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"Repeal and replace Obamacare", abolire e rimpiazzare la riforma sanitaria. È questo il motto che, negli ultimi sei anni, hanno ripetuto i repubblicani d'America e che li ha spinti a tentare di abrogarla almeno una sessantina di volte con leggi arenatesi, come prevedibile, sul veto del presidente.
Ora l'elezione di Donald Trump e la riconferma di un Congresso tutto rosso (il colore del Grand Old Party) permetteranno di dire addio all'Affordable Care Act, nome che suscita un po' di imbarazzo. Già perché definire la sanità di Obama come "accessibile, qualcosa che ci si può permettere" è, a distanza di sei anni e mezzo dalla sua approvazione, piuttosto bizzarro. Secondo l'ammissione della stessa amministrazione Obama, infatti, nel 2017 l'Aca comporterà un aumento medio delle tariffe del 25% in tutti gli Stati Uniti e del 60% in alcuni Stati. In Arizona, uno degli stati più poveri della federazione, l'aumento toccherà addirittura quota +116% mentre in Tennesse, Minnesota e Alabama si toccherà un +69%. Percentuali che il democraticissimo Washington Post, a due settimane dalle elezioni, ha tentato di difendere sostenendo che dal 2011 al 2015 i premi assicurativi siano cresciuti di media solo del 3,4% l'anno contro il 7% del primo mandato Bush (2001-2005). Peccato che l'aumento del solo 2017 sarà di poco inferiore a quello dei quattro anni di George W. e che l'incremento ricadrà, in gran parte, sulle spalle della classe media già in crisi.
ABOLIRE E SOSTITUIRE OBAMACARE
Sempre Fee.org riporta l'esempio di Emily Ozda, una libraria part-time di Oakland (California), ha dovuto accettare un secondo lavoro per coprire l'aumento delle spese assicurative, con il terrore però di superare la soglia dei 47.520 dollari l'anno superata la quale, anche solo di un dollaro, si perde ogni tipo di sussidio per pagare l'assicurazione. Già perché l'Aca fornisce sussidi a chi guadagna fino al 400% del livello federale di povertà (dagli 11.880 dollari per una persona che vive da sola ai 40.890 per una famiglia di otto persone), in modo che il premio assicurativo non superi il 9,5% del reddito familiare, facendoli però saltare completamente sopra tale soglia. Non solo, oltre una certa soglia si perdono anche le deduzioni fiscali: come scriveva già nel 2010 un noto avvocato e studioso del sistema fiscale americano, Ted Frank, un 62enne senza assicurazione sanitaria con un reddito di 46mila dollari l'anno perderebbe, guadagnando solo 22 dollari in più, tutti i 7.836 dollari di deduzioni fiscali previsti.
Per tirare le somme Obama e i democratici, con la riforma sanitaria, non hanno fatto altro che portare avanti una politica a favore dei "poveri" contro i "ricchi" dimenticandosi di tutto quel mondo di mezzo, le famiglie che vogliono vivere del proprio lavoro e che sono corse in massa a votare Trump, che dalla sua ha già promesso di "abolire e sostituire Obamacare". Come? "Seguendo i principi del libero mercato e lavorando insieme per creare una politica che crei una sanità più accessibile e di miglior qualità per tutti gli americani", come recita il proprio sito elettorale. Il che significa, in concreto, eliminare la norma assurda che vieta alle assicurazioni di vendere le proprie polizze al di là dei confini di ogni singolo Stato (che ha comportato l'aumento delle tariffe bloccando la concorrenza) e consentire anche ai singoli che si assicurano le grosse deduzioni fiscali oggi previste solo per le aziende che offrono le polizze ai propri dipendenti. Incontrandosi con Barack Obama, Trump ha assicurato che conserverà alcune parti dell'Obamacare, non ha annunciato quali. Ma in ogni caso, ha dichiarato sempre in quella circostanza, farà di tutto per impedire l'innalzamento delle tariffe.
CAMBIA ANCHE L'APPROCCIO VERSO L'ABORTO
Ma con Trump potrebbe cambiare anche l'approccio verso l'aborto che, oggi, può rientrare a far parte dell'assicurazione sanitaria. Ad oggi la copertura dell'interruzione di gravidanza nelle assicurazioni sanitarie è regolata dall'Abortion Insurance Full Disclosure Act, presentato dal deputato Chris Smith e dal senatore Pat Roberts, entrambi repubblicani, che garantisce che nessun dollaro dei contribuenti vada a finanziare l'aborto. Grazie a questa legge, anche nei 26 stati che permettono di inserire la soppressione del feto nelle assicurazioni sanitarie, le compagnie assicurative hanno l'obbligo di creare due polizze: una che include l'aborto, per cui non si possono ricevere sussidi, e una che non lo include. Con Trump è probabile che questa possibilità venga eliminata, rimanendo semmai possibile solo dietro il pagamento dell'intera prestazione sanitaria. Non solo: c'è la possibilità che il Congresso passi una legge restrittiva sull'aborto e che lo renda legale solo in caso di violenza sessuale, incesto e rischio per la salute della donna.
Del resto il neo eletto presidente si è scrollato da tempo il proprio passato pro choice: in un dibattito per le primarie repubblicane dello scorso febbraio ha dichiarato di essere contrario all'aborto, ad accezione dei tre casi sopra citati, e di voler togliere i fondi al programma Planned Parenthood. Tanto più che la contrarietà all'aborto non è, come qualcuno tenta regolarmente di farla passare, solo una fissazione dei repubblicani oltranzisti che vivono nelle campagne sperdute e hanno più di 70 anni. Secondo i sondaggi Gallup oggi il 50% degli americani vorrebbe l'aborto "legale solo in certe circostanze" (quelle sopra citate), addirittura a due punti in più rispetto al 1993, mentre nello stesso periodo è cresciuta di addirittura sei punti (dal 13 al 19%) la percentuale di chi lo vorrebbe "illegale in ogni circostanza". E si è al contempo abbassata, dal 34 al 29%, la percentuale di chi lo vorrebbe al contrario "legale in ogni circostanza". Un dato che i grossi quotidiani, americani o italiani che siano, difficilmente riportano.
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