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L'IDEOLOGIA VEGETARIANA TENDE A DIVENTARE UNA RELIGIONE, CON I SUOI PRECETTI DA RISPETTARE
Ma il tentativo di fondare l'ideologia vegetariana sulla Bibbia è un inganno: Gesù ha mangiato carne e pesce anche da risorto
di Samuele Cerotti
 

Anche quest'anno in prossimità della Santa Pasqua abbiamo visto spuntare cartelloni che ci invitavano a non mangiare il tradizionale piatto pasquale, l'agnello. Gruppi animalisti e vegetariani militanti, da anni si dedicano a campagne contro il consumo di carne ovina a Pasqua, stampano cartelli pubblicitari con candidi agnellini, diffondono video strappalacrime sull'uccisione di belanti capretti. Ma non solo: nell'ambito dell'animalismo "cristiano" si pubblicano pieghevoli e libercoli dove si sostengono le più strampalate tesi pseudo teologiche contro l'uccisione degli animali da carne.
Fatta salva la libertà di ciascuno di scegliere come alimentarsi e quindi anche il diritto dei vegetariani di non mangiare carne, non si può tacere il portato ideologico di queste iniziative e ancor meno si può tacere l'uso strumentale che viene fatto della Sacra Scrittura, dei Padri e del Magistero in molto di questo materiale propagandistico (a coloritura cristiana) contro il consumo alimentare degli agnelli, materiale spesso distribuito sin dentro le chiese.

GLI AGNELLI PASQUALI
A chi è capitato di avere tra le mani uno di questi pieghevoli od opuscoletti, non sarà sfuggito l'abbondante florilegio di passi scritturistici dell'Antico e del Nuovo Testamento, di alcuni Padri della Chiesa e di citazioni di interventi papali tutti completamente fraintesi e distorti dal loro significato. La predicazione dei Profeti in merito all'offerta a Dio di animali, il giudizio neotestamentario sul sacrificio templare o considerazioni teologiche sull'agnello e l'Agnello sono piegati alla polemica animalista contro l'uccisione di animali a scopo alimentare.
La Scrittura e la Tradizione parlano del culto a Dio ma sono citate faziosamente in merito alla liceità o meno di mangiare l'abbacchio con le patate. Basterebbe allora considerare questo uso rozzamente spregiudicato della Divina Rivelazione per squalificare simili campagne d'opinione tese a convincere i buoni cristiani che è peccato mortale mangiarsi l'agnello arrosto.
Non serve poi essere fini biblisti per sapere che è impresa disperata il voler fondare il vegetarianesimo e l'animalismo sulla Bibbia, anche se non mancano arditi tentativi in tale direzione. Tra tutti il meno strampalato è quello che vede nella dieta vegetariana un segno profetico al pari della verginità per il Regno. Il ragionamento parte dal dato scritturistico secondo cui i Progenitori, nello stato pre-lapsario, si nutrirono esclusivamente di frutta così che i battezzati, liberati da quel peccato che determinò la dieta onnivora, sarebbero chiamati ad abbandonare il consumo di carne per significare profeticamente la ritrovata armonia edenica.
Le obiezioni a simile paralogismo teologico sono molteplici e toccano, ad esempio, la questione del rapporto tra Eden e Regno, tra stato pre-lapsario, post-lapsario, umanità redenta in via e in patria, la questione del peccato originale originato e del battesimo, la questione dei consigli evangelici e della morale supererogatoria. In una battuta si può dire che se l'argomento del vegetarianesimo come profezia fosse valido, ugualmente profetico dovrebbe essere il nudismo dato che l'umanità iniziò a vestirsi solo dopo il primo peccato.

LA BIBBIA NON È VEGETARIANA
Ma la vera confutazione teologica rimanda alla epistemologia del discorso economico (nel senso di economia della salvezza), per cui non è mai lecito fare teologia scavalcando il dato positivo della Rivelazione, la volontà positiva di Cristo così come concretamente datasi nella sua esistenza storica. E nella Rivelazione, tanto vetero quanto neotestamentaria, non vi è alcuna prescrizione morale circa il divieto di macellazione o consumo alimentare di carne, neppure si trova una qualche preferenza morale per la dieta vegetariana.
Anzi, semmai il contrario, la Bibbia ha per protagonisti patriarchi, re, profeti, apostoli gioiosamente carnivori e Dio, a ben vedere, ha più volte parlato a favore dei macellai. Ma il dato più forte e che rende impraticabile qualunque tentativo di fondazione teologica d'un vegetarianesimo cristiano è la Persona stessa di Nostro Signore Gesù Cristo nella sua concreta storicità. Gesù si è alimentato di carne e di pesce, ovvero ha mangiato animali uccisi a scopo alimentare. Se il Figlio di Dio, il Verbo Incarnato, perfetto uomo e perfetto Dio, ha mangiato carne e pesce, ovvero se il Regno di Dio già presente non conobbe il vegetarianesimo, come potrebbe il cristiano profetizzare il Regno rifiutando di cibarsi di carne?
La verginità, assieme agli altri consigli evangelici, è profezia del Regno perché ci assimila a Cristo vergine (o povero, o obbediente sino al dono della vita, etc). Ma il vegetarianesimo a chi ci assimilerebbe? Non certo a Cristo che mangiò carne e pesce tutta la vita, persino da Risorto! Di anno in anno queste campagne d'opinione, queste teorie raccolgono sempre più consensi e spazio nei media, ex ministri vi prestano il volto, se ne parla nei telegiornali e sulla stampa. Ovviamente chi difende la vita indifesa di agnellini, conigli e vitelli non può che apparire buono e nobile... egoista e insensibile chi, per una bella mangiata, fa sgozzare una povera bestiola!

UNA IDEOLOGIA ANTI-UMANA
Eppure dietro a tanta "bontà" si cela una ideologia radicalmente anti umana. Nella condanna morale del consumo di carne c'è la negazione della differenza ontologica tra uomo e bestie, c'è l'equiparazione dell'uomo con le altre specie animali, c'è l'anti-specismo, ideologia dell'orizzonte trans-umanista.
Non c'è solo una fissazione come altre, una semplice moda culturale radical-chic, c'è una ideologia pericolosa e pervasiva che erode programmaticamente la comprensione ontologica dell'umano, che nega lo statuto personale esclusivo dell'animale uomo, che livella i viventi in una indistinta biosfera. Nulla di più anticristiano, nulla di più contrario all'antropologia biblica, anche se sempre più tale spirito si insinua anche tra i cattolici.
La nostra fede è fede in un Dio Creatore che tutto ha affidato alla signoria di Adamo, è fede in un Dio che ha fatto l'uomo (e solo l'uomo) a propria immagine e somiglianza, è fede in Dio che ha eletto a proprio popolo un popolo di pastori che di carne si sono sempre nutriti, è fede in un Dio che si è Incarnato e proprio quel Dio-Uomo ha mangiato carne e pesce senza problema morale alcuno, anzi ha mangiato (animali all'uopo uccisi) anche da Risorto. Nulla di meno animalista e di più anti-vegetariano d'un Dio Incarnato che mangia animali anche col Suo corpo glorioso!
Di ciò dobbiamo essere consapevoli, come credenti, e non farci ingannare dalle sirene dell'ideologia animalista. Dobbiamo aver ben chiara la dignità dell'uomo, la signoria affidataci sul Creato, la differenza qualitativa della natura umana da ogni altra realtà animale. Dobbiamo rivendicare con fermezza il diritto originario all'uso dei beni naturali, il diritto a cibarci di carne e pesce. Anzi sarebbe una vera pedagogia, anche spirituale, ritrovare il realismo sano e schietto del mondo rurale dove si impara ad amare il Creato con la stessa naturalità con cui si impara a tirare il collo alle galline.
Contadini, pastori, cacciatori sono i veri innamorati della natura, dei campi, dei prati e dei boschi. Il loro è l'amore cristiano per il Creato, un amore verace che non nega i diritti signorili della natura umana, che non idolatra le bestie, che conserva e vive il realismo di una gerarchia negli esseri

Nota di BastaBugie: Camillo Langone nell'articolo sottostante dal titolo "I vegani sono diventati una casta" parla dell'ideologia vegetariana che tende a diventare una religione, con la sua morale, i suoi sacerdoti e i suoi precetti da rispettare.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su Il Giornale il 21/08/2016:
Forse certe cose non si dovrebbero dire, ma che liberazione quando qualcuno le dice. «I vegani sono una setta, sono uguali ai testimoni di Geova.
«Io li ammazzerei tutti» ha sbottato Vissani nello studio di In onda, il programma di Parenzo e Labate (dove fra l'altro c'ero anche io, in collegamento, solo che al contrario dello sfrenato cuocone umbro cerco sempre di trattenermi e non ho pronunciato nulla di notiziabile). Chiaramente l'ultima affermazione, «li ammazzerei tutti», è un'iperbole, e non mi metterò qui a spiegare le figure retoriche: a chi si è scandalizzato consiglio la Treccani o anche Wikipedia oppure, ancor meglio, i manuali di Bice Mortara Garavelli.
Mentre nell'accostamento alle sette religiose non c'è nulla di retorico, è qualcosa di molto semplice e secondo me perfino ovvio. Mi vengono in mente almeno altri due personaggi che in passato hanno fatto affermazioni simili. Pellegrino Artusi, l'uomo che con La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene ha unificato gastronomicamente l'Italia appena unificata politicamente, insomma il Garibaldi della tavola, in una pagina del suo famoso ricettario scrive: «Non appartenendo io alla setta dei pitagorici...». Vegetariano è aggettivo novecentesco, nei secoli precedenti chi non mangiava carne veniva considerato un seguace di Pitagora, filosofo e matematico dell'antica Grecia che imponeva agli sfortunati discepoli una dieta rigidissima e capricciosa: proibiva anche i legumi, innanzitutto le fave, e poi il vino, i funghi, l'aglio... L'altro personaggio è George Orwell, lo scrittore che con 1984 ha prefigurato la violenza del politicamente corretto: «Ci sono persone, come i vegetariani o i comunisti, con cui è impossibile discutere». Perché i settari, dal punto di vista politico o alimentare cambia poco, sono impermeabili alla ragione, alla scienza, alla realtà, a tutto quello che potrebbe mettere in crisi le loro certezze.
C'è un libro ponderoso, Il mito vegetariano, edito da Sonzogno e scritto da Lierre Keith che proprio come Vissani considera il veganesimo «una sottocultura che rasenta il culto» e lo smonta, con argomenti e numeri, da ogni punto di vista. Dal punto di vista nutrizionale, dal punto di vista etico, dal punto di vista agricolo: «I cibi che i vegetariani sostengono che ci salveranno sono proprio quelli che distruggono il mondo. La coltivazione di monocolture annuali non sarà mai sostenibile». Le pagine sulla soia vi faranno passare la voglia di tofu per sempre. Lierre Keith è un'ex vegana, oltre che una divulgatrice scientifica, e nessuno meglio di lei può svelare il lato oscuro del fenomeno, ad esempio i pericoli dell'alimentazione vegana per i bambini e per le donne in età feconda. Ma in pochi, in pochissimi, leggeranno un saggio di 377 pagine mentre in tanti hanno ascoltato la dichiarazione di Vissani. Anche un po' sgrammaticata (non ha detto proprio «li ammazzerei», ha detto «li ammazzerebbe») però pazienza: c'è più bisogno di buon senso che di correttezza.

 
Titolo originale: L'inganno vegetariano
Fonte: Il Timone, giugno 2016 (n.154)