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«Questa è Emmy, che spedisce la nostra lettera allo specialista prenatale che non voleva farla vivere, suggerendomi ripetutamente di abortire». È questa la didascalia scelta da Courtney Baker, madre americana di tre bambine, in una foto nella quale si vede la figlia di un anno con la sindrome di Down sorridente e la lettera in mano.
La foto e il contenuto della lettera sono stati originariamente pubblicati da Parker Myles, blog che si batte contro la discriminazione dei bambini Down, e poi ripresi dai media americani. Baker ricorda nella lettera il primo incontro con il medico, quando aveva bisogno di capire che cosa avrebbe significato avere una figlia Down: «Sono venuta da te nel momento più difficile della mia vita. Ero terrorizzata, ansiosa e disperata. Non sapevo ancora la verità sulla mia bambina, questo è ciò di cui avevo disperatamente bisogno da te».
DOVEVI SOLO SOSTENERMI E INCORAGGIARMI
«Invece di sostenermi e incoraggiarmi», si legge nella missiva, «mi hai suggerito di terminare la vita della nostra bambina. Io ti ho detto il nome [che avevamo scelto per lei] e tu mi hai chiesto di nuovo se avevo capito quanto bassa sarebbe stata la nostra qualità della vita con un figlio con la sindrome di Down. Ci hai suggerito di riconsiderare la decisione di andare avanti con la gravidanza. Da quella prima visita, abbiamo temuto le successive. Mi hai reso il momento più difficile della mia vita quasi insopportabile, perché non mi hai mai detto la verità. Che la mia bambina era perfetta».
La madre si dice non «arrabbiata, ma triste» e «mi si spezza il cuore all'idea che potresti aver ripetuto a un'altra mamma oggi che un bambino con la sindrome di Down diminuisce la qualità della vita. Ma soprattutto sono triste perché non avrai mai il privilegio di conoscere mia figlia, Emersyn, che non ha solo aumentato la nostra qualità di vita, ma a toccato il cuore di migliaia di persone».
Infatti, «lei ci dà uno scopo e una gioia impossibili da esprimere. Ci ha aperto gli occhi alla vera bellezza e all'amore puro. La mia preghiera», conclude la lettera, «è che nessun altra mamma passi quello che ho passato io. (...) Prego anche che tu, quando vedrai il prossimo bambino con la sindrome di Down tutto avvolto nell'utero della madre, possa guardare a quella mamma e, vedendomi, dirle la verità: "Il tuo bambino è perfetto"» [leggi LA GRAZIA DI AVERE UN FIGLIO DOWN, clicca qui, N.d.BB].
Nota di BastaBugie: Giuliano Guzzo nell'articolo dal titolo "Divieto di aborto per figli Down, gli Usa procedono" ci rivela che alcuni Stati americani sono controcorrente rispetto alla cultura della morte.
Ecco l'articolo completo pubblicato nel suo blog il 7 giugno 2016:
In principio fu, nel 2013, il North Dakota mentre ora è il turno della Louisiana, che - con un provvedimento da poco approvato dal suo Senato - è divenuto il secondo Stato a vietare l'aborto in caso di anomalie genetiche, tra cui anche la Sindrome di Down. La notizia, che inquieterà non poco il mondo progressista, è certamente significativa per tante ragioni.
Tanto per cominciare perché proviene da uno Stato che non più tardi di qualche settimana fa aveva già approvato il divieto dell'aborto per smembramento, abominevole procedura - conosciuta formalmente come dilatazione ed estrazione, o "D & E" - con la quale il corpo del nascituro viene letteralmente fatto a pezzi per poi essere estratto dal grembo della madre: segno che sul tema del diritto alla vita, se si vuole, si può fare e fare molto sul piano politico.
Chissà che quando la sbornia diritticivilista europea si placherà non si possa pure qui, da noi, riaprire un dibattito serio in chiave antiabortista.
Una seconda considerazione utile sul nuovo provvedimento approvato dalla Louisiana - che non esito a definire di civiltà - può essere quella di far notare come, ponendosi a tutela dei bambini affetti dalla Sindrome di Down, questa legge difenda esseri umani il cui diritto alla vita è oggi minacciato in più parti del mondo: sia in quello occidentale, dove l'aborto eugenetico è prassi diffusa, sia in quello dell'ISIS i cui miliziani pare siano soliti «uccidere sui territori amministrati i fanciulli down o nati con malformazioni fisiche e psichiche» (Il Giornale, 15.12.2015, p.13); in questo particolare versante, insomma, estremismo islamico e conformismo edonista si somigliano, è bello che vi sia qualche Stato che inizia a tracciare la strada di un cambiamento.
Terza e ultima considerazione sulla svolta di North Dakota e Louisiana: la riscoperta dei diritti. Può sembrare paradossale, ma è proprio nel momento in cui l'attenzione al tema dei diritti umani sembra massima che i diritti del figlio concepito - senza dubbio il soggetto più debole in assoluto - toccano la loro più bassa negazione, essendo invece sempre più riconosciuto e addirittura celebrato il diritto di eliminare un figlio (aborto), di fabbricarlo in laboratorio (fecondazione in vitro), di cederlo dietro compenso ("maternità surrogata"), di privarlo del diritto di un padre e una madre (adozioni gay). Un paradosso - quello della negazione, ai giorni nostri e apparentemente civilizzati, dei diritti dell'essere umano concepito - troppo grave per essere tollerato per sempre. Ebbene, è significativo che degli Stati americani ricordati abbiano deciso, ponendosi in controtendenza, di riconoscere il diritto alla vita dei bambini Down. Forse sono i primi bagliori di una nuova, quanto mai attesa alba.
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