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Il tema del Vangelo di oggi è la gratitudine. Gesù si stava recando a Gerusalemme quando gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali supplicavano: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi» (Lc 17,13). La legge ebraica prescriveva che i lebbrosi dovevano vivere appartati, ai margini della società, per evitare il rischio del contagio. La loro era una situazione drammatica; il loro allontanarsi dalla società era quasi sempre un viaggio senza ritorno. Una eventuale guarigione doveva essere costatata da un sacerdote che riammetteva quella persona nella società in seguito all'offerta di un sacrificio.
Tra quei dieci lebbrosi vi era anche un samaritano. I samaritani non erano ben visti dai giudei. L'evangelista Luca, in altri passi del suo Vangelo, ci fa comprendere come essi erano guardati con disprezzo a causa della loro ibrida origine etnica e religiosa. Gesù andò contro quella mentalità additando come modello di carità fraterna il buon Samaritano (cf Lc 10,33-37).
La stessa sciagura aveva accomunato un lebbroso samaritano a nove lebbrosi giudei. Certamente essi avevano sentito parlare di Gesù, dei suoi miracoli, della sua compassione verso i miseri. Animati da quella speranza, si fecero coraggio e si avvicinarono al Maestro per chiedere la grazia. Non la chiesero esplicitamente, ma si limitarono a invocare pietà; fu Gesù stesso che andò incontro al loro più profondo e straziante desiderio, invitandoli a recarsi dai sacerdoti: «Andate a presentarvi ai sacerdoti» (Lc 17,14). Solo i sacerdoti potevano, una volta accertata la guarigione, riammetterli nella vita sociale e religiosa di Israele.
Da notare che la grazia non era stata ancora fatta e Gesù li mandò dai sacerdoti. In un'altra circostanza, il Signore mandò un lebbroso dal sacerdote dopo averlo miracolato (cf Lc 5,14). Per quale motivo, nell'episodio del Vangelo di oggi, Gesù mandò quei dieci lebbrosi dai sacerdoti prima ancora di averli guariti? È chiaro che Gesù volle mettere alla prova la fede di quegli infelici. La guarigione, infatti, avvenne mentre i dieci erano in cammino.
Avvenuto il miracolo, soltanto uno tornò indietro per ringraziare. Quell'uomo era proprio il samaritano. Gli altri nove proseguirono per raggiungere i sacerdoti e ritrovare quindi la sospirata libertà; soltanto il povero samaritano sentì la necessità di fermarsi e di tornare indietro. Egli si gettò ai piedi di Gesù e lo ringraziò di cuore (cf Lc 17,16).
L'episodio culmina con l'affermazione risentita di Gesù: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?» (Lc 17,17-18). E poi disse al samaritano: «Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato» (Lc 17,19).
Nella Bibbia la lebbra è il simbolo del peccato. Di questa lebbra siamo stati infetti tante volte, e Gesù ci ha guariti con il suo perdono. Anche se siamo molto pentiti, però, Gesù ci manda dai sacerdoti per ricevere l'assoluzione sacramentale. La Chiesa ci ricorda con forza che, anche se grande è il nostro pentimento, in caso di peccato mortale, prima di ricevere la Comunione, dobbiamo confessare i nostri peccati dal sacerdote e riceverne l'assoluzione. Ricordiamocelo sempre.
Siamo stati beneficati tante e tante volte da Gesù. Pensiamo a quante volte abbiamo ricevuto il perdono di Dio attraverso il sacramento della Confessione e abbiamo ricevuto la Comunione. Domandiamoci: abbiamo sempre ringraziato, oppure ci siamo comportati come gli altri nove lebbrosi?
Vogliamo dunque prendere un proposito pratico quest'oggi, quello di fare bene il ringraziamento dopo la Comunione. Non dobbiamo e non possiamo andarcene via come se niente fosse. Dentro di noi abbiamo Gesù. Fermiamoci, per quanto è possibile, a parlare familiarmente con Lui. Durante il quarto d'ora che segue la Comunione, Gesù è realmente presente dentro di noi, nel nostro cuore, finché perdurano le sembianze del Pane eucaristico. Non sprechiamo malamente quei minuti che sono i più importanti della nostra giornata. Adoriamo e ringraziamo, come ha fatto il povero lebbroso. Inoltre, abituiamoci a ringraziare Gesù ogni volta che riceviamo il suo perdono nel sacramento della Confessione. Non è una cosa da poco essere perdonati da Dio.
Ricordiamocelo sempre: quanto più ringrazieremo, tanto più riceveremo. La mancanza di gratitudine, al contrario, allontana da noi i benefici di Dio.
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