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«È ora di legalizzare il mercato delle droghe in Italia e di farlo in maniera ragionata per evitare che continuino a circolare sostanze che uccidono. Non è più possibile girare la faccia dall'altra parte. È ora di capire che abbiamo troppo da perdere», ha scritto Roberto Saviano sull'Espresso. È il suo - ennesimo - articolo a favore della legalizzazione delle droghe. Niente. È più forte di lui: deve continuare a ripetere la stessa solfa fino alla noia.
L'autore di Gomorra dovrebbe però atterrare sul pianeta Terra, togliersi il salame dagli occhi e cominciare a fare un po' più i conti con la realtà e un po' meno coi suoi bolsi refrain ideologici. Perché lo dice Tempi? No, perché lo dicono molti di quei magistrati e scienziati che lui dice di stimare.
Di esempi ce ne sono a bizzeffe. Non staremo qui a ripetervi quel che diceva Paolo Borsellino nel 1989 (qui trovate ilvideo) quando definiva coloro che propongono di liberalizzare le droghe per combattere le mafie dei «dilettanti di criminologia». Né ripeteremo le parole di Silvio Garattini, direttore dell'Istituto farmacologico "Mario Negri", che recentemente ha messo fortemente in dubbio le presunte "qualità terapeutiche" della cannabis.
Di marijuana si torna a parlare in questi giorni perché il 25 luglio arriva alla Camera la proposta di legge sulla legalizzazione e qualche giorno fa il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ha appoggiato l'idea. Di più: ha proposto che diventino monopolio di Stato e siano vendute nelle tabaccherie.
Bene. Ora però dovete leggere l'intervista definitiva sulla questione che spazza via le ridicole tesi di Saviano e che appare oggi sulla Stampa. A parlare non è uno qualunque ma Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro che vive sotto scorta per le sue inchieste contro la 'ndrangheta. Insomma, uno che la mafia la conosce bene. E Gratteri, tra le altre cose, afferma due cose molto interessanti.
Primo: «Penso che uno Stato democratico non si possa permettere il lusso di liberalizzare ciò che provoca danni alla salute dei cittadini. Uno stato democratico si deve occupare della salute e della libertà dei suoi cittadini, noi sappiamo invece che qualsiasi forma di dipendenza genera malattie, in particolare psichiche, ma genera anche ricatto. Non possiamo liberalizzare ciò che fa male».
Secondo: «Il guadagno che si sottrarrebbe alle mafie è quasi ridicolo rispetto a quanto la criminalità trae dal traffico di cocaina e eroina. Un grammo di eroina costa 50 euro, un grammo di marijuana costa 4 euro. Non c'è paragone dal punto di vista economico». Volete un esempio, dei numeri? Eccoli: «Ogni 100 tossici dipendenti solo il 5% usa droga leggere. Di questa percentuale solo il 25% viene utilizzato da maggiorenni, l'altro 75% sono minorenni. Se noi pensiamo di liberalizzare e vendere droghe leggere e allora dovremmo ipotizzare di vendere hashish e marijuana anche ai minorenni. Di sicuro non risolveremmo il problema di contrasto alle mafie. Le mafie per coltivare canapa non pagano luce, acqua e soprattutto personale, se si legalizza invece bisogna assumere operai, pagare acqua, luce, il confezionamento, il trasporto. Si è fatto un esperimento a Modena creando delle serre, si è capito che in questo modo un grammo costerebbe 12 euro, tre volte in più di quanto costa al mercato nero. È evidente che il "consumatore" andrà comunque dove paga meno».
LEGALIZZARE LA CANNABIS È UN ERRORE, AD ESEMPIO IN COLORADO...
«Legalizzare la cannabis è un errore, provoca danni sociali per miliardi». Parola di Antonio Maria Costa, classe 1941, per anni direttore a Vienna dell'Ufficio Onu per la lotta a droga e criminalità organizzata.
In un intervento pubblicato ieri dalla Stampa, Costa spiega innanzitutto come la «cannabis danneggia la mente», frenando il funzionamento dei recettori sensoriali. Se il rischio di danno psichico è pari al 10% in media, nei giovani che consumano in modo «saltuario» la marijuana «sale al 20%», mentre per i giovani che ne fanno uso abituale si va dal 20% al 50%.
Purtroppo il consumo è sempre più frequente a causa della diminuita percezione dei rischi nei giovani, dovuta anche ai «mezzi di info-trattenimento (media, musica e cinema) glorificano la droga, fino a deriderne il rischio». Il risultati è che solo il 40% di giovani europei e americani (dieci anni fa erano l'80%) pensa che la marijuana sia dannosa. Non a caso, «in Italia e Spagna, dove l'apprezzamento del rischio tra i giovani è basso (36%), il consumo è più alto (28%). A livello europeo, 3 milioni di persone fanno uso quotidiano di cannabis, e 10% di loro (circa 300 mila) necessitano di cure ospedaliere».
Negli Stati Uniti la marijuana, senza i tanti giri di parole che si leggono sui nostri quotidiani, è stata legalizzata per soldi e «la lobby pro-droga fa milioni vendendo l'erba e ingegnosi derivati». I consumi però sono aumentati e non solo. Conclude Costa: «In Colorado l'uso tra i giovani è salito dal 27% al 31% (contro il 6-8% della media nazionale), la richiesta di assistenza al Pronto soccorso è aumentata del 31%, i ricoveri in ospedale del 38%. In crescita anche i morti su strada. Malgrado le buone intenzioni del legislatore, il mercato illecito prospera (40% del consumo), mentre gli introiti fiscali languiscono all'1% (110 milioni di dollari, su un bilancio di 11 miliardi)».
Se si aggiunge, come ben spiegato da Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro che vive sotto scorta per le sue inchieste contro la 'ndrangheta, che la legalizzazione non danneggia affatto le mafie («Il guadagno che si sottrarrebbe alle mafie è quasi ridicolo», con buona pace di Saviano), si capisce bene che la proposta di Benedetto Della Vedova è del tutto strumentale.
Nota di BastaBugie: In questo video eloquente pubblicato da Avvenire, gli ospiti delle comunità di recupero di San Patrignano, Ceis Viterbo ed Exodus, che hanno vissuto in prima persona il dramma della dipendenza, spiegano perché si oppongono al disegno di legge sulla legalizzazione della marijuana.
https://www.youtube.com/watch?v=qcwkCFXdQv4
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