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Mentre si scava ancora tra le macerie e la terra non smette di tremare, nelle zone comprese tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpite dal terremoto del 24 agosto si parla già - e giustamente - di ricostruzione. E, come sempre, si confrontano le diverse scuole di pensiero: ricostruire nello stesso posto, rispettando la struttura originaria del paese, o in luogo più sicuro, magari poco distante ma decisamente una realtà nuova? Privilegiare l'identità del luogo, con i tempi che questo comporta, o la rapidità nella riconsegna di case sicure? Iniziare dal centro storico o dalle periferie? Amatrice, il comune più colpito con 229 morti accertati sui 290 totali, ha già fatto la sua scelta: il sindaco Giuseppe Pirozzi ha annunciato che le nuove abitazioni saranno costruite accanto a quelle distrutte, verrà ricreato l'originale centro storico e il lavoro comincerà dalle frazioni (ce ne sono ben 68). Altri comuni forse faranno altre scelte, ma pensando alla ricostruzione c'è un fattore che viene da tutti ignorato o sottovalutato e che pure è la vera ipoteca sul futuro di questi paesi: ovvero la crisi demografica.
Perché ciò su cui non si riflette abbastanza è il fatto che per far rivivere un paese - grande o piccolo che sia - non basta ricostruire le case, ci vogliono abitanti che abbiano sufficienti motivi per viverci, per costruirci il loro futuro, per progettare uno sviluppo dell'area. C'è bisogno di una progettualità e di uno slancio che necessita di una popolazione giovane, capace di immaginare e dare corpo a un futuro.
Già, ma i giovani purtroppo non ci sono. È qui, in queste zone e in occasione di un evento tragico come il terremoto, che vengono i nodi al pettine di una realtà italiana da decenni votata al suicidio demografico. E se a livello nazionale la situazione è drammatica, in queste zone colpite dal terremoto il dramma è all'ennesima potenza.
Se prendiamo come riferimento i maggiori comuni colpiti dal terremoto (Amatrice, Accumoli, Montereale, Arquata del Tronto) possiamo avere un quadro realistico della situazione. Partiamo dall'Indice di invecchiamento, ovvero il rapporto tra ultra-65enni e under 14: in Italia è di 151,4 (cioè ci sono 3 anziani per ogni due ragazzi) contro una media nell'Unione Europea di 116,5. Peggio di noi nella UE c'è solo la Germania con 158,4. Ebbene in questi quattro paesini l'Indice di invecchiamento varia dai 271,03 di Montereale ai 380,56 di Arquata del Tronto. E non è che parliamo di grandi paesi: il più popoloso - prima del sisma - era Amatrice con 2.660 abitanti, seguito da Montereale (2.633), Arquata (1.224), Accumoli (676).
In tutti e quattro i comuni la popolazione con meno di 18 anni varia tra il 10 e il 12% (il 18,8% è il dato nazionale) e tende a diminuire, vale a dire che i giovani rappresentano davvero una parte marginale, mentre gli ultra75enni sono in tutti i comuni la fascia di età più numerosa: erano il 17,58% a Montereale, il 18,53 ad Amatrice, il 19,38 ad Accumoli e addirittura il 20,92 ad Arquata del Tronto. In Italia è l'11,3%. Aggiungiamo che, ampliando l'orizzonte notiamo che, sempre in questi quattro comuni, gli ultra 55enni sfiorano la metà della popolazione totale. E possiamo facilmente intuire che con tutto ciò che il dopo-terremoto comporta - dai tempi tecnici necessari per la ricostruzione al riavvio delle attività - tale rapporto possa solo peggiorare perché almeno parte dei giovani sarà spinta dalle circostanze a cercare opportunità altrove.
I dati perciò sono impietosi: il terremoto - anche se è doloroso dirlo - ha distrutto paesi già agonizzanti. E a maggior ragione non basterà ricostruire le case per riportarli in vita. O meglio: le abitazioni sono necessarie e nei tempi più brevi possibili, ma ricostruire significa anche pensare a una serie di misure che favoriscano sia la permanenza dei giovani sia la natalità. Altrimenti le case ricostruite con grandi investimenti pubblici saranno destinate ad essere abbandonate nel giro di pochi anni.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Il karma all'Amatriciana: lo stupidario del sisma" parla delle fesserie che sono state dette, scritte o inventate sul recente terremoto. L'emozione del sisma risveglia l'istitnto presenzialista di chi deve per forza dire qualcosa per attirare l'attenzione. Quasi sempre a sproposito.
Ecco dunque l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 agosto 2016:
La palma va certamente al duo Vespa-Delrio, uno conduttore del più popolare talk televisivo, l'altro ministro in carica. La ricostruzione post sisma? "Un volano per l'economia con i posti di lavoro creati dalle imprese edili". E l'altro a fare da eco: "Certo, crea Pil". Chissà mai che Pil, verrebbe da chiedere a Delrio, dato che quel poco di Pil creato con la ricostruzione non è nulla in confronto al Pil perso con il terremoto. Eppure Delrio dovrebbe saperlo dato che nella sua Emilia ci sono imprese che dopo il terremoto non si sono più riprese. O forse vogliamo fondare la ripresa del Paese sul giochino contabile delle uscite del sisma che non sono conteggiate? Contenti voi.
Va così. Con la gara a chi la spara più grossa: per dovere istituzionale, per narcisismo, per isterismo da social. Ma anche per smania di protagonismo, perché il terremoto ci scuote nel profondo e come in tutti gli eventi collettivi ognuno di noi deve sentirsi in dovere di dire la sua, di far sapere al mondo che sì, ci sta pensando a quei senzatetto che hanno perso tutto, anche la vita. Per questo si mette in moto la macchina della reazione, dell'emozionalismo. Per un sentimento di compassione vero, ma anche per una vanità tutta improntata all'esserci. Viviamo ormai con un'emoticon trapiantata nelle sinapsi, che si attiva a comando per ogni sollecitazione la rete ci invii. Ci indigniamo, ci commuoviamo, ci interroghiamo ad ogni stimolo senza sosta.
Colpa anche dei giornali che per cercare di giustificare le dirette no stop devono fare la pesca a strascico di tutto quello che passa il convento: così, accanto alle notizie di primo livello sulla cronaca, il pianto, i soccorsi e gli approfondimenti, ci tocca sorbirci anche la rumenta di serie B, che viene tirata su dalla rete da pesca perché comunque c'è bisogno di tenere viva la fontana dell'attenzione. Il risultato è che accanto al meglio dell'Italia, che si rimbocca le maniche e inizia a scavare o a donare soldi o viveri, c'è un Italia dietrologa e sospettosa, polemica e arruffapopolo, cinica e tremendamente kitch che ottiene così l'onore della cronaca per saturazione ed eccessiva democraticizzazione del consenso. Un po' di sana censura a volte non guasterebbe.
Nello stupidario di questi giorni c'è l'inviata che chiede al direttore del tg di La7 Mentana di mandare in onda la foto di un'intera famiglia uccisa dalle macerie. E il navigato direttore che si limita a stopparla con un lapidario: "Anche no".
E poi c'è il ministro Alfano che ieri si è recato ad Amatrice a controllare il lavoro di una macchina dei soccorsi che stava funzionando già molto bene senza la necessità che lui si alzasse dalla scrivania del Viminale. Ma Alfano, che soffre come tutti i politici della sindrome da "dichiarite" doveva far sapere ai giornali che la sua visita era un qualche cosa di eclatante. "Cosa posso dire di insolito?", si sarà chiesto. Così ha attirato l'attenzione dei cronisti con la parolina magica: "Quello dei soccorritori è un miracolo laico". In pochi minuti i giornali ci hanno aperto l'home page. Miracolo laico? Chissà che cosa voleva dire, il poveretto? Forse gli stava scappando la parola miracolo, ma avrà pensato che nel codice di regolamentazione del politically correct la parola è di quelle da bollino rosso, che evoca fede, affidamento, trascendenza. Non sia mai - avrà pensato - che qualcuno accusi al ministro di avere ancora qualche retaggio cattolico appiccicato addosso. [...]
E c'è chi sta diventando matto per cercare di destinare i 128 milioni che sono il jackpot del Superenalotto per devolverlo alla ricostruzione. Dimenticando che quei soldi non sono dello Stato, ma del futuro, del tutto ipotetico prossimo vincitore, il quale semmai potrà decidere in autonomia come devolvere la vincita senza bisogno di questo esproprio proletario.
Nel gotha del presenzialismo si nota il fidanzato dell'ex presidente della Provincia de L'Aquila Stefania Pezzopane oggi senatrice del Pd. Una tra l'altro che di terremoti e di dolore dovrebbe intendersene. Lui, che di vocazione fa il toyboy, si è fatto un selfie davanti alle macerie di Amatrice per farci sapere che era finito nella squadra degli angeli delle macerie. Il personaggio è un attore in cerca di trampolino di lancio da un bel po' e ha pensato di condividere con tutti noi il fatto di esistere. Bene, ora che lo sappiamo stiamo tutti meglio. Che poi, nessuno ricorda neanche il suo nome, basta digitare su Google "fidanzato della Pezzopane" e compaiono migliaia di foto e selfie. Se uno di mestiere fa il fidanzato prezzemolino di una senatrice e vive di selfie qualche domanda dovrebbe pur porsela...
C'è anche chi nel momento del dolore non dimentica la vera fede. Sono gli Ultras della Reggiana, che alla presentazione della squadra hanno fischiato il sindaco di Reggio Luca Vecchi mentre chiedeva un minuto di silenzio per le vittime del sisma ancora calde. Il motivo? Sono arrabbiati da qualche anno col presidente del Sassuolo Squinzi per aver comprato lo stadio di Reggio, che era fallito. Oggi il Sassuolo al Mapei stadium porta in provincia la Serie A e l'Europa League, ma a loro questa cosa dei cugini non è mai andata giù. Cosa c'entra col terremoto? Nulla, ma vuoi mettere come si attira l'attenzione dei giornali se la combiniamo così grossa?
Da Premio Pulitzer l'inviato del Tg3 che viene sgridato da un vigile del fuoco che sta scavando in silenzio per sentire il più profondo fremito di vita sotto le macerie e in quanto a tempismo e opportunità non male una sezione Pd emiliana che ha aperto un conto corrente per le vittime del sisma, ma lo ha fatto su un conto Monte Paschi Siena. Poi non lamentatevi se sorgono i soliti sospetti.
Della serie "indignato in servizio permanente" viene da chiedersi: che giova la polemica sui profughi in hotel e i terremotati in tenda? Certo, fa indignare, ma serve? E che dire della super bufala sulla magnitudo del sisma? Era accaduto anche per il terremoto in Emilia ed è stata ripresa come il migliore dei cavalli di ritorno. "Sotto i 7 di magnitudine lo Stato non risarcisce". Così i sismologi, diabolicamente avrebbero abbassato l'intensità per far risparmiare il governo. Ovviamente i social si sono buttati a pesce. Ma la notizia è falsa e non solo perché non esiste una legge che stabilisca questi parametri, ma perché, la storia insegna, di soldi, lo Stato non ne dà comunque neanche se ci fosse un 10° grado della scala Richter.
Nella follia collettiva di istinti bassi non si risparmia neppure una delle poche iniziative sensate per la quale avere almeno un po' di sacro rispetto. La giornalista Costanza Miriano ha promosso una catena di preghiera per ognuna delle 278 vittime che hanno trovato la morte. Saranno morte in grazia? Domanda più che lecita per un cattolico, cosi si è organizzata per "adottare" un'anima a testa da affidare alla misericordia celeste. Fede, rispetto del timor di Dio, comunione dei santi, ma alla feroce platea è sembrato davvero troppo. Così sono partiti improperi e contumelie che neanche dopo un rigore di Rizzoli dato alla Juve. [leggi CHI HA PAURA DELLE PREGHIERE PER I MORTI DEL SISMA?, clicca qui, N.d.BB]
Si va avanti così, con le panzane sfornate in rete come neanche le pizze dal forno a legna e uscite al limite del ridicolo. Tanto per dire di esserci. L'ultima è quella del Comune di Napoli che, per bocca del sindaco Luigi De Magistris ha dichiarato che si costituirà parte civile a seguito dell'arresto dello sciacallo che l'altra notte è stato beccato dai carabinieri nei pressi di una casa diroccata. Il mariuolo è un pregiudicato napoletano. E "Giggino" ci ha visto subito il rischio del "dagli al terùn". Così ha messo le mani avanti. Che poi non si è capito se lo ha fatto per salvaguardare il buon nome dei napoletani o quello dei pregiudicati. Quelli seri.
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