes, divenuto fanatico anticlericale, come è spesso avvenuto ed avviene per gli "ex". Il nonno del futuro storico, che rifiutò di operare contro dei frati per cacciarli dal loro convento, fu giudicato per insubordinazione da una Corte marziale ed espulso dall'esercito con, tra l'altro, la negazione di ogni pensione. Gli fu almeno risparmiato il carcere e la degradazione pubblica: bontà, davvero, del capo del governo, il sullodato Combes. Nel 1915, a guerra mondiale scoppiata, le autorità ebbero un pressante bisogno di bravi ufficiali e, così, il militare cacciato con infamia per non aver voluto "attaccare" con i suoi soldati un convento come fosse una fortezza, fu richiamato in servizio. Ma, per "marchiarlo" comunque, non gli fu riconosciuto l'avanzamento di grado cui avrebbe avuto diritto per gli anni di espulsione dall'esercito. Un episodio che ricordiamo per confermare quale fosse il clima, per i cattolici, durante la III repubblica francese, il cui governo era il braccio scoperto (e violento) della società segreta.
STORIA DEL CLIMA
Idee politiche a parte, l'opera del nipote Emmanuel è non solo importante ma anche di interessante lettura: la sua originale storia del clima mostra come il tempo - caldo o freddo, secco o piovoso - condizioni o magari decida gli eventi della storia umana. Per fare un esempio, la rovina di Napoleone, quella disfatta in Russia, che portò alla prima abdicazione, fu dovuta ad un inverno che in quell'anno fu eccezionalmente precoce. Della sua seconda abdicazione, dopo la fuga dall'Elba, fu responsabile soprattutto la pioggia scrosciante che nella notte che precedette la battaglia di Waterloo. Nella piana argillosa del Belgio, il fango paralizzò il movimento dei cavalli, fece impantanare i cannoni, impedì gli assalti della fanteria, immersa nella melma fino alle ginocchia. Le operazioni francesi poterono iniziare solo nella tarda mattinata, quando il sole aveva asciugato un poco il terreno, ma per il Bonaparte era troppo tardi, si diede così a Bluecher, capo dell'armata prussiana, il tempo di giungere verso sera a salvare i soldati di Wellington e a mettere in fuga i francesi. Ma, prima ancora, non era stata una imprevista tempesta nella Manica a scompaginare la spagnola Invencible Armada, salvando così l'Inghilterra staccatasi da Roma e rendendo impossibile la riconquista al cattolicesimo dell'intera Europa, come desideravano gli imperatori austro-ispanici?
Ma Le Roy Ladurie fu il primo a rivelarci come il tempo atmosferico abbia avuto grande importanza anche nell'inizio della Rivoluzione Francese. Il caldo straordinario e la siccità dell'estate 1788 impedirono il raccolto del grano, della frutta, nonché la vendemmia in buona parte della Francia. Così, la carestia imperversò e divenne drammatica, in attesa del raccolto del 1789: ma anche in quell'anno la produzione agricola fu molto deludente. Il prezzo del pane e del vino raggiunsero livelli mai visti prima. Secondo lo storico, la rivoluzione divenne sin dagli inizi violenta anche perché le folle, soprattutto parigine, erano esasperate dalla fame e avevano già tumultuato più volte, con tanto di barricate, prima che si riunissero gli Stati Generali. Fu facile, per i demagoghi borghesi (ma anche per gli aristocratici "progressisti") che vollero e guidarono la rivoluzione, servirsi di quella gente esasperata, impiegata, nell'esempio più celebre nell'assalto di quel simbolo dell'Ancien Règime, anche se ormai inutilizzato, che era la Bastiglia. La rivoluzione fu voluta e gestita dalle classi alte ma la "manovalanza" violenta di cui avevano bisogno fu messa a disposizione dei popolani affamati dal clima avverso.
LENIN
A proposito di Rivoluzione Francese. L'Unione Sovietica era stata appena fondata ed era riconosciuta soltanto da pochi Paesi. Tra questi non c'era la Francia che, nella nuova capitale, Mosca, non aveva un ambasciatore ma solo un rappresentante diplomatico. Costui, un giorno, chiese udienza a Lenin per protestare, a nome della umanità, per le stragi e le esecuzioni di massa che erano segnalate da molte parti. Lenin guardò quel francese con uno dei suoi temibili sorrisetti: "Ci accusate di essere crudeli? Ma i vostri borghesi non lo furono altrettanto con quel Grande Terrore che è diventato simbolo della strage politica? Venite proprio voi ad esortarci alla clemenza?". Una volta tanto, quell'uomo diabolico (la vera "anima nera" del Novecento) non aveva torto.
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