« Torna alla edizione


DISTRUZIONE DI CHIESE E ''ARTE'' ISLAMICAMENTE CORRETTA
Il Corano vieta di rappresentare qualunque realtà vivente: al pittore si taglia la mano destra, allo scultore il braccio e le opere d'arte vengono distrutte, come accadde a Costantinopoli
di Vittorio Messori
 

Tra i divieti coranici c'è anche quello di rappresentare qualunque realtà vivente: quindi, non soltanto gli umani e gli animali, ma anche le piante ei fiori e qualunque cosa abbia vita. Così, l'arte islamica ha dovuto limitarsi a interpretare, con infinite varianti, l'alfabeto arabo, ma solo quello che riporta le parole del Libro.

ARTE ISLAMICAMENTE CORRETTA
Il divieto nasce dall'ossessione di Maometto per un ritorno all'idolatria dell'Arabia del suo tempo, idolatria favorita da quadri, affreschi, statue: solo Allah va adorato, nulla e nessuno al di fuori di lui. Qui pure, le pene non mancano e non sono lievi: se al pittore si taglia la mano destra, allo scultore addirittura l'intero braccio. Quando, nel 1453, Costantinopoli fu presa dai Turchi e quando i nuovi padroni, condotti dal sultano Maometto II, deciso di trasformare le centinaia di chiese in moschee, il lavoro fu immane. A cominciare dal più grande tempio cristiano del mondo di allora, la basilica di Santa Sofia, coperta interamente - dentro e fuori - da statue, mosaici, affreschi. Se le sculture furono distrutte, le immagini dovettero essere ricoperte di vernice, con un puntiglio che non risparmiò nessun dettaglio. Talvolta, l'orrore islamico esplode anche tra gli immigrati in Europa: soprattutto in Francia e in Germania, qualcuno colto da una sorta di raptus religioso devasta a colpi di mazza le chiese cattoliche, con le loro raffigurazioni umane.
Se, come qualche pessimista prevede, aumentando di continuo l'afflusso nel nostro continente (non si tratta di una immigrazione, bensì di una migrazione di popoli, come quelle antiche), se i musulmani dovessero davvero "sottomettere" - come le loro leggi impongono - i superstiti cristiani, i soli a non dover temere sarebbero gli artisti contemporanei. Le loro opere, infatti, sono ormai da molti decenni "islamicamente corrette": astrattismo, surrealismo, cubismo e così via, tutto rappresentano tranne realtà riconoscibili. Dunque, nessun pericolo di caduta nell'idolatria, davanti a questi coacervi di colori e linee in cui nulla è riconoscibile. Non è dunque un caso che a Dubai, dove gli Emirati Arabi hanno costruito una grande e moderna metropoli nel deserto, si sia aperta la prima galleria pubblica del mondo islamico: in effetti, tutto ciò che vi è contenuto (e che proviene in massima parte da artisti di Europa e Stati Uniti) è talmente astratto da non offendere neppure il più rigoroso degli imam.

COLPA DELLE CROCIATE? NO, DELL'IGNORANZA UNIVERSITARIA
Per finirla, almeno stavolta, con i maomettani: in uno dei miei faldoni, trovo un ritaglio che non rafforza la mia fiducia nei docenti universitari. Protagonista, qua, è un noto filosofo che ha pubblicato libri che mi dicono "importanti" e che occupa ora una cattedra nella maggiore università d'Italia (e d'Europa, stando al numero degli iscritti): quella Sapienza di Roma che porta ancora il nome dei papi che l'hanno fondata. Il professore di cui parlo è Gaetano Marramao, che ha dedicato la vita a studiare il marxismo ed è tra gli orfani e vedovi inconsolabili di quella ideologia fallita. Dopo l'attacco dell'11 settembre 2001 ai grattacieli di New York, il Manifesto - forse il solo quotidiano in Occidente che ostenti ancora la scritta "Quotidiano comunista" - lo intervistò. Naturalmente, il solito mantra litanico: colpa del colonialismo, colpa della povertà, colpa del capitalismo. Insomma, colpa nostra, di noi europei e dei consueti nordamericani. A conferma delle sue tesi improponibili, a cominciare dal fatto che la religione (il vero movente di quella violenza) era del tutto ignorato, Marramao è uscito con una frase che così suona testualmente: "Non dimentichiamo che la ferocia musulmana è iniziata con le crociate".
Non si sa se ridere beffardi o se, invece, piangere, constatando quale sia il livello di informazioni di un docente universitario circondato da grande fama culturale, non solo nella sinistra restata comunista. C'è da provare disagio nel ricordare al professore alcune date, a cominciare da quella della prima Crociata, che è del 1096. Prima di questa, ecco in successione solo pochi tra gli episodi storici citabili: invasione dell'Egitto (seguita subito dopo dall'invasione di quasi intera l'Africa del Nord, dove i cristiani avevano ben 600 diocesi, tutte scomparse). L'Egitto, dunque: anno 642. Invasione della Spagna: anno 711. Anno 827, aggressione alla Sicilia e sua conquista sanguinosa, tra battaglie e stragi [leggi QUANDO IN SICILIA COMANDAVANO I MUSULMANI, clicca qui, N.d.BB]. Anno 846, una spedizione musulmana risale lungo il Tevere, attacca, saccheggia e in parte distrugge il cuore della Chiesa Cattolica, la basilica di San Pietro. Anno 883: le bande islamiche raggiungono il monastero di Montecassino, lo devastano, lo spogliano di ogni ricchezza e se ne vanno dopo averlo incendiato. Sono, lo dicevo, solo alcuni episodi, non dimenticando che, ben prima delle Crociate, i pirati islamici hanno reso quasi impossibile per i cristiani la navigazione nel Mediterraneo: ogni nave assaltata significava non solo il bottino in cose ma anche in persone, i porti maomettani rigurgitavano i cristiani ridotti in schiavitù e venduti al migliore offerente.
Insomma: ridere o piangere?

 
Titolo originale: Un po' di Islam
Fonte: Il Timone, maggio 2016 (n.153)