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L'esponente radicale Marco Cappato a fine febbraio accompagnò Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, presso la clinica svizzera Dignitas. Lì Dj Fabo prese tra i denti un pulsante che permise ad una sostanza di condurlo a morte rapida. Il 29 febbraio, giorno successivo al decesso del 39enne tetraplegico, Cappato si autodenunciò presso i carabinieri di Milano per aiuto al suicidio, certo che l'avrebbe fatta franca.
Ieri infatti puntale è arrivata l'archiviazione da parte dei pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini. L'archiviazione per diventare definitiva dovrà passare il vaglio del gip. Vediamo le motivazioni che hanno spinto i due pm a non incriminare Cappato per aiuto al suicidio ex art. 580 cp. I giudici innanzitutto si sono rifatti ad alcune pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, della nostra Corte Costituzionale e dei giudici che si sono pronunciati sui casi Eluana e Welby.
UNA VITA INDEGNA (?)
La Siciliano e la Arduini hanno concluso che "non pare peregrino affermare che la giurisprudenza anche di rango costituzionale e sovranazionale ha inteso affiancare al diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita inteso come sinonimo dell'umana dignità". Cosa sarebbe questo diritto alla dignità che permette il suicidio? "Le pratiche di suicidio assistito - scrivono i giudici - non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta intollerabile e/o indegna dal malato stesso". In buona sostanza un paziente terminale o che soffre o che è affetto da qualche patologia ritenuta dallo stesso "intollerabile" vivrebbe una vita indegna e il suo diritto alla dignità verrebbe leso. Per difendersi da simili danni alla propria dignità l'unica soluzione è morire. Ne consegue che, secondo i pm, Cappato, accompagnando Antoniani in auto sino in Svizzera, non ha fatto altro che aiutare un soggetto in condizioni di "non vita" ad esercitare un diritto.
Alcune critiche. Prima di tutto valutiamo il provvedimento per quello che dice, senza far riferimento al nostro ordinamento giuridico. Apprendiamo grazie al duo Siciliano e Arduini che da ieri è spuntato un nuovo diritto nel nostro ordinamento: il diritto alla dignità. Tale diritto semplicemente non esiste e non può, per mancanza di competenza, essere istituito dai magistrati. In secondo luogo i giudici affermano chiaramente che una vita mancante di alcune qualità o funzioni non val più la pena di essere vissuta. I pm a chiare lettere ci dicono che, contrariamente a quanto afferma la Costituzione, la persona non vale più per se stessa, che la sua dignità non dipende dalla salute, dall'aspettativa di vita, etc. bensì dalla valutazione che compie il paziente o il disabile sulla propria vita. La dignità non è più un fatto da riconoscersi, ma diventa un valore da attribuire. Diventa opinabile.
UNA CONTRADDIZIONE EVIDENTE
Non solo, ma i giudici affermano che, al di là dell'apprezzamento soggettivo compiuto dal malato, esistono dei parametri oggettivi per dire che alcune vite è meglio terminarle: la fase terminale e la sofferenza. Porte aperte quindi sia all'eutanasia volontaria sia a quella involontaria su persona non consenziente. Curioso poi il modo per tutelare l'inesistente diritto alla dignità: morire. Ma così anche il diritto alla dignità muore con il paziente stesso. Una contraddizione evidente. Senza poi contare che è il suicidio ad essere un atto contrario alla dignità della persona.
Mettiamo ora a confronto questo provvedimento con ciò che dice il nostro ordinamento giuridico. Molte sono le norme per affermare che la vita è un bene giuridico indisponibile, cioè che non esiste il diritto a togliersi la vita. Ma nel caso specifico del Dj Fabo non si può che richiamare l'art. 580 cp che punisce l'aiuto al suicidio: "Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni".
Dunque chi aiuta un'altra persona a darsi la morte va in galera perché la vita è bene indisponibile. E' semplice: Cappato deve finire in carcere. C'è scritto forse in questo articolo che se il suicidio è volto a tutelare l'immaginifico diritto alla dignità l'aiuto al suicidio non è più reato? No. C'è forse scritto che se il suicidio è chiesto da paziente terminale o che soffre molto o che ritiene la propria esistenza non più degna di essere vissuta l'aiuto al suicidio non è più reato? No. Quindi i giudici, ancora una volta, non hanno applicato la legge: Cappato deve finire dietro le sbarre perché ha compiuto un reato. Bensì si sono inventati un nuovo diritto che appare essere una scriminante al reato di aiuto al suicidio: Cappato può tornarsene a casa perché ha aiutato Antoniani ad esercitare il diritto alla dignità.
L'ECCEZIONE COLTA AL VOLO
E che dire delle sentenze dei giudici sul fine vita? Forse che lì i due pm hanno trovato validi appigli? Ad oggi la giurisprudenza, mal interpretando l'art. 32 della Costituzione, permette solamente al paziente di rifiutare trattamenti terapeutici anche salvavita, ma non permette che un soggetto terzo aiuti un altro a morire. Puoi anche morire, ma non chiedere ad un altro che ti dia una mano, ci dicono i giudici.
Ma esiste l'eccezione e i pm Siciliano e Arduini l'hanno colta al volo: le pronunce dei giudici sui casi Eluana e Welby. Perfette per il caso di specie. Addirittura nel caso di Eluana si fece morire una persona non consenziente e vogliamo ora andare tanto per il sottile sul caso del Dj Fabo il quale chiese lui stesso, al pari di Welby, di poter morire? Ed anzi, rispetto a Welby fu lo stesso Antoniani a darsi la morte. E poi, mentre il Parlamento sta per partorire una bella legge sull'eutanasia vuoi proprio ora mettere il militante radicale in galera? Sarebbe una scelta di cattivo gusto giuridico.
Cappato insieme a Mina Welby è anche indagato dalla procura di Massa per aiuto al suicidio del 53enne Davide Trentini morto il 13 aprile sempre nella medesima clinica Dignitas. Secondo voi come andrà a finire?
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Cappato-Dj Fabo: cosa succede ad abbandonare i princìpi non negoziabili" spiega che la richiesta di archiviazione per Cappato riguardo al suicidio assistito di Dj Fabo dimostra la miopia di chi, anche fra i cattolici, snobba la battaglia per il diritto alla vita e per i princìpi non negoziabili in genere. Non si tratta di difendere valori cattolici, ma le fondamenta di una società che vuole avere un futuro. E dimostra in modo inequivocabile che l'obiettivo della legge sulle Dat è l'eutanasia.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 maggio 2017:
Dopo la puntuale analisi di Tommaso Scandroglio pubblicata ieri, vale ancora la pena ritornare sulla richiesta di archiviazione avanzata dai pubblici ministeri nei confronti del leader radicale Marco Cappato, responsabile del suicidio assistito di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo. Il Giudice delle indagini preliminari (Gip) infatti, potrebbe ancora respingere questa richiesta: cosa non molto probabile ma certamente auspicabile.
Il fatto è che se si accetta l'introduzione nella giurisprudenza di principi quali il "diritto alla dignità" si compie un altro bel balzo verso la barbarie. Quello che infatti viene presentato sotto la veste positiva di un diritto individuale maggiormente rispettoso della dignità umana, nasconde in realtà la concezione per cui ci sono vite indegne di essere vissute, concetto che ci riporta direttamente al nazismo e ai suoi progenitori, ovvero le Società eugenetiche sviluppatesi nel mondo anglosassone e nord europeo a partire dall'inizio del '900.
La dignità citata dai pubblici ministeri (Pm) infatti fa esplicito riferimento alle condizioni di sofferenza dovute a malattie non necessariamente terminali: il malato o chi per lui, in prima istanza, è chiamato a decidere se quella vita sia degna o meno; in realtà sappiamo benissimo dall'esperienza di altri paesi che a decidere quando una vita sia degna è poi inevitabile che sia il potere.
È quello che succede quando si rinuncia a difendere i princìpi non negoziabili, in primis la vita. Chi afferma, anche tra i cattolici, che tutti i valori sono uguali e che non bisogna fissarsi sul diritto alla vita, se non ha ancora capito dopo la legge sull'aborto, quella sulla fecondazione assistita e l'ultima sulle unioni civili, dovrebbe almeno riflettere sulle motivazioni dei Pm che vogliono archiviare la posizione di Cappato. I princìpi non negoziabili non sono valori su cui una parte di cattolici sono ossessionati; sono invece il fondamento della società, di ogni società. Se si intaccano questi princìpi tutto l'edificio viene giù. Ed è quello che sta accadendo in Occidente.
Se il diritto alla vita non è assoluto, è giocoforza che a decidere della dignità della vita di ciascuno sia il potere, che abbia la forma dello Stato o meno. E infatti si allarga sempre più la fascia di popolazione che rientra tra le vite indegne: si è cominciato con i bambini appena concepiti, si è andati avanti con gli embrioni scartati nei procedimenti di fecondazione artificiale, ora si procede con l'eutanasia: prima con i malati terminali, poi si allargherà per comprendere tutta quella fascia improduttiva di popolazione che in una società sempre più vecchia e in crisi economica, diventa un fardello insostenibile.
A proposito di eutanasia, se si lasciano passare così le motivazioni dei Pm, avremmo una giustizia che è già andata molto più avanti della legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) attualmente in discussione in Parlamento. Si tratterebbe di un precedente cui potranno richiamarsi altri giudici per forzare, come da copione, la legge sulle Dat, qualsiasi sia il testo che verrà approvato.
Al riguardo si può notare che siamo di fronte alla solita battaglia dei radicali - quelli che qualche prelato incensa - che, quando è in discussione una legge che riguarda le loro campagne per i diritti (in)civili, alzano il tiro con qualche caso clamoroso. In questo caso ne ha fatto le spese Dj Fabo, ma il gioco di Cappato ha avuto ancora una volta successo. Potendo contare su magistrati fiancheggiatori, Cappato ottiene un pronunciamento giudiziario che con il suicidio assistito sdogana anche l'eutanasia.
La vicenda però dimostra anche qual è la vera ratio della legge sulle Dat: checché ne dicano i cattolici avveniristici, qualsiasi legge sulle Dat (anche fosse più restrittiva di quella attualmente in discussione) rappresenta una porta aperta sull'eutanasia. È solo questione di tempo. Cappato e i Pm di Milano hanno solo dato un'accelerazione.
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